Rifondazione: l'Autorità di Bacino denuncia le irregolarità dello sviluppo urbanistico molfettese
MOLFETTA -Le lame, “corsi d'acqua estinti che in caso di piena possono tranquillamente tornare a riempirsi”, secondo uno studio del 4 luglio del 2000, effettuato dal Dipartimento di Architettura e Urbanistica del Politecnico di Bari, caratterizzano tre aree del territorio molfettese:
-lama Nord, che comprende Lama dell'Aglio, Canale Savorelli, Canale Boscarello, Lama Calamita, Lama Marcinase
-lama Centro, che comprende Lama Cupa, detta Lama Martina, in località prima cala
-lama Sud, che comprende Lama Cascione e Lama Reddito.
Come descritto nell'opuscolo diffuso ieri sera da Rifondazione Comunista, durante conferenza stampa a palazzo Giovene, i Piani Insediamenti Produttivi (PIP) “sono piani di iniziativa pubblica attuativi del Piani Regolatore Generale e sono progettati per accogliere attività di vario tipo (artigianali, industriali, commerciali e turistiche)”. L'argomento lame è stato ampiamente trattato anche su “Quindici” che ha lanciato l'allarme su questa situazione a rischio idrogeologico.
Il 27/03/1976 fu approvato un piano per 50 aziende che investiva la “prima zona artigianale”. Il PIP fu ampliato prima il 12/03/1998, per proseguire con una incessante espansione il 18/04/2002, concludendosi con un terzo PIP, mandato a redigere nel 2003 ed approvato l'11/02/2008, prima che Antonio Azzollini si dimettesse dalla carica di sindaco di Molfetta.
Già nella Deliberazione della Giunta Regionale del 27/10/1999 Molfetta era segnalata fra i Comuni in cui insistevano aree a rischio idraulico molto elevato.
I sopralluoghi iniziarono il 3 marzo 2006, quando l'Autorità di Bacino affermò l'esigenza di un controllo del rischio idraulico delle lame presenti, chiedendo di poter visionare lo studio portato avanti nel 2000 dal Politecnico di Bari. Tale studio, però, venne etichettato dal Comune e in particolare dal Dott. Mancini come “redatto da persone autogene, estranee al complicato contesto geologico – strutturale - idrogeologico ed idraulico del territorio molfettese”. Intanto, però, i rilievi effettuati dal Comune e consegnati all'Autorità di Bacino il 15/02/2007 vennero considerati insufficienti. Ma il terzo PIP venne subito approvato, facendo passare tutto inosservato. Come recita il dossier, infatti, “il Comune, nella persona dell'Ing. Altomare afferma la trascurabile rilevanza idraulica di quella zona su cui si andrà ad insediare il terzo PIP”.
L'esposto presentato da Legambiente su Lama Marcinase, secondo il Dirigente Settore Territorio del Comune di Molfetta, era “fondato su imprecise quanto superficiali informazioni dell'associazione esponente che, comunque, concorrono a distrarre tempo agli uffici regionali e comunali già sufficientemente oberati di lavoro”.
Insomma, ogni tentativo di intervento teso ad evidenziare il rischio idrogeologico che investiva le zone in fase di urbanizzazione, veniva velocemente liquidato dal Comune.
Ma il 10/03/2009, l'Autorità di Bacino rigettò “le osservazioni e/o proposte integrative del comune di Molfetta”, denunciando “uno scenario complessivo di dissesto idraulico diffuso, imputabile, per lo più ad una disattenta politica di urbanizzazione del territorio”, la mancanza di informazioni trasmesse dal comune e “l'urbanizzazione indiscriminata che ha caratterizzato, egli ultimi anni, il territorio comunale di Molfetta” che “esalta le problematiche di rischio”. Il 20 Aprile scorso, l'Autorità di Bacino approvò la modifica della perimetrazione delle aree del territorio comunale, sulla base di una cartografia che il Comune di Molfetta definisce “giurassica”.
Secondo Gianni Porta, questo dossier è “la messa in evidenza di un modo con cui le istituzioni gestiscono le cose”. Di una gestione segnata dall'indifferenza e dal “fastidio”. E ad “infastidire” non è solo l'Autorità di Bacino, quasi le istituzioni fossero impegnate esclusivamente ad espropriare Molfetta delle proprie prerogative, ma anche i singoli cittadini. Il loro impegno, la loro partecipazione, le osservazioni di Legambiente, non vengono apprezzate. Manca lo spirito di concertazione, si pensa che i rinvenimenti delle autorità siano tesi contro il Comune, piuttosto che a garantire il rispetto della legge e a far fronte a rischi ambientali incombenti. Già “Quindici” lanciò l'allarme sul rischio idrogeologico delle aree in questione.
Secondo Vincenzo Mongelli, il “delirio di onnipotenza” del sindaco porta persino a subordinare gli studi dell'Autorità di Bacino a quelli del Comune, condannando le voci dissonanti quasi fossero contrarie allo sviluppo. Come ricorda Mongelli, è necessario opporsi non allo sviluppo ma “allo sviluppo a tutti i costi, senza attenzioni”. Non è possibile fondare i propri consensi su politiche di progresso cieco e disattento, come quello che inserisce i giovani in contesti lavorativi inadatti, con contratti precari e sottopagati. Questi modi di fare strutturano l'azione di questi “yes men” che si occupano solo delle azioni di facciata, e non ci cosa c'è dietro.
E questa mancanza di controlli e di studi approfonditi, per Antonello Zaza, è ciò che accomuna l'espansione molfettese a quella abruzzese, quella che ha favorito un disastro umano, a seguito del terremoto a L'Aquila. Sembra che prima si vogliano costruire gli impianti e poi verificare se fosse realmente possibile farlo.
I conflitti istituzionali che animano costantemente la politica della nostra amministrazione derivano dalla mancanza di ascolto, dalla politica dell'autosufficienza, quella che punta a conservarsi a scapito delle condizioni delle persone, della vita di tutti.
Autore: Giacomo Pisani