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Pino de Candia lascia il Pd. Abbattista: scelta poco chiara e non coerente
15 giugno 2011

Una dichiarazione inaspettata. Nel Consiglio comunale dello scorso 30 maggio il consigliere Pino de Candia ha dichiarato la propria indipendenza politica rispetto al Pd, con cui alle elezioni amministrative del 2008 (candidato sindaco Mino Salvemini) aveva ottenuto 442, secondo solo a Giovanni Abbattista, oggi segretario del partito. In questi 3 anni di governo Azzollini, diverse sono state le defezioni. L’attuale consigliera di maggioranza Adele Claudio (la più suffragata per la lista De Cosmo per Molfetta), che prima appoggiò la coalizione di centrosinistra e, dopo la sconfitta, passò nella schiere azzoliniane. I consiglieri Carmela Minuto e Francesco Mangiarano (subentrato a Pino Amato), che, rispettivamente seconda e terzo nell’Udc per le elezioni del 2008, hanno manifestato uno spudorato assenso politico ai provvedimenti dell’amministrazione Azzollini. Rotto il patto politico con gli elettori, sono stati cacciati dall’Udc. Maggioranza allargata? Il consiglio dello scorso 13 giugno sembra non lasciare dubbi: de Candia ha votato a favore per il rendiconto di gestione 2010, plaudendo all’operato dell’amministrazione Azzollini, nonostante le falle rilevate dal consigliere Mino Salvemini (Pd). Favorevole anche all’ordine del giorno del consigliere di maggioranza Angelo Marzano (Pdl) per la crisi agricola scatenata dal batterio killer, scartando quello del consigliere Saverio Patimo (Pd) che chiedeva un’erogazione economica del Comune di Molfetta, dopo l’approvazione dell’avanzo di amministrazione. Quindici ha intervistato Giovanni Abbattista, segretario del Pd, che ribadisce come De Candia abbia manifestato in questa scelta poca coerenza politica, senza mai manifestare il suo malessere agli organi di partito. Qual è stata la reazione del Pd, dopo le dichiarazioni d’indipendenza politica di Pino de Candia? «Abbiamo potuto apprendere la decisione del consigliere de Candia solo con la lettura delle sue dichiarazioni in Consiglio comunale. Tutti i consiglieri del Pd sono rimasti molto sorpresi per questa inopinata scelta, dal momento che non era mai stato manifestato, ai competenti organi di partito, questo suo presunto malessere. Credo che quando un consigliere pensa di assumere delle decisioni politiche così importanti sia necessario un passaggio all’interno del partito, al fine di capire se ci sono i margini per risolvere le eventuali problematiche che lo inducono ad una scelta così dirompente. Non è possibile che il segretario del partito debba prendere atto della fuoriuscita di un consigliere, solo quando quella decisione è comunicata all’esterno. Perciò, consideriamo deprecabili non sono soltanto le modalità con cui è stata formalizzata questa decisione, ma anche le ragioni di merito addotte». Soffermiamoci, dunque, sul merito delle dichiarazioni del consigliere de Candia, che ha accusato il Pd di essere debole e lontano dai reali bisogni dei cittadini. «Io credo che questa sia una dichiarazione di circostanza, in puro stile politichese, che non ha nessun riscontro nei fatti e, per questo, del tutto priva di fondamento. Devo ricordare che alle elezioni amministrative del 2008 il Pd si è attestato come secondo partito a Molfetta e come prima forza politica dell’opposizione, con 6mila voti. Alle scorse consultazioni politiche, il Pd ha ottenuto a Molfetta quasi 10mila voti, dimostrando di avere un forte radicamento sul territorio, mentre alle provinciali del 2009 è stato il secondo partito della città. Ricordo al consigliere de Candia, infine, anche l’ottimo risultato elettorale ottenuto dal PD alle elezioni regionali del 2010 che hanno portato all’elezione di Guglielmo Minervini e alla sua conferma come assessore regionale. Non è possibile pensare che un partito capace di questi numeri, non sia radicato sul territorio. Il consigliere de Candia avrebbe fatto molto meglio, in un sussulto di onestà intellettuale, a manifestare con chiarezza le reali motivazioni che lo hanno indotto a questo gesto, piuttosto che gettare discredito sul partito di cui ha fatto parte in questi anni, senza contribuire affatto, ad onor del vero, alla sua crescita in termini di proposte o iniziative politiche. Voglio dire al consigliere De Candia che la politica, per non essere distante dai cittadini, ha bisogno innanzitutto di esprimersi con coerenza, caratteristica questa da lui stesso non testimoniata in questa occasione, come forse anche in altre». In questi 3 anni non c’è stata molta coerenza tra gli schieramenti politici in consiglio. Prima di Pino de Candia, sono usciti dall’opposizione, per poi passare alla maggioranza, i consiglieri Adele Claudio, Carmela Minuto e Francesco Mangiarano. «Sono decisioni che, per quanto legittime, tradiscono di fatto il mandato elettorale dei cittadini. In questo modo non si fa altro che aumentare quella disaffezione nei confronti della politica da parte degli elettori che vorrebbero, invece, avere risposte concrete ai loro problemi, piuttosto che assistere a certi passaggi da uno schieramento all’altro. Ad esempio, la consigliera Claudio ha appoggiato la coalizione di Mino Salvemini, candidato sindaco del centrosinistra nel 2008, pur militando in un movimento politico moderato. Una posizione, la sua, di radicale opposizione al senatore Antonio Azzollini, cestinata subito dopo la sconfitta del candidato Salvemini. Stesso considerazione per la consigliera Minuto, strenua sostenitrice di una alternativa politica ad Azzollini, ma anche lei, come Mangiarano, dopo la sconfitta del centrosinistra, ha cambiato opinione senza che se ne conoscano le reali motivazioni. Credo che queste forme di trasformismo rappresentino il vero male della politica attuale». Si può già parlare di maggioranza allargata a Pino de Candia, dopo l’ultimo consiglio? «Non possiamo dirlo con certezza, ma il consigliere de Candia, dopo la dichiarazione d’indipendenza, ha subito votato provvedimenti proposti dall’attuale maggioranza di centrodestra. Questo ci lascia ovviamente perplessi, ma le effettive ragioni le comprenderemo solo nei prossimi mesi. Capiremo, insomma, se la sua fuoriuscita dal Pd sia, in realtà, un banale salto sul carro del vincitore o la determinazione di chi vuole comunque restare all’opposizione».

Autore: Marcello la Forgia
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