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Perché qui? Un silenzio colpevole
15 ottobre 2024

La città si è svegliata sgomenta domenica mattina 22 settembre con la notizia della sparatoria al lido Bahia Beach, che ha provocato la morte di Donatella Lopez, una ragazza di 19 anni, vittima innocente di un regolamento di conti a sfondo mafioso e il ferimento di altri quattro giovani. Ancora una volta Molfetta è nella cronaca negativa nazionale su giornali, tv, social e quant’altro, come già accaduto a Capodanno. L’allarme sicurezza spesso sottovalutato, torna prepotentemente a Molfetta e anche il sindaco Tommaso Minervini si rattrista, si preoccupa e si interroga: “abbiamo necessità di sapere perché proprio qui”. Ecco perché, come molte volte abbiamo sostenuto, occorre analizzare subito la situazione della criminalità del territorio per capire a quale livello sia arrivato il fenomeno e se ci possono essere infiltrazioni mafiose e con quali collegamenti con i clan baresi. Il procuratore capo della Repubblica di Trani, Renato Nitti, qualche anno fa, in un convegno del Rotary, organizzato da chi scrive, lanciò l’allarme: “Molfetta, è terra di mafia”, una preoccupazione forse sottovalutata, in una città che pure ha visto l’uccisione del sindaco Carnicella per essersi opposto alla criminalità. Oggi siamo a questi