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Porto, per gli errori progettuali ora rischi per le imbarcazioni Danni per 80mila euro, ma al Comune non interessa e va avanti per la sua strada. Eventuali mareggiate potrebbero provocare il disastro
15 marzo 2010

I lavori al porto di Molfetta stanno causando reali e tangibili problemi di sicurezza alle imbarcazioni da diporto e ai pescherecci attraccati ai moli. L’opera faraonica da decine di milioni di euro, che non ha ancora precisa collocazione all’interno del quadro politico-economico regionale, al momento, sta portando danni tangibili a fronte di dubbi benefi ci futuri alla città. Negli ambienti del porto si sussurra, voci non uffi ciali, di una inspiegabile errata inversione dei lavori, per cui invece di procedere prima al prolungamento della diga foranea si è, invece, collegata, la stessa, alla terraferma. E’ questo, infatti, l’intervento alla base del fenomeno dell’enorme risacca che si crea ora all’interno del porto con correnti, anche di debole intensità, da Oriente. Ora si rischia un disastro, dato che, anche secondo le statistiche, quest’anno tali correnti, per la periodicità di questi eventi meteo, potrebbero essere più intense. I lavori procedono a rilento e sono iniziati proprio partendo dalla chiusura della diga foranea, a ridosso della chiesa Madonna dei Martiri, quella che, per decenni, ha garantito che il porto di Molfetta fosse una casa sicura per tutti i marittimi della città, in rientro da acque tempestose. C’è chi ipotizza una pressione dall’alto, al fi ne di non creare troppi ritardi, dato che una tale scelta di direzione dei lavori, è un errore troppo evidente e non proprio di un ingegnere. A tuonare contro questa situazione è stata anche una voce illustre della marineria molfettese, Ignazio Salvemini, storico marittimo e armatore di 96 anni, durante la presentazione del libro di Tommaso Gaudio, “Come nasce un peschereccio” (Edizioni Quindici). Salvemini ha aff ermato che ciò che si sta realizzando a Molfetta è uno scempio e il porto, un tempo considerato sicuro, ormai non lo è più. “In passato - ha continuato - con mare forza 10 gli ormeggi in porto erano sicuri, mentre ora basta molto meno per mandare tutto all’aria”. A saperlo, molto bene, sono gli armatori e i pescatori che per voce di Francesco Minervini, presidente dell’Assopesca e referente di Federpesca per Molfetta, si dicono molto preoccupati per la situazione. Proprio l’Assopesca, infatti, è stato uno dei soggetti a presentare questo grosso problema alle istituzioni. Ma la barca, che mai come in questo momento è in acque tempestose, purtroppo è particolarmente aff ollata, dato che oltre ai suddetti, ad essere interessato dai “guasti del porto”, è l’intero settore della nautica da diporto molfettese e in determinate condizioni meteo, non troppo remote, lo saranno anche le grandi navi mercantili. “Ad alcune nostre barche – così dice Pasquale Sciancalepore, presidente della sezione molfettese della Lega Navale Italiana a Quindici, – sono saltate persino le bitte”. Tempo fa nell’ennesima notte insonne ad una barca a vela di 47 piedi, attraccata, è saltata una cima da 32 millimetri. Ora il proprietario ha preferito portare in acque più tranquille la sua imbarcazione da 350.000 euro, che rischiava di schiantarsi sulle strutture per l’ormeggio, e come lui hanno fatto molti altri armatori. A poppavia, alle spalle, lasciano due moli, quelli della Lega Navale, evidentemente danneggiati e ormai semivuoti. “Noi abbiamo costruito questi moli con un sovradimensionamento delle catene di sicurezza ma questo non è bastato”. La furia del mare ha sollevato e danneggiato blocchi in cemento armato e polistirolo da decine di quintali per mezzo di barche che hanno urtato violentemente. I danni sono stati calcolati, al momento intorno agli 80.000 euro “ed il Comune non si è assolutamente interessato”. Alla Lega Navale fa eco l’Ippocampo, circolo del diporto confi nante con la LNI, che sta già spendendo 5.000 euro per un primo recupero dei corpi morti che si sono dispersi in seguito alle mareggiate. Leonardo de Giglio, presidente, racconta di quattro posti barca vuoti al loro molo (cosa mai accaduta), perché i proprietari hanno deciso di portare via i loro natanti. Un ingegnere, Nino Sasso, iscritto alla LNI, assicura che il peggio potrebbe, e dovrebbe, ancora arrivare. “Il problema sono i venti dal primo quadrante