MOLFETTA - Una precisa e dettagliata descrizione sulla crisi e sulla economia, sulla finanza, sui motivi che l’hanno causata, il libro «L'Economia della crisi. Profitti, finanze e povertà» di Gianpaolo Busso (nella accanto a Minervini) presentato a Palazzo Giovene da Giuseppe Filannino, coordinatore della Camera del Lavoro CGIL Molfetta, Tommaso Minervini (Sel) e Minguccio Bellifemmine, moderatore della serata. La presentazione si è svolta nell’ambito dell’iniziativa «RiAnimare il futuro», organizzata da Sinistra ecologia e libertà di Molfetta.
Come siamo passati dalla crisi economica a uno stato costante di economia della crisi? Da anni si parla della crisi economica, ovvero del rallentamento della capacità dell´economia capitalista di saper produrre nuova ricchezza reale, nonostante la forza d´urto rappresentata da paesi quali la Cina e l´India. Nel suo libro Busso cerca di far rivivere i momenti del neoliberismo che ha trionfato nei paesi occidentali, oggi assopito a causa dell´indebolimento del movimento sindacale.
Nel governo liberista della globalizzazione l´Europa gioca un ruolo fondamentale e sta diventando la parte di mondo dove la dittatura del capitale pone in discussione i diritti delle classi più deboli. I bilanci delle multinazionali e delle banche d´affari che monopolizzano i mercati finanziari scoppiano di utili, mentre aumenta ogni giorno il numero di coloro che vivono sulla linea e anche al di sotto della linea della povertà. Come risolvere questa crisi?
Busso non dà concrete soluzioni. Si parla di economia e di finanza a livello nazionale e internazionale partendo dall’origine della crisi economica. Come sappiamo, negli ultimi mesi, le banche centrali hanno dovuto immettere una forte mole di liquidità nelle casse per fronteggiare le grosse perdite nei cali di borsa e in questo modo è stata ufficializzata la crisi dei mutui americana, riflettutasi in tutto il panorama mondiale.
Quali le cause della crisi?
La “mano morta” del capitalismo di Adam Smith, secondo Busso. Colpisce indistintamente governi conservatori e progressisti, non risparmia le borse internazionali, da oltre due anni fa strage di banche, industrie, mercati finanziari e immobiliari. Così cresce la disoccupazione, si acuisce lo stato di miseria di milioni di persone, si spegne il futuro delle giovani generazioni, s’ingenera la violenza nelle piazze.
Di fronte alla più grave crisi finanziaria dal 1929, tra il 2008 e il 2009 i maggiori governi capitalistici, a partire dagli Stati Uniti, hanno fatto ricorso al più massiccio indebitamento statale pur di arrestare la frana dovuta al crollo dei mercati finanziari, gonfiati con enormi soufflé dalla speculazione internazionale (banche d’affari mondiali, fondi d’investimento potentissimi che detengono i pacchetti azionari delle industrie di mezzo mondo, agenzie di rating).
Le agenzie di rating (un intreccio di consulenti, economisti, banchieri, operatori finanziari che a loro volta speculano in borsa), sempre più sotto l’occhio del ciclone delle critiche degli esperti finanziari e degli economisti, non solo analizzano l’andamento dei conti delle grandi società quotate in Borsa e i bilanci meno sofisticati degli stati sovrani, ma hanno libero accesso ai conti e anche estrema discrezione di giudizio, in grado di far tremare i mercati e la stabilità delle nazioni.
Senza dimenticare i subprime, mutui immobiliari concessi senza troppe garanzie, ma con tassi d’interesse molto alti e pesanti per tutte quelle famiglie americane non in grado di sostenere un tale onere. Per questo motivo, le banche hanno cartolarizzato i mutui immobiliari in titoli negoziabili, portandoli ad una speculazione azzardata.
Come in tutte le speculazioni, la psicologia ha fatto il resto. Tutti gli investitori, di fronte alla discesa, hanno venduto gli immobili anche a prezzi ridicoli e così il prezzo delle abitazioni è continuato a scendere. Ma quello che ha fatto fallire diverse banche americane è il fatto che molti proprietari con mutuo hanno smesso di pagare le rate preferendo lasciare le case alle banche che si sono trovate proprietarie di case di poco valore, senza la restituzione dei soldi concessi.
Dunque, la “mano morta” sono gli ambienti più ristretti del capitalismo internazionale, che orami detiene in mano i grandi mezzi di comunicazione, le TLC, e che ha interessi spalmati sui fondi d’investimento, le agenzie di rating e le banche d’affari. Questo intreccio perverso segna l’acme dell’era capitalistica matura e ne segna la sua decadenza.
Non ha dubbi Tommaso Minervini, la sua proposta è in perfetta sintonia con quanto afferma Busso nel suo libro, ovvero in una logica contraria a quella del Governo Berlusconi: «investire per migliorare l'economia e la produttività delle aziende, riforma della pubblica amministrazione e degli sprechi nella finanza pubblica, una urgente patrimoniale, investire in tutela ambientale, tecnologie, ricerca e università».
«Non vedo vie di uscita perché si stanno adottando ricette esattamente opposte a far ritornare a circolare il denaro - ha spiegato Busso - perché la depressione dell’economia italiana parte dalla non possibilità della gente di consumare, di domandare beni e servizi, che ha portato come conseguenza un rallentamento degli investimenti e l’aumento della disoccupazione e del precariato».
«Siamo entrati nel secolo dei grandi profitti e delle sconfitte sindacali - ha aggiunto Filannino - credo che si può ancora combattere, visto che il problema è globale, e si deve trovare una guida globale di qualcuno che riesca a cambiare e a sovvertire completamente le regole del gioco».
In questa situazione, a rimetterci sono gli stati e le masse popolari, ma anche i concetti stessi di democrazia e di sovranità. Le libertà fondamentali sono in pericolo. E non si vede all’orizzonte un progetto politico, forze sociali e movimenti politici in grado di differenziarsi dalla “palude ideale” in cui affondano partiti di destra e di sinistra in Europa. E l’Italia deve temere il peso di questa “mano morta” nei prossimi mesi, perché i suoi conti pubblici non sono a posto e nessuna ricetta per lo sviluppo è stata approntata dal Governo Berlusconi/Tremonti dal 2008 ad oggi.
Berlusconi non è più amato dal club internazionale dell’alta finanza e dei padroni dei mass media. Il suo esempio autoctono, ruspante, tipicamente italico, ha messo radici nell’Est Europa, ma alla lunga non serve a rinnovare i sistemi messi in atto dalla “mano morta” del capitalismo. Poco importa a Berlusconi l’andamento dei conti pubblici, se non per fornire posizioni ufficiali da spendere davanti ai teleschermi.
Sarebbe fondamentale una verifica imparziale da parte di una commissione speciale formata da OCSE, FMI, BCE e Eurostat, per esaminare a fondo l’andamento dei conti pubblici italiani. Chi ricorda il “tesoretto” del governo Prodi/Padoa Schioppa? E perché nel giro di neppure due anni i “lanzichenecchi” del Nord Italia, dalla Lega al Pdl, hanno bruciato quel tesoretto, pur in presenza di una crisi che ha colpito tutti i paesi concorrenti del G8 e del G20?
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