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Salvi in extremis il sindaco e la giunta comunale. Ma la frattura resta Due consigli comunali al cardiopalmo per la città. Il rischio di elezioni anticipate e della paralisi economica
15 ottobre 1999

C’era l’attesa dei “grandi eventi” per le riunioni degli ultimi due consigli comunali del 12 e 19 ottobre. Attesa “libidinosa” per coloro che speravano nella caduta del sindaco Minervini e della sua giunta di centro-sinistra, magari con il ritorno ai “favolosi anni Ottanta” e che, quindi pregustavano l’evento; attesa angosciosa per tutti coloro che avevano creduto al cambiamento di questi anni e temevano la fine di un’esperienza costata sacrifici, sofferta ma convinta, di un possibile rilancio di una città ridotta al collasso dai precedenti amministratori e che ora cominciava a intravedere i primi segnali di un possibile sviluppo e a sperare in un futuro migliore. Ma il 12 l’attesa è stata delusa ancora una volta da una maggioranza in pezzi che, per bocca del sindaco, ha chiesto un ulteriore, ma definitivo rinvio, senza appello: o maggioranza o morte. La seduta era cominciata con una richiesta di sospensione per 5 minuti (diventati poi oltre 2 ore) fatta dal consigliere repubblicano Spaccavento: mormorio in aula, mugugni e qualche protesta. Poi è cominciato il gioco dei tre cantoni, o meglio delle tre stanze nelle quali si riunivano spezzoni della maggioranza in attesa che i mediatori di turno riportassero posizioni e concessioni delle parti. Non è stato un bello spettacolo, soprattutto perché tutto il balletto era causato dall’ostinazione di qualche consigliere nel rifiutare il voto prima di aver ottenuto un risultato “politico” al quale pochi hanno creduto. Poi, visti inutili tutti i tentativi di far rientrare i dissidenti verdi (Pino Amato e Innominato) e il consigliere di “Molfetta che vogliamo” (Sergio Azzollini), mentre dei due Ds in “cattività” era presente solo Tommaso Minervini (che veniva dato talvolta per “rientrato”, tal’altra no), l’altro consigliere Angione era forse ospite della trasmissione “Chi l’ha visto”, il sindaco ha deciso di rientrare in aula per chiedere un rinvio, ammettendo le difficoltà della maggioranza e chiedendo tempo per tentare di superarle. I motivi della crisi apparivano tutt’altro che politici, malgrado ciò che si affannava a ripetere il sindaco. Per il rinvio hanno votato contro i consiglieri “verdi” Amato e Innominato, il consigliere Azzollini di “Molfetta che vogliamo” (candidato indipendente dei “Verdi” alla Provincia), le opposizioni dell’area del Polo, mentre si è astenuto Tommaso Minervini, il “grande accusatore”. A favore si sono espressi i consiglieri della maggioranza più Franco Altomare dell’opposizione (eletto nella lista del “Buongoverno” di Finocchiaro). Ottenuto il rinvio, si è arrivati alla seduta del 19 ottobre senza che alcun passo avanti fosse stato compiuto, né sanata la frattura nel centro-sinistra. Anzi, all’area dei dissidenti si è aggiunto anche il consigliere del Ppi, Onofrio Caputi. Assenti all’inizio della riunione Pino Amato, Azzollini, Angione, Caputi e Innominato (che non parteciperà alla seduta): sembrava che questi consiglieri avessero deciso di non presentarsi in aula per non dover spiegare il loro comportamento. A riunione iniziata sono arrivati Angione e Caputi, mentre Amato e Azzollini hanno scelto di rientrare solo verso la fine. I debiti fuori bilancio Il consiglio ha cominciato a discutere dei debiti fuori bilancio, ai quali se ne è aggiunto un altro che ha portato la somma complessiva da “sanare” ad oltre 5 miliardi. Su questo ha relazionato l’assessore al Patrimonio, Nino Sallustio, il quale ha spiegato che si trattava di debiti derivanti da errori e ritardi delle amministrazioni passate, risalenti addirittura a 10 anni prima. Questi debiti erano sopravvenuti in seguito a errori e inadempienze amministrative e finanziarie (“perché non facciamo pagare i danni ai responsabili amministratori dell’epoca e funzionari del Comune”, ha chiesto il consigliere Franco Altomare). In pratica, era indispensabile sanare situazioni economico-contabili e chiudere alcuni contenziosi decennali con i privati, perché ulteriori attese avrebbero fatto aumentare gli interessi da pagare e quindi il debito complessivo del Comune. I debiti fuori bilancio vengono considerati a tutti gli effetti parte integrante dello stesso bilancio, la cui mancata approvazione comporta, per legge, la nomina di un “commissario ad acta” e il conseguente scioglimento del consiglio comunale e nuove elezioni. Questa situazione, perciò, aveva offerto lo spunto ai consiglieri dissidenti della maggioranza per minacciare il voto contrario, e quindi lo scioglimento del consiglio, se non fossero stati azzerati tutti gli incarichi assessorili e redistribuite le presidenze del Consiglio comunale, dell’Amnu e della Multiservizi. Essi, infatti, rimproveravano a Guglielmo Minervini una gestione accentratrice che non lasciava loro alcuna “visibilita”, nè possibilità di partecipazione. Ma già fuori dell’aula del consiglio cominciavano a circolare voci che aggiungevano a queste “pretese” anche altre relative a poltrone assessorili e addirittura a richieste dei appalti. Le voci venivano smentite da Pino Amato (vedi anche l’intervista a pag. 4). L’attacco al sindaco A questo punto è arrivato l’attacco violento di Tommaso Minervini, laburista dei Ds, che ha lanciato accuse incredibili al sindaco e all’amministrazione di centro-sinistra di cui egli stesso ha fatto parte, anche con incarichi importanti (assessore al patrimonio e vice sindaco), e ne fa tutt’ora parte (almeno fino alla sera del consiglio). L’uditorio è rimasto allibito di fronte a un discorso incredibile che paragonava l’amministrazione comunale ad una cupola che controlla tutto: il sindaco sarebbe, a suo parere, quasi un dittatore che manipola le coscienze, controlla la stampa, guida un gruppo ristretto di persone che determina atti amministrativi per interessi che sfiorano il codice penale. Minervini ha lamentato la mancanza di dialogo e confronto anche durante la verifica in atto nel centro-sinistra. Ci sono frasi del suo intervento che fanno rabbrividire: “Ci sono coscienze che non sono in vendita - ha detto Tommaso Minervini - c’è un’area politica (gli ex socialisti? ndr) orgogliosa del rigore morale, che non fa calcoli... Indosseremo la tuta di combattenti morali, se con la nostra battaglia, un solo giovane di sinistra si ribellerà, allora saremo soddisfatti... La nostra è una cultura pedagogica, quella di trasmettere e dire sempre la verità... Sono preoccupato per le frasi scritte sui muri: “sparare a vista alla sinistra liberista”, e si sa chi è la sinistra liberista in questa città... serve una catarsi nella sinistra... solo dalla catarsi nasce il rinnovamento... occorre ribellarsi a chi usa il potere personale...), e ci fermiamo qui. Dure reazioni nella maggioranza Dura la reazione delle altre forze politiche della maggioranza. Freda, dei Comunisti italiani, ha ricordato a Tommaso Minervini che egli ha fatto parte dell’amministrazione dal ’94 ad oggi in vari incarichi, dalla presidenza dell’Amnu, all’assessorato al patrimonio. In un’intervento ironico, ma sprezzante, Freda si è chiesto come mai da quando non c’è più lui il “salvatore della patria” l’amministrazione avrebbe combinato più danni di quelli fatti dai governi nazionali dal ’48 ad oggi. Come mai la giunta si è chiusa nella cupola con le lobbies per gestire la cosa pubblica? “La verità è che Tommaso - ha aggiunto Freda - non ha mai partecipato alle riunioni di verifica. Altro che mancanza di confronto! E quando è venuto, in due sole occasioni, lo ha fatto una volta per litigare violentemente col sindaco e un’altra per litigare col suo segretario politico. Nei partiti chi non rispetta le regole va fuori e si fa un altro movimento. In realtà il sindaco non ha manipolato coscienze, non ha cupole: questa è la verità vera da far conoscere ai ragazzi, non le menzogne”. Ancora più duro l’intervento di Corrado Samarelli, segretario dei Ds: “le parole quando non sono accompagnate dai fatti, queste sì manipolano le coscienze, danneggiando la politica in modo irreparabile. Altro che appello ai giovani! Occorre recuperare la dignità politica. Il protagonismo è solo teatro, se non si sa stare nel collettivo. Questi protagonismi che si ammantano di vittimismo, sono dannosi”. Alla fine Tommaso Minervini è apparso isolato. A questo punto c’è stato il colpo di scena: Pino Amato, il più ostinato dei dissidenti, ha annunciato un voto “sofferto” ai debiti fuori bilancio. Poi ha voluto precisare di non aver chiesto all’assessore Pansini di dimettersi, lo ha fatto lui stesso per motivi personali; “non voglio fare l’assessore, noi Verdi non abbiamo mai chiesto nulla a nessuno, non sono vere le voci che circolano. Noi non siamo prigionieri di nessuno (Tommaso Minervini?), non facciamo parte di cordate, siamo solo sensibili ai problemi della maggioranza, nella quale non ci devono essere consiglieri di serie A e B, poi voglio capire se questi studi professionali collegati all’amministrazione esistono. Siamo critici perché quest’amministrazione non è sensibile all’ambiente, non ha speso una lira nel verde (come mai l’assessore Pansini dice il contrario nell’intervista qui accanto? e poi non ricorda che Lillino Di Gioia ha fatto una campagna elettorale per dire che quest’amministrazione ha piantato solo gli alberi?, ndr). Infine Amato ha fatto presente di essere stato chiamato dal portavoce nazionale del partito, che gli avrebbe chiesto di rivedere le posizioni (allora è questo il motivo della sua decisione di votare a favore?, ndr). Dopo quest’intervento e quello di Sergio Azzollini che ha annunciato anch’egli il “sofferto” voto favorevole, l’amministrazione ha tirato un sospiro di sollievo, mentre si è innervosito il Polo. Annalisa Altomare ha detto al sindaco che la sua era una vittoria di Pirro perché ora egli era “commissariato”, dopo le dichiarazioni fatte dai dissidenti. “Questo consiglio meritava di essere azzerato per far entrare gente nuova. La maggioranza ha trovato il prezzo dei dissidenti, il nostro non è stato ancora trovato”. Il consigliere di opposizione Franco Altomare ha invece criticato la richiesta di azzeramento delle deleghe e la melina fatta in aula dai dissidenti. “Se avete il coraggio delle vostre opinioni, fate una mozione di sfiducia al sindaco, lo prevede l’art. 34 della legge 142/90, così tutto avviene in trasparenza in consiglio comunale”. Altomare ci ha poi dichiarato: “La logica di approfittare della necessità del 16° voto, pena lo scioglimento del consiglio, non onora chi la persegue e diffonde un’immagine della classe politica che personalmente mi ripugna. La mia posizione è antica: già col sindaco Annalisa Altomare sono stato contrario allo scioglimento del consiglio e alla venuta del commissario, perché è la premessa per indebolire il sistema democratico. La logica del muro contro muro penalizza la città e coloro che stupidamente la praticano. L’opposizione del Polo si è fatta trascinare da beghe forse anche di carattere personale non riuscendo a cogliere l’importanza di determinati passaggi politici, importanti per l’economia e lo sviluppo della città, non ultimi i patti territoriali, per i quali l’opposizione avrebbe dovuto dimostrare alla città la propria capacità propositiva e risolutiva”. La difesa del sindaco A concludere è stato il sindaco Guglielmo Minervini che ha riconosciuto le difficoltà della maggioranza e il rischio dello scioglimento, ma si è detto soddisfatto che anche il dissenso fosse stato affrontato con grande trasparenza, alla luce del sole. “Stiamo vivendo un momento di grandi difficoltà, aver scelto di portarle qui in consiglio, è un grande atto di onestà di fronte alla città. La coalizione sta lavorando per raggiungere una vera coesione. Crediamo che la coalizione abbia un futuro, il nostro è un nuovo atto di fiducia nel futuro, con la possibilità per ciascuno di sentirsi protagonista a pari titolo. Il paesaggio economico molfettese sta cambiando, con lo sviluppo delle zone Asi e artigianale, con i cantieri aperti, mentre sta per arrivare approvato il piano regolatore, e ci aspettiamo una sentenza positiva per l’art.51. Ogni rallentamento sarebbe disastroso”. Poi il sindaco ha rigettato le affermazioni offensive di Tommaso Minervini: “occorre distinguere tra politica e demagogia, per chi è in posizione critica l’immagine della città si rovescia. Definirmi capo cupola o capo clan è una rappresentazione dai contenuti fortemente grotteschi. Se c’è un patrimonio che ci riconoscono tutti, e il mondo imprenditoriale in particolare, è il fatto che in questa città si è rotto un modo di fare politica e di gestire le istituzioni. Sono rientrate le regole nel Palazzo. Vorrei ricordare, quando si parla di cupole, ciò che era Molfetta prima del ’94: intrecci inestricabili e fortissimi in tutti i settori, non ultimo il piano regolatore. E’ questo che abbiamo rotto. Tutti gli atti che abbiamo compiuto hanno valore qualificante, non c’è uno solo di cui dobbiamo vergognarci. Perfino le graduatorie delle cooperative sono alla luce del sole, come non era mai avvenuto prima in questa città. L’art. 51 ce lo stanno studiano dall’esterno, al Politecnico. Quando vedremo i primi cantieri potremo dire alla città che abbiamo mantenuto gli impegni: è un traguardo che ci appartiene. Purtroppo non siamo riusciti a sradicare da questa città un retaggio tradizionale: quello della calunnia, ma l’unico modo di rispondere, è tirare dritto per la propria strada”. Dopo una scaramuccia nervosa tra lo stesso sindaco e Annalisa Altomare che lo interrompeva continuamente durante il suo intervento e un’estemporanea uscita del consigliere Brattoli, anch’egli troppo nervoso, si è passati alla votazione. Il provvedimento è passato con 17 voti favorevoli (i consiglieri di maggioranza, tranne Innominato assente e i due diessini Tommaso Minervini e Angione che si sono astenuti, più Franco Altomare). Ora il sindaco dovrà faticare non poco per ricucire gli strappi della maggioranza, per evitare che il pericolo si ripeta in occasione dell’approvazione del bilancio ’99. Intanto dovrà sostituire l’assessore Pansini e la cosa non è facile: basterà a tacitare qualche dissidente? Giulio Calvani
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