che fi no ad ora hanno spirato solo per poche ore pur provocando tutti questi danni”. Ma l’allarme è lanciato: se tali venti, come è probabile, spirassero per 24 – 48 ore “allora ci sarà da correre e guardare un disastro”. Si guarda con preoccupazione, infatti, ai moli di fronte al mercato ittico, costruiti dal Comune e per i quali, da 10 anni a questa parte, non è stata fatta mai fatta nemmeno la manutenzione ordinaria. Questi moli potrebbero staccarsi e galleggiare nel porto. C’è preoccupazione anche per i mercantili eventualmente attraccati nel porto, che potrebbero rompere gli ormeggi, oltre alle decine di pescherecci, per fi nire alle già citate barche da diporto. Insomma, enormi danni materiali, economici e sociali. “L’ultima volta – racconta il fi glio di un armatore – mio padre è stato svegliato da uno dei guardiani nel porto, non era mai successo. E’ andato nel cuore della notte a mettere la nostra nave da pesca in rada, al centro del porto, perché rischiava di distruggersi sulla banchina”. Ovviamente questa non può essere una soluzione generalizzata, perché non ci sarebbe neanche lo spazio materiale. Proprio per trovare una via d’uscita, tali problemi sono stati esposti in due riunioni svoltesi presso gli uffi ci comunali con la partecipazione dei soggetti interessati. “Molte chiacchiere e pochi fatti – così dicono i responsabili della LNI a Quindici – e avevano promesso entro due settimane la costruzione di uno scivolo, alla radice del molo pennello, per ridurre la risacca almeno in quella zona. Costo dell’operazione dai 5.000 ai 6.000 euro. Sono passati due mesi ed ancora nulla”. Del resto tale opzione ha dubbia utilità, ma d’altro canto “non era presente nemmeno la Regione, comunque interessata trattandosi di demanio”. All’Assopesca, del resto, sostengono che l’altra “soluzione” data è quella un’improbabile accelerazione dei lavori, al fi ne di completare il porto e azzerare il problema alla radice. La questione, la grande risacca che ora si crea all’interno, infatti, dovrebbe risolversi con il prolungamento della diga foranea che, però, dovrebbe svilupparsi proprio nella zona dove è in corso lo sminamento: “un’area di 84.900 metri quadrati dove si opera a 15 metri di profondità con una visibilità media tra i 30 ed i 40 centimetri. Non proprio una passeggiata, insomma”, così dice de Giglio. Il tutto, se i tempi fossero rispettati, potrebbe concludersi nel 2014, ma è cronaca acquisita, dopo lo scoop di Quindici, il maxi-risarcimento alla CMC proprio per il ritardo nei lavori. Si parla di almeno quattro anni, quindi, a fronte di una situazione praticamente insostenibile adesso, c’è il rischio che, di qui a soli due anni, di mettere in ginocchio i due circoli del dipor-muovono un volume d’affari annuale da 600.000 euro, creando posti di lavoro: i guardiani sarebbero licenziati, appaltando opere di manutenzione alle aziende locali. L ’ i n g . Nino Sasso, del resto, ha ipotizzato egli stesso una soluzione: la costruzione di un frangifl utti nei pressi del faro bianco, lunghezza intorno ai 200 metri e costo dell’operazione dai 500.000 ai 600.000 euro per il solo posizionamento “poi bisognerà contare la demolizione a lavori del porto ultimati”. Il progetto è stato fatto protocollare anche al Comune, che, però, non ha neanche preso in considerazione la proposta che, pur risolvendo la situazione, andrebbe ulteriormente ad intaccare il bilancio per lo spazio porto. “Nel Palazzo, dove parla solo chi è qualcuno – aggiunge Sasso –, non si rendono conto della gravità della situazione e a suo tempo vennero a dare un’occhiata la mattina alle 10, con mare calmo e non alle 6 del mattino, quando tentavamo di mettere le imbarcazioni in sicurezza”. Quel giorno c’era un uomo in lacrime che non poteva far nulla per portare via il suo peschereccio che urtava la poppa alla banchina, “sto aspettando il sindaco”, aff ermò in un momento d’ira. Persino la draga, quella piccola che non può ancora operare per le bombe, fu spostata nottetempo, perché stava per staccarsi dalla banchina, per essere posizionata in acque più tranquille vicino alla chiesa della Madonna dei Martiri. Si guarda con preoccupazione e rabbia proprio in quella direzione, per rifl ettere su una mossa tanto miope, quanto costosa, che incrina ancora una volta la credibilità dell’intero progetto.

Autore: Sergio Spezzacatena
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