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Servizio di Linea Blu su Molfetta: dalla crisi della pesca all'inquinamento bellico Sabato la trasmissione di Rai Uno ha mandato in onda un breve reportage sulla città di Molfetta. Dalla pesca alla crisi del settore e alle tradizioni culinarie, dalle bellezze monumentali (Duomo e foro) alla liberazione delle tartarughe, fino alla bonifica dei fondali dagli ordigni bellici
22 agosto 2011

MOLFETTA - Alla scoperta della città di Molfetta. Sabato scorso Linea Blu, la trasmissione di Rai Uno condotta da Donatella Bianchi, in collaborazione con il Wwf locale, ha dedicato a Molfetta uno scorcio sul grande schermo.
Prima tappa il mercato di Piazza Minuto Pesce, restaurato e riaperto al pubblico nel settembre 2010. Non solo usanze culinarie (mangiare pesce crudo e frutti di mare, l’arricciamento del polpo, la zuppa di pesce locale), alcuni operatori del settore hanno lamentato la crisi della pesca a Molfetta per l’aumento del prezzo del gasolio e per la diminuzione anno dopo anno del prodotto ittico (conseguente, l’aumento del prezzo della merce). Crisi già trattata nei mesi passati da Quindici, che aveva riportato come cause principali le disfunzioni organizzative del settore, i risicati finanziamenti europei, la difficile commercializzazione del prodotto, l’inquinamento bellico e la distruzione del “Parco nazionale della Posidonia Oceanica San Vito di Barletta”.
Ripresa anche una battuta di pesca: deludente il pescato a dimostrazione di come il mare Molfetta non sia più la famosa «conca d’oro» del passato, ma un vero e proprio deserto, in cui specie stanziali e migratorie sono pressoché scomparse (riduzione del 70% del pesce, di fronte a un guadagno di 200 euro a pescata, da cui togliere quasi 100 euro per il gasolio).
Le riprese dalla barca a vela «Furia», vincitrice della Brindisi-Corfù, messa a disposizione della Lega Navale di Molfetta, hanno poi puntato verso il centro storico e in particolare sul Duomo «forse tra i più belli in assoluto della Puglia con due torri», secondo la giornalista. Certamente l’immagine storica e monumentale più rappresentativa della città di Molfetta, presente in ogni foto e cartolina.
Ricordati alcuni monumenti storici (tra cui il Torrione Passari) e la “bellezza” della costa molfettese, in particolare il litorale verso Bisceglie e Cala San Giacomo. Aree che, però, reclamano maggiore decoro da parte dei cittadini e più interesse da parte delle istituzioni comunali e politiche. Basti pensare allo scarico della fogna, alla villetta di Cala san Giacomo distrutta dai vandali e abbandonata ai rifiuti e al degrado, all’Oasi WWf di Torre Calderina e alla stessa torre, anch’esse in attesa da anni di un profondo restyling. Infatti, l’Oasi è riconosciuta dal Piano Faunistico Venatorio Regionale, ma l’amministrazione Azzollini fino alla scorsa primavera aveva palesato in Consiglio comunale la volontà di eliminare il vincolo ambientale per un’area considerata antropizzata.
Successiva la liberazione in mare aperto di 4 tartarughe, di cui 3 adulte, alla presenza di alcuni bambini, con la collaborazione della Capitaneria di porto - Guardia Costiera di Molfetta. Presente anche Pasquale Salvemini, responsabile del Wwf di Molfetta, che ha ricordato come in 3 mesi siano arrivate al centro oltre 60 tartarughe, finite accidentalmente nelle reti dei pescatori. Costante attività di salvaguardia che il Wwf svolge in associazione con la Facoltà di Medicina Veterinaria di Bari e con la Sapienza di Roma.
Dopo un breve excursus sul canotaggio, sport d’acqua praticato con continuità a Molfetta negli ultimi anni, e sul faro del 1857, il più antico di Puglia, importante patrimonio immobiliare anche oggetto di viste guidate, l’inquinamento bellico ha chiuso il servizio su Molfetta. Attenzione focalizzata sull’area portuale, «soprattutto la chiglia dei pescherecci, perché gli operatori della pesca raccolgono accidentalmente questi ordigni a largo e se ne disfano appena arrivati in porto - ha spiegato il dott. Luigi Alcaro, ricercatore dell’Ispra - metodo ritenuto sicuro per lo smaltimento di questi ordigni».
Inquinamento bellico, ostacolo perenne alla costruzione del nuovo porto commerciale, i cui lavori procedono a singhiozzo, tra rallentamenti, sospensioni e multe da pagare alla società appaltatrice. Sul fondale sono stati stimati oltre 10mila ordigni bellici e sono da prospettare ancora tre aree, il molo-martello, la zona rossa e il canale di accesso: conclusione della bonifica successiva al 2015, secondo le considerazioni dell’ing. Enzo Balducci, dirigente del Settore Lavori Pubblici e Responsabile Unico del Procedimento dei lavori del porto, riportate nella relazione dello scorso marzo 2011.
Concreto pericolo per i bagnanti, che considerano ormai obsolete le conseguenze dell’inquinamento bellico. Ad esempio, da poco più di un mese è stato riaffisso il divieto di balneazione a Torre Gavetone, ma alcuni bagnanti continuano a frequentare la spiaggia e a farsi il bagno, incuranti delle sanzioni (da 1.032 a 3.098 euro) e, soprattutto, degli effetti da contatto a sostanze chimiche.
Infatti, sul fondale di Molfetta sono stati inabissati numerosi ordigni a caricamento speciale (con sostanze chimiche dannose, mortali e cancerogene per l’uomo) dopo la tragedia del 2 dicembre 1943 al porto di Bari, quando furono affondate dall’aviazione tedesca 17 navi angloamericane, tra cui la John Harvey carica di bombe a iprite (come il dott. Guglielmo Facchini ha spiegato a Quindici nella intervista pubblicata sul numero di luglio-agosto: «Inquinamento bellico da armi a caricamento speciale. Guglielmo Facchini: danni alla salute e al mare», p. 23). Senza dimenticare che nella guerra del Golfo e del Kosovo sono state gettate in mare dagli aerei (la convenzione Nato proibisce l’atterraggio di aerei con le bombe inesplose) bombe a grappolo, cluster e all’uranio impoverito nel mare Adriatico. Insomma, il mare come pattumiera bellica.

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Autore: Angelica Vecchio
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