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Quel concerto mancato tenore-fisarmonica con don Tonino
15 maggio 2018

Era trascorso già un anno da quando Don Antonio Bello, da tutti chiamato Don Tonino, era stato nominato Vescovo della diocesi di Molfetta, Giovinazzo e Terlizzi ed il 30 settembre dello stesso anno Vescovo della diocesi di Ruvo. Conoscevo solo di vista Don Tonino. Mi avevano detto fosse un vescovo fuori dal comune, una persona alla mano che non si formalizzava, che voleva essere chiamato “don Tonino”, molto diverso dai vescovi che lo avevano preceduto e che io avevo conosciuto. Sì, perché io, frequentatore dell’azione cattolica presso la “Parrocchia”, di vescovi ne avevo conosciuti, se non altro per aver cantato durante la messa o qualche altra funzione in occasione di loro visite presso la chiesa di San Gennaro. Don Saverio “u peccenunne” (il vice parroco), da non confondersi con don Saverio “u grènne” (il parroco), conoscendo la mia passione per il canto, aveva creato un sodalizio tra me e Mauro Pappagallo, fratello di don Salvatore e ottimo organista così, ogni qualvolta ne avesse bisogno per una messa o una manifestazione in chiesa, ci mandava sull’organo per intonare inni sacri con l’ausilio di Michele il vinaio che, essendo amante della musica e nostro estimatore, spesso lasciava il deposito del vino per venire a girare la ruota per il mantice. Quando, per motivi di lavoro Michele non poteva aiutarci, lo sostituiva mio fratello Pietro. Poiché, senza falsa modestia, sia io che Mauro eravamo bravi, dopo la funzione religiosa, il vescovo, che fosse monsignor Salvucci o monsignor Garzia, veniva a congratularsi e noi, per rispetto alla sua autorità, gli baciavamo la mano. I tempi però erano cambiati. Io ero diventato medico, Mauro Pappagallo si era trasferito al conservatorio di Pescara, l’organo non aveva più bisogno di Michele e, per avvicinare don Tonino non avrei potuto utilizzare la mia voce ma, forse, sarebbe bastato un semplice baciamano. Avevo perciò cominciato ad ascoltare le sue omelie e, devo confessarlo, mi piaceva il suo modo di parlare, di porgersi, di raccontare, ma non mi ero mai fermato a parlare con Lui, anche perché non ne avevo avuto l’occasione che arrivò, anche questa volta, grazie al canto. Sebbene facessi il medico già da tempo, non avevo mai smesso di cantare. I maestri Nino Rota, Nicola Scardicchio, Rino Marrone, don Salvatore Pappagallo spesso mi chiamavano per concerti importanti dove serviva la mia voce. Quella volta ero stato invitato dal maestro Michele Cantatore che aveva organizzato un concerto: “La resurrezione di Lazzaro” presso la parrocchia del SS. Redentore di Ruvo. Io interpretavo Gesù Cristo. Al concerto era stato invitato don Tonino il quale, dopo aver apprezzato l’esecuzione si accostò e mi disse: “Bravo! Hai reso vivo, con la tua voce, nostro signore Gesù Cristo. Mi hanno detto che sei pediatra”. “No, eccellenza” risposi “Sono geriatra. Curo gli anziani. Ho sentito che anche lei è un ottimo musicista e che suona molto bene la fisarmonica. Mi piacerebbe fare un concerto con lei: tenore-fisarmonica”. “Sono solo un dilettante”, rispose con un sorriso. “Ma, per il concerto, possiamo vedere”. Tentai di baciargli la mano, lui la ritrasse e mi baciò sulle guance. © Riproduzione riservata

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