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Presentazione. Le porte del Paradiso
15 dicembre 2021

Il testo, preparato in lingua italiana e tradotto in inglese e tedesco, è stato pubblicato e trasmesso con il Regolamento agli artisti, che ne avevano fatto richiesta per un indirizzo di suggestioni utili alla loro creazione; è ricomparso nella: XIII Biennale Internazionale Dantesca, Concorso Internazionale del Bronzetto e della Piccola Scultura organizzato dal Centro Dantesco sul tema: La porta per la città di Dante: Paradiso, Ravenna, 1 aprile-30 settembre 1998, Edizioni del Centro Dantesco dei Frati Minori Conventuali, Ravenna 1998, p. IX. Il concorso di questa biennale è particolare: tratta delle Porte del Paradiso. Un tema esaltante, perché l’accesso è possibile con la limpida e trasparente materia della preghiera, sollecitata dall’amore. Vi si respira un’aria sottile, quella della Montagna, da cui il Cristo proclamò le Beatitudini. Un decalogo inebriante per gli occhi dello spirito, per coloro che si sono purificati dalla lettura che offrono gli occhi della carne, per quanti sono passati a “la verità che tanto ci sublima” (Par., XXII, 42), dopo aver attraversato “L’aiuola che ci fa tanto feroci” (Par., XXII, 151). Per il poeta Dante, il più grande lirico medioevale dell’umanità in redenzione, porta per il cielo è ogni parola purificata dalla luce. La luce purissima, la luce dell’intelletto che eleva il ‘lumen gloriae’ dello spirito e genera l’amore. Amore che accresce la conoscenza, in un infinito commisurarsi di donazione e di sapienza. Il movimento che ne scaturisce è la lievitazione verso l’Empireo, verso la città di Dio, “che piena è di tutta pace: la quale non soffera lite alcuna d’oppinioni o di sofistici argomenti, per la eccellentissima certezza del suo subietto, lo quale è Dio” (Conv., II, XIV, 19). Le porte del Paradiso dantesco sono di spessore metafisico; la materia di cui si compongono sono gli atti d’amore, che vibrano in movimento nel regno della luce: “…al ciel ch’è pura luce: luce intellettüal, piena d’amore; amor di vero ben, pien di letizia; letizia che trascende ogni dolzore” (Par., XXX, 39-42). Dante ricorda la Vergine Madre, che aprì la porta della redenzione e permise con il suo assenso il mistero dell’Incarnazione. Il Figlio, canto lirico composto dal cielo e dalla terra, è l’Uomo-Dio, l’arcobaleno cromato, le cui tonalità passano per luce e stabiliscono la comunione musicale tra la creatura e il creatore, tra la visione fascinosa e il trasognato. Tradotto sarebbe a dire pienezza di vita, amore, canto, lode, festa, danza, inebriamento immateriale. La materia trasluce, lasciando l’oscuro. Maria, “la rosa in che il Verbo divino - carne si fece”, ha generato la porta della salvezza ed è, naturalmente, abilitata al ruolo di mediatrice privilegiata: “Donna, se’ tanto grande e tanto vali, che qual vuol grazia e a te non ricorre sua disïanza vuol volar sanz’ali” (Par., XXXIII, 13-15). Per trasposizione, la Madre di Dio prende nella preghiera cristiana il titolo di Janua coeli: Maria porta del cielo. Se Dio è luce che abbaglia, Maria è bellezza che gioconda ed esalta. Dio è inaccessibile nella sua pienezza, Maria colma la distanza e ne permette l’accesso. Per introdurre il concorso, questa volta ho voluto positivamente dilungarmi. Lo richiede il tema che si traduce in luce- sostanza per chi vuole affrontare le porte del Paradiso; ma c’è ancora dell’altro. Questo concorso intende preparare quello del 2000, che affronterà il portale della chiesa ravennate di S. Francesco. Un progetto, che se dovesse andare in porto, sarebbe fantastico. Costituirebbe una dovuta presenza d’arte contemporanea nella Ravenna storica: peraltro, esalterebbe la chiesa del serafico S. Francesco e la vicina Tomba di Dante. Testimonierebbe la fede di un popolo, che registra ancora oggi sé stessa negli annali della città cristiana dai tasselli di azzurro e d’oro. Roma, 18 giugno 1997.

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