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Piano dell'agro e conflitti di interessi, sprechi del Comune e arresti all'Asm nel numero di “Quindici” in edicola
25 marzo 2011

MOLFETTA - E’ in edicola da alcuni giorni, il nuovo numero di marzo della rivista Quindici (nella foto, la copertina di Francesco Mezzina), il mensile leader che fa opinione a Molfetta, completando così il panorama informativo offerto ogni giorno con Quindici on line, il primo e più diffuso quotidiano in internet di Molfetta, con argomenti diversi e più approfonditi del giornale web.

L’editoriale del direttore Felice de Sanctis: La corte dei miracoli, parla del variegato e modesto mondo di personaggi che circondano il sindaco Antonio Azzollini procurandogli più danni che consensi con le loro improvvisate di infimo livello. La corte dei miracoli sostiene il capo riconoscente per aver dato loro qualche poltrona o qualche prebenda.
Marcello la Forgia torna sul tentativo dello stesso Azzollini di far passare nel Milleproroghe il decreto salvapoltrona che, in caso di elezioni politiche, gli avrebbe evitato di dimettersi da sindaco. Purtroppo il tentativo non è riuscito.
Sul piano dell’agro le opposizioni sparano duro: troppi nei e conflitti di interessi. Nicola Squeo ci parla dei predoni della terra.
Un’esclusiva di “Quindici”, la cava dei misteri: cosa succede nella discarica di Coda della volpe? Intanto all’Asm, blitz all’alba: arrestati un funzionario e due dipendenti.
Per l’economia: Impresa e mercati, l’esperienza dell’oleificio “Goccia di sole” di Francesco del Rosso.
Nelle pagine di politica c’è sempre l’ironico Petrus Caput Hurso con la rubrica Scherziamoci su.
Porto, il primo dragaggio: ma i 7,8 milioni di euro? E le indagini della Procura? Troppi interrogativi senza risposta che propone Marcello la Forgia.
Argomento sempre di attualità quello delle strade, groviere che sprofondano, mentre sembrano scomparsi i 3 milioni di euro promessi per la bitumazione.
Non manca un viaggio negli sprechi dell’amministrazione, questa volta parliamo delle provvidenze comunali con Domenico Valente.
Ancora una visita di Giovanni Angione al Parco di ponente chiuso, ma non per i vandali, che continuano a fare scempio, altro esempio di spreco e scarsa cura del patrimonio pubblico, che richiederà altro denaro per essere rimesso a nuovo.
La Caritas presenta anche quest’anno il suo Dossier povertà, ve ne diamo un’anteprima che conferma come ci sia una forte crisi e come le famiglie siano sempre più indebitate a Molfetta.
La manifestazione delle donne, a difesa della loro dignità, è stata un successo. Donne in piazza: se non ora, quando? Cronaca e immagini dei partecipanti.
Per la cultura un articolo di Marco de Santis in linea con i festeggiamenti dei 150 anni dell’unità d’Italia: Risorgimento e identità nazionale. Mentre Corrado Pappagallo ci racconta la festa del cinquantenario dell’unità d’Italia a Molfetta nel 1911.
In vista della Pasqua, si conclude la pubblicazione a puntate del gergario delle processioni della Settimana Santa, di Angelo e Gennaro Gadaleta. Con il prossimo numero di aprile ci sarà il libro che raccoglie testi e foto del Gergario. Sempre in tema quaresimale l’articolo di Giovanni del Vescovo sul Christus di Antamoro proiettato a Molfetta nel 1917. Spazio anche alla performance di Giulio Bufo all’Arci.
Gianni Palumbo propone la recensione del libro “La conoscenza in una società libera, scritto da Mario Centrone, Vito Copertino, Rossana De Gennaro, Massimiliano Di Modugno e Giacomo Pisani redattore di “Quindici”.
Vi raccontiamo anche l’interessante convegno organizzato da Polje sulla nitriera e viaggiatori del Pulo.
Infine Gabriella Abbattista di “Quindici” racconta la sue esperienza al progetto Ue x Te, a scuola con l’Europa.
E per concludere le consuete pagine di sport.
Come si vede, un numero, quello in edicola, molto ricco di contenuti e temi interessanti con tanti argomenti che vi terranno compagnia per un mese di piacevole lettura, con approfondimenti che spaziano dalla cronaca alla politica, dall'economia all'attualità, dalla cultura allo sport.
Quindici: quello che gli altri non dicono, Quindici: la rivista che si sceglie in edicola.
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Mr. "di parte" quindici non ha una visione del giornalismo totalitaria e totalizzante, ha pubblicato nel recente passoto e continua farlo, anche contributi esterni, lettori che hanno scritto, sui più svariati argomenti, portando all'attenzione dei lettori tutti aspetti, fatti, notizie a volte molto interessanti, nella rubrica "un lettore ci scrive". Ma le dirò di più, quindici ha offerto a questi lettori, lo stesso identico spazio che occupano normalmente gli articoli dei giornalisti e dei collaboratori, scelta coraggiosa, perché nessuno ha il coraggio di far questo in città, ma soprattutto nessuno ha il coraggio di pubblicare i commenti, di aprire un forum. Piaccia o non piaccia, ad oggi, è così. Le altre testate non hanno avuto il coraggio di aprire forum liberi, e di pubblicare commenti, e contributi esterni in maniera così ampia come ha saputo fare quindici in tutti questi anni. Mi consenta, come direbbe, un famoso utilizzatore nazionale di giovani gnocche, ma gli altri non hanno ancora raggiunto (e non penso la raggiungeranno mai), un livello tale di robustezza di attributi, per varcare il Rubicone. C'è una grande differenza tra l'attività di velinaggio, e il giornalismo, la cronaca che costa, alle volte, anche in termini di incolumità non solo giuridica, ma personale. Non abbiamo capito a cosa e a chi lei si voglia riferire... a che azienda ella sta alludendo. Compensi allora questa lacuna o presunta carenza di quindici, che ripeto, non ha una visione totalitaria e totalizzante del panorama informativo. Ma soprattutto, Mr. "di parte", lo scriva, il contributo, ma se lo firmi, altrimenti stia zitto che è meglio, e non spari proditoriamente, nascondendosi alla stessa maniera di un cecchino! Ci faccia capire se dietro la sua maschera c'é qualcosa oppure il nulla! Da questa parte, abbiamo già ampiamente dimostrato il contrario. A buon intenditor...



