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Redditest, a gennaio il redditometro: la supposta nel portafogli degli italiani Auto-diagnosi fiscale: valutare la coerenza tra reddito e spese. Doppio contradditorio: dialogo tra Agenzia delle Entrate e contribuente. Le armi per la lotta all'evasione fiscale, con spesometro e anagrafe dei conti correnti. Redditest, istruzioni per l'uso: il video
25 dicembre 2012

Un aggeggino magico, che potrebbe spaventare molti italiani, soprattutto se iscritti o battezzati nel parterre degli evasori fiscali. L’ennesima invenzione illuministica del Governo Monti: il redditest, un software per l'auto-diagnosi fiscale che consente ai contribuenti di valutare la coerenza tra il reddito familiare e le spese sostenute nell'anno, evitando anche futuri problemi con l'amministrazione finanziaria.

Drammatica è stata, però, la situazione emersa dalla simulazione eseguita sulle famiglie italiane per programmare questo strumento fiscale: 4,3milioni sarebbero le dichiarazioni incoerenti (un milione di famiglie dichiara redditi molto vicini allo zero, ma spende molto di più). Tragica la sperimentazione: i cittadini che lo hanno già sperimentato hanno denunciato la superficialità e la banale approssimazione delle domande.

 

ISTRUZIONI PER L’USO

Poche e indefinibili le istruzioni per l’uso pubblicate sul sito istituzionale della Agenzia delle Entrate, dove il redditest può essere scaricato. Si tratta di un mini foglio illustrativo, simile a quello dei medicinali scaduti aperto e subito accartocciato nella confezione.

Tra l’altro, non si considera che molti contribuenti, privi di competenze finanziarie e fiscali, non solo hanno difficoltà a usare il pc e internet, ma non conoscono nemmeno l’esistenza del redditest. Perciò, almeno per i soloni della tecnologia, sarà opportuno consultare sul canale Youtube dell'Agenzia, un filmato che ne spiega il funzionamento e un cartoon che risponde ai dubbi dei contribuenti sul nuovo software.

 

Per avviare il test, è necessario indicare la composizione della famiglia e il Comune di residenza, per poi inserire le spese più significative sostenute dal nucleo familiare durante l'anno.

Le voci di spesa (più di 100) sono state aggregate in 7 macrocategorie: abitazione, mezzi di trasporto, assicurazioni e contributi, istruzione, tempo libero, cura della persona, spese varie, investimenti immobiliari e mobiliari netti (dai contributi versati alle assicurazioni, ai lavori immobiliari e ai mutui, gallerie d'arte e tour operator, dalle auto alle barche, dal possesso di cavalli al risparmio e ai movimenti bancari). Tutto cadrà sotto l'occhio elettronico del software che intimerà lo stop in caso di spese incoerenti con il reddito familiare.

 

Il nuovo redditometro partirà, poi, a gennaio 2013 (già previsto con Decreto Legge n.78/10), mettendo sotto la lente d’ingrandimento i contribuenti italiani e, in particolare, i casi d’incoerenza. Anche se, a quanto pare, lo strumento potrebbe penalizzare i redditi medio-bassi under 30mila euro, perché esposti a spese fisse (non sarebbe una novità perché le riforme del governo tecnico, sostenute da Pdl, Pd e Udc, hanno colpito in molti casi proprio i ceti più deboli).

L'Agenzia delle Entrate ha, però, precisato che il redditometro si applicherà dall'anno di imposta 2009 e considererà «elementi certi» come le spese sostenute, la potenza delle auto e la lunghezza delle barche, non più solo quelli presuntivi, come gli incrementi patrimoniali e il risparmio dell'anno.

Inoltre, secondo la regola del doppio contradditorio, l’Agenzia sarà obbligata a dialogare con il contribuente in fase preventiva (fornire chiarimenti e integrare le informazioni a disposizione dell'amministrazione) e in un’eventuale seconda fase (ricostruire il reddito in adesione).

 

GLI STRUMENTI

In sostanza, l’attuale redditest consente in modo preventivo di certificare la congruenza del reddito dichiarato con le spese sostenute, per incentivare la redazione di una dichiarazione adeguata almeno alle spese standard sostenibili dal contribuente (i dati sono in forma anonima, quindi non lasciano tracce sul web). È evidente che questo test abbia una funzione di compliance e non la capacità di segnalare il contribuente che non ha una dichiarazione dei redditi al Fisco (uno strumento di prevenzione fiscale).

 

Il nuovo redditometro, invece, analizzerà spese e consumi già rilevati nell’anagrafe tributaria, il cui onere sarà determinato applicando un certo valore a specifiche tipologie di costi pluriennali. Allo stesso tempo, si considererà la spesa media Istat che inquadra le uscite medie di tipo corrente (es. alimentari, abbigliamento, calzature) sostenute da ogni tipo di famiglia che vive in una certa area geografica.

 

A questi due strumenti, potrebbe affiancarsi lo spesometro che permetterà all’amministrazione di incrementare il numero d’informazioni per quantificare la capacità di spesa dei contribuenti: ha la finalità di controllare i pagamenti che eccedono un determinato limite (tutti i soggetti titolari di partita Iva sono obbligati a rendere noto via internet, all’Agenzia delle Entrate, qualsiasi incasso di importo sopra i 3.600 euro).  

 

Infine, sarà utilizzata anche l’anagrafe dei conti correnti, una banca dati che facilita l’emersione della base imponibile. Il Decreto Legge n.201/11 ha stabilito che gli operatori finanziari inviino costantemente all’anagrafe tributaria ogni informazione necessaria per consentire al Fisco di effettuare i propri controlli, oltre ai conti correnti e i rapporti finanziari esistenti già censiti. Questo consentirà anche di creare delle liste selettive di contribuenti a maggior rischio di evasione.

 

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Autore: Marcello la Forgia
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Apprezzo molto questo tipo di articoli, anche se pubblicati su un giornale locale. Ho letto i numerosi commenti, ma vorrei lasciare una mia personale riflessione. È bene sottolineare una cosa: le tasse sono andate diminuendo per la progressiva globalizzazione della tassazione, ma la stragrande maggioranza delle multinazionali, elude in maniera sostanziale il fisco. Il meccanismo è semplice e ve lo spiego. Apro una società di gestione centralizzata degli acquisti e di logistica in Lussemburgo, Svizzera, alcuni lander tedeschi dove la tassazione è a livelli bassi 5-10%, che possiede tutte le materie prime ed i prodotti finiti che ho in giro per il mondo. Le vecchie società che operavano localmente in Italia, Germania, UK, etc. diventano degli erogatori di servizi: di trasformazione da materie prime a prodotti finiti, di supporto al marketing ed alla vendita. I prodotti rimangono della società madre (con sede in paesi a bassa tassazione) fino a quando vengono venduti al consumatore o al distributore (ci sono tante varianti possibili), che paga questi servizi diciamo 10 euro a prodotto. Il prezzo finale è di 100 euro (come prima della globalizzazione delle tasse). Risultato: io compro sempre a 100, che pago alla società di erogazione di servizi di supporto al marketing ed alla vendita (con sede in Italia, Germania, UK, etc.) la quale però l'ha comprato dalla società madre a 90 (10 euro sono i suoi ricavi per i suoi servizi su cui paga la tassazione locale 40%). La società madre paga 10 euro alla società di trasformazione e vende il prodotto a 90 (su cui paga le tasse nel paese a diciamo 10%). Trasformazione di ricavi in costi nei paesi a tassazione elevata, e nuovi ricavi in paesi a bassa tassazione. Magia. Da un rapido calcolo, in Italia spariscono 30-40 miliardi di euro di tasse quasi legalmente, ma eticamente…bah, lasciamo stare…






































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