MOLFETTA - Non ho pagato il biglietto al concerto di Pino Daniele (svoltosi ieri sera all’anfiteatro di Ponente di Molfetta a cura della Fondazione Valente e dell’amministrazione comunale). E come canta Giuseppe Daniele, detto Pino “oggi voglio parlare”. Lo dichiaro pubblicamente adesso perché non sono riuscito a farlo davanti alla telecamera puntata all'ingresso del concerto per cogliere la smorfia di chi, a sentire il megafono, doveva forse vergognarsi di aver pagato quasi 60 euro per assistere al concerto di un cantautore che ha venduto nella sua carriera milioni di dischi.
Non ho pagato il biglietto perché appartengo a quella casta di fortunati che quando va a un concerto o a una partita poi deve tornare a casa per raccontare quello che è accaduto dentro, a chi stava fuori; e fuori a chi stava dentro o è rimasto a casa. E per essere liberamente criticato da chi poi legge gratuitamente il risultato del tuo lavoro.
Non ho pagato il biglietto, ma non per questo dirò per forza di cose che il concerto è stato un successo. Lo lascio dire alle oltre mille persone che hanno tributato una standing ovation a chi si è esibito due ore sul palco toccando musicalmente tutte le tappe della sua trentennale carriera: da Terra Mia fino alla Grande Madre.
E questo un cronista deve raccontarlo, come le 40 rumorose biciclette (10 per la questura) piazzate all'ingresso del concerto, reduci dalla critical mass che ha coinvolto anche ciclisti di Trani e Bari, ignari della doppia finalità del fare massa critica. Da “noi siamo il traffico” di San Francisco, a “noi siamo la cultura” retropensiero critical in salsa molfettese. In una forma di protesta che è servito ancora una volta a dividere dentro/fuori, i buoni dai cattivi, i fischi dagli applausi, la cultura dalla musica.
E invece no, il suono dei campanelli non arriva all'interno quando si spengono le luci e l'uomo in blues, accompagnato da Omar Hakim alla batteria, apre il concerto e poi scalda la platea alternando sapientemente medley di alcuni dei suoi brani più noti alle nuove canzoni. Pino Daniele ha saputo dare vita alla “nuova canzone napoletana” e poi approdare a sperimentazioni musicali con sonorità internazionali, sempre fuggendo da canzoni forzatamente impegnate. Ma se il risultato è Anna verrà, meglio così. E poi Che male c'è a incantare il pubblico con le note romantiche del suo rhythm and blues.
Immancabile Napule. E già Napule... che non è molto diversa da Molfetta, entrambe città del sud logorate da contraddizioni.
Come partecipazione e trasparenza. Parole di un'altra cultura politica, che non serve gridare in faccia a chi non le sa tradurre nel suo vocabolario di governo della città. Nel capoluogo partenopeo le associazioni e i movimenti hanno saputo parlare alla città dimostrando di poter arrivare al cambiamento, nella Nostra sembra ancora un miraggio.
La prossima estate molfettese non è lontana, ma per arrivarci servirà passare da una primavera che non confonda i cancelli di un concerto con quelli di una fabbrica.
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