Caro lettore anonimo e un po' vigliacco, soprattutto quando getti il sasso e nascondi la mano. E' facile criticare e diffamare nascosti dietro l'anonimato, come fanno abitualmente molti lettori di un blog cittadino che nasconde, però, le verità scomode e non parla di vicende in cui è coinvolto il gestore del sito. Quindici è assolutamente trasparente, libero e non di parte e questo dà fastidio e crea invidie. Le vicende giudiziarie, tra l'altro ampiamente superate e chiarite dall'impresa molfettese di cui parla il lettore, sono state pubblicate sul quotidiano web “Quindici on line”. L'anonimo è in perfetta malafede, sa che queste notizie sono state pubblicate sul sito, che tra l'altro ha sicuramente molti più lettori della rivista, ma volutamente non lo dice per colpire “Quindici”, giornale libero e senza padroni che non siano i suoi giornalisti e i lettori. Chi legge “Quindici” sa bene che le notizie pubblicate sul giornale on line non solo le stesse che trova sulla rivista in edicola, sarebbe un inutile doppione, ma sa anche che le notizie di cronaca si esauriscono in rete e non vengono riproposte (tranne rare eccezioni) sulla rivista mensile. Caro anonimo, la prossima volta prima di scrivere, pensaci, anche se ti nascondi dietro l'anonimato (mentre noi siamo assolutamente trasparenti, andiamo a testa alta e a viso aperto, perchè abbiamo il coraggio di firmare con nome e cognome: questo non lo dicono i denigratori che si nascondo dietro falsi nomi) hai fatto ugualmente una brutta figura, come i tuoi pari, che meritano il disprezzo di tutti i frequentatori di questo forum indipendente, soprattutto di quelli più seri che hanno il coraggio di firmarsi e di dimostrare di essere veramente liberi.





