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Ruvo di Puglia, l'Unità d'Italia e il contributo della Chiesa e dei Cattolici Conferenza a Ruvo, martedì 22 marzo ore 18,30 - Ex Convento dei Domenicani
18 marzo 2011

RUVO DI PUGLIA - Con un messaggio sereno e propositivo al presidente della Repubblica, come cita un comunicato stampa, Benedetto XVI partecipa alla festa dei 150 anni dell’Italia unita. Il Papa in sostanza esprime tre concetti, che rilanciano una riflessione che la Chiesa e i cattolici italiani hanno ormai sviluppato in maniera approfondita e avrà la sua sanzione nella solenne celebrazione presieduta dal cardinale Bagnasco domani, giorno della festa dell’Unità.  “L’identità nazionale degli italiani, così fortemente radicata nelle tradizioni cattoliche, costituì in verità la base più solida della conquistata unità politica”.
Il Risorgimento insomma si può capire e dà frutti positivi in quanto esprime una storia e un quadro culturale e civile che non si esaurisce nel momento immediatamente politico, nel contrasto tra lo Stato e la Santa Sede, nella cosiddetta “questione romana”.
Nonostante la protesta pontificia, infatti, “nessun conflitto si verificò nel corpo sociale, segnato da una profonda amicizia tra comunità civile e comunità nazionale”.  Il Papa si diffonde su questo processo: “L’Unità d’Italia ha potuto avere luogo non come artificiosa costruzione politica di identità diverse, ma come naturale sbocco politico di una identità nazionale forte e radicata, sussistente nel tempo”. 
Il grande tema dell’Italia, infatti, lo aveva sottolineato Benedetto XVI parlando nei giorni scorsi all’Anci, l’associazione dei Comuni, è il rapporto tra unità e pluralità. Questo richiede una base comune: “La comunità politica unitaria nascente a conclusione del ciclo risorgimentale ha avuto, in definitiva, come collante che teneva unite le pur sussistenti diversità locali, proprio la preesistente identità nazionale, al cui modellamento il Cristianesimo e la Chiesa hanno dato un contributo fondamentale”.  Il punto è che fare di questo patrimonio. L’anniversario, infatti, ha senso come motivo di riflessione propositiva.  Ecco perché il Papa non manca di ricordare le tante energie spese in questi decenni dai cattolici per la cosa pubblica, fino al sacrificio della vita. E rilancia lo spirito degli accordi di revisione del Concordato nel 1984.  Ci troviamo, infatti, nel quadro di “una società caratterizzata dalla libera competizione delle idee e dalla pluralistica articolazione delle diverse componenti sociali”. Serve, allora, distinzione degli ambiti e, nello stesso tempo, una fattiva collaborazione tra comunità politica e Chiesa.
Il Vaticano II l’ha ribadita, ma essa è nelle corde profonde del cattolicesimo italiano, secondo la formula di don Bosco: “Cittadini di fronte allo Stato e religiosi di fronte alla Chiesa”.  Questa “doppia cittadinanza” anche oggi è una risorsa preziosa. Questo “compleanno” dell’Italia cade in un momento importante. Bisogna riprendere a crescere. E per fare questo serve ritrovare identità, senso di appartenenza e di responsabilità. In fin dei conti il bene comune è l’interesse vero di tutti. Su questi temi si rifletterà insieme nella Conferenza pubblica, promossa dall'Azione Cattolica di Ruvo e patrocinata dal Comune di Ruvo-Assessorato alla Cultura e Turismo.
Martedì 22 marzo 2011 – ore 18,30  Ex- Convento dei Domenicani 

Autore: Adelaide Altamura
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1°Parte. ??????????????? Martedì 20 settembre 1870: Roma è circondata da 50 mila soldati italiani che, dopo aver forzato i confini dello Stato Pontificio, l'assediano con cinque divisioni militari. La città del Papa Re, difesa da 11 mila uomini in armi, è pronta a resistere. All'alba dall'avamposto pontificio di villa Patrizi partono all'improvviso colpi di fucile contro le truppe avversarie schierate a villa Albani: è l'inizio della battaglia. Poche ore dopo. Mentre Pio IX celebra la messa nella sua cappella privata davanti ai rappresentanti del corpo diplomatico, Hermann Kanzler, capo supremo dell'esercito pontificio, è costretto a ordinare la resa: la capacità di resistenza dei suoi soldati, nonostante la tenacia difesa, è giunta al termine, soprattutto nel tratto tra porta Salara e porta Pia. Alle 10 sulla cupola della Basilica di San Pietro sventola la bandiera bianca; poco dopo la città è violata con le armi dai bersaglieri e dai fanti del generale Cadorna, che vi irrompono a passo di carica attraverso una breccia aperta a cannonate nelle mura Aureliane, vicino a porta Pia. Una giornata fondamentale nella storia dell'Italia moderna in cui veniva cancellato dall'atlante politico europeo uno degli Stati più antichi e Roma si apprestava a diventare, dopo Torino e Firenze la capitale definitiva del nuovo Regno. Il travaglio di Pio IX attaccato da un re cattolico, Vittorio Emanuele II e le sue speranze prima nell'intervento di una potenza straniera e poi in una restaurazione; lo sconcerto del mondo cattolico, il disincanto del popolino romano, il terrore della nobiltà nera fedele al papa, chiusa nei suoi lussuosi palazzi; la gioia dei patrioti rientrati a Roma al seguito dell'esercito italiano che cedevano finalmente coronare il sogno vagheggiato da Cavour, Garibaldi, Mazzini. (continua)

2°Parte. - L'Italia deve ringraziare La Prussia, che pochi giorni prima ha sconfitto la Francia, forte protettrice del papa. In base a una “convenzione” stipulata il 15 settembre 1864 tra il governo di Parigi e quello di Torino, infatti, quest'ultimo si era impegnato a non attaccare lo Stato Pontificio e a trasferire la capitale a Firenze in cambio dell'impegno francese a sgomberare le proprie truppe da Roma. Invadere i territori del papa, dunque, significava violare quell'accordo, provocando così l'ingresso delle potenti armate francesi sul territorio italiano in difesa del pontefice. Ma il 14 luglio scorso la Francia ha deciso di dichiarare guerra alla Prussia, andando incontro a una clamorosa disfatta: il 2 settembre le armate di Napoleone III sono state sconfitte a Sedan e lo stesso imperatore è stato fatto prigioniero. Due giorni dopo a Parigi la popolazione è insorta costringendo L'Assemblea nazionale a dichiarare decaduto l'impero e a proclamare la repubblica. I soldati francesi hanno abbandonato Roma richiamati in patria. Si voleva evitare una guerra per non dare alla comunità cattolica di montare uno scandalo internazionale. Prima di cedere la parola alle armi occorreva un ultimo tentativo diplomatico. Così un messaggero italiano, il conte Gustavo Ponza di San Martino, 60 anni, senatore del Regno, sabato 10 settembre era in Vaticano per consegnare a Pio IX una lettera di Vittorio Emanuele II. L'incontro è stato tesissimo. Nella missiva il re. Dopo essersi rivolto al pontefice “con affetto di figlio, con fede di cattolico, con animo italiano, dichiarava “l'indeclinabile necessità, per la sicurezza dell'Italia e della Santa Sede, che le mie truppe, già poste a guardia del confine, inoltrinsi per occupare le posizioni indispensabili per la sicurezza di Vostra Santità e pel mantenimento dell'ordine”. Il papa, durissimo, liquidò il conte con queste parole: “Io non sono un profeta, né figlio di profeta, ma in verità vi dico che non entrerete a Roma”. (fine)

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