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Riflettendo sulla nuova piazza Davanti alla Basilica della Madonna dei Martiri
15 ottobre 2024

Oggi, prima di scrivere queste note, mi sono fermato per un’oretta nella nuova Piazza antistante la Basilica della Madonna dei Martiri; ne avevo seguito l’inaugurazione e letto il commento nell’editoriale del Direttore Felice de Sanctis sul numero di settembre di “Quindici”. Ho sempre amato le piazze dei paesi, soprattutto quelle dei nostri paesi del Sud e, come ho sempre fatto, ho voluto sperimentare di persona quello che questa “nuova rivisitazione” avrebbe potuto trasmettere nella mente e nel cuore. Quella Chiesa, quell’ atmosfera del Sacro, di cui oggi ci sarebbe tanto bisogno, per dare un senso diverso alla nostra esistenza, il silenzio nel chiostro, il sussurro lasciato dai crociati nell’attiguo ospedale, tutto questo è conservato intatto e si confonde con lo sciabordio, il profumo, il colore delle onde del mare accanto. Seduto su una delle due panchine in pietra, mi venivano in mente le immagini di altre piazze, a me molto care: a Molfetta quella del Municipio o quella dei Cappuccini o ancora quella di Piazza Paradiso e, ancora, il Palazzuolo a Bisceglie o unica, forse, in Italia, quella antistante la Cattedrale di Trani. E una in particolare tuttavia stranamente però si sovrapponeva a quella in cui mi trovavo: la piazza antistante la “Madonna delle Grazie” a Ruvo. Perché, per raggiungere quella chiesa, bisogna oltrepassare due dissuasori e incamminarsi in un corridoio creato da meravigliosi altissimi pini marittimi, o anche fermarsi a lungo su una delle dieci panchine in pietra che si trovano ai lati del percorso, per intessere un colloquio silenzioso con Dio o con sé stessi. E anche per riflettere proprio sul significato della piazza nella vita di tutti i giorni. Tralasciando di proposito qualsiasi paragone, (se non soltanto per ricordarne la possibile origine), è iperbolico voler paragonare una piazza contemporanea all’ “agorà” ateniese, che invece era la piazza centrale della polis greca, dove si svolgeva la vita politica e commerciale della città. Tuttavia, non è errato però ricordare che oltre ad essere il centro economico della città greca, comunque lì il popolo si organizzava anche per celebrare grandi feste religiose e solenni processioni dedicate agli dei. A partire dal V secolo a.C. circa (età di Pericle) l’agorà per le modifiche urbanistiche delle polis viene divisa in tre tipologie: quella mercantile, nelle città marittime, collegata ai porti, quella commerciale, situata alle porte della città e quella politico religiosa collocata al centro della città. Le agorà si delimitarono con dei portici (gli stoài) e vi si inserirono monumenti, statue e altri manufatti. Questo schema si protrarrà sino alle soglie del medioevo, in cui la piazza si adeguerà ai cambiamenti artistici e architettonici che si susseguiranno nei secoli, passando dallo stile dell’alto medioevo, a quello romanico e a quello gotico, fino al sistema geometrico del Rinascimento (si pensi soltanto a Piazza del Campo di Siena). Tuttavia giova ricordare, e questo credo valga tutt’ora nella famosa percezione di bellezza, che una piazza deve trasmettere, che al tracciato generalmente impostato su linee parallele che per la prospettiva convergono su un unico punto di fuga, non si può fare a meno di inserire anche la linea curva, che dà alla piazza una visione non più solo geometrica ma artistica in senso lato. Così la piazza man mano ha assunto una grande importanza in Italia: vivere in una piazza diventava un segno distintivo della stessa cultura italiana. Le prime a comparire sono state le “piazze religiose”, nate in stretta connessione con edifici religiosi; poi ci saranno quelle “civili” dove era ordinariamente organizzata la vita politica e della amministrazione della giustizia, collegata col Palazzo del Comune (detto in senso generico) e infine “piazze plurifunzionali” che assommeranno entrambe le caratteristiche in un unico spazio. E così la storia della piazza si evolverà fino ad oggi, diventando luogo ben definito di incontri, godimento del tempo libero, manifestazioni culturali e quant’altro, in op-posizione ai “non luoghi” di cui tanto ci ha parlato Marc Augè e verso i quali ci ha messo in guardia perché funzionali a ben altro. Le piazze del Sud si chiudono e si aprono, si fanno prendere dal sole e dal vento, raccolgono tante storie raccontate al lume dei lampioni e della luna che li sfida con la sua luce, luce che di giorno si posa sul bianco degli intonaci in contrasto con l’azzurro del cielo e del mare; si arricchiscono di alberi e fontane, si vestono di libertà, diventano patrimonio sociale, educativo, culturale. Ecco, a questo pensavo stamattina, seduto per non molto tempo, in quella nuova Piazza a Molfetta davanti alla Chiesa della Madonna dei Martiri. La guardavo e quella mancanza della “curva” vera mi inquietava; così la mancanza del verde e di una “vera fontana”. Non so perché, mi venivano in mente più le “piazze metafisiche” di De Chirico, che quelle “poetiche” di Ghirri. Sì, la Poesia! Spero si possa fare ancora in tempo a introdurla: Poesia e Sacro. Certamente possono condurci alla Bellezza che tutti vorremo vivere. © Riproduzione riservata

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