1°Parte. - “La moglie di Cesare non solo non deve essere colpevole, ma nemmeno sfiorata dal sospetto. Figuriamoci Cesare stesso. Se la stessa cosa fosse accaduta ad un assessore del centrosinistra, sarebbe stato massacrato, con richiesta di dimissioni. (?) - Un flashback per risentire l'eco provocatoria di Beniamino Andreatta (si parlava della riforma della scuola): “Il fatto e che nessuno ha mai voluto aggredire la vera struttura corruttiva della società italiana, la classe scolastica. Questi ragazzini che vengono addestrati, nei comportamenti quotidiani, a sviluppare una mentalità mafiosa, fatta di complicità contro le istituzioni…una solidarietà omertosa, in cui l'obiettivo è dato dall'ingannare l'uomo o la donna che è in cattedra…. e dove gli individui, anziché perseguire il loro scopo, cioè primeggiare per merito, si coalizzano per lucrare il massimo risultato con il minimo sforzo…tradendo ogni principio etico individuale, la trasparenza dei comportamenti, la franchezza, l'onestà, il libero confronto, l'assunzione di responsabilità”. Ora che la classe, la quinta A o la terza B, sia la matrice di un generale spirito anticivico poteva sostenerlo uno spirito come Andreatta, abituato a concedere tutto all'”agudeza” tutto il possibile. Come ogni spiegazione monocausale, ha il fascino del paradosso. Si potesse dimostrare che le mappe mentali sulle quali si orientano gli italiani sono disegnate dalle abitudini apprese nel gruppo chiuso della classe, si sarebbe già trovato l'antitodo. Basterebbe spalancare leporte delle aule, far entrare l'aria fresca della libertà, disgregare e riunire le mafie infantili e adolescenziali in funzione di coesi e lezioni, spiegando che proprio così funziona la scuola anglosassone, maestra di empirismo e democrazia, e il problema sarebbe risolto. Basta con le furbizia tra complici, il tirare a fregare il collettivo, le dissimulazioni di gruppo, le coalizioni indecenti e i silenzi mutriosi contro l'unica autorità presente. (continua)

2° Parte. - Ma qualcosa ci dev'essere, di vero. Qualche tempo fa, nel 1991, Arturo Parisi, che prima di praticare la politica era forse il migliore sociologo italiano (migliore perché autenticamente tocquevilliano, capace di eleborare interpretazioni sociali per tutto l'arco della giornata, su qualsiasi fenomeno o processo gli si presentasse davanti, macro o micro), scrisse per la rivista “il Mulino” un breve saggio intitolato “Compagni che copiano”. Parisi prendeva le mosse dal racconto di un amico, tornato in Italia dopo un lungo periodo di studio in una università californiana: “Osservando smarrito il nuovo clima che dominava le nostre aule, le stesse che erano state le sue fino a pochi anni prima, confrontava l'inattesa sensazione di spaesamento con quello provato nel primo confronto con la realtà americana: emblematico della diversità del “nuovo mondo”. Durante uno dei primi esami uno studente si era alzato in piedi in piedi e aveva tranquillamente denunciato al professore che assisteva alla prova uno studente a lui vicino che copiava il compito di un altro. Il tutto senza che fosse possibile registrare tra gli altri studenti, né sul momento, né dopo, alcuna sorpresa o segno di disapprovazione per l'accaduto. Un episodio banale e un avvertimento circa la profonda diversità dei riferimenti etici e normativi del nuovo ambiente”. La diversità americana va posta in relazione con la norma etica dominante in Italia, secondo cui “è male copiare, ma è peggio fare la spia”. Una serie di deduzioni logiche entusiasmante nella loro concatenazione: “farsi i fatti propri”; “truffare la Stato non è reato”; “né con il professore né con il truffatore”. Parisi conclude che la nostra scuola dà “un contributo positivo aggiuntivo ai valori di cinismo politico e di slealtà istituzionale trasmessi dalla famiglia e dalla società nel suo complesso”. – (Post Italiani – Edmondo Berselli) - (fine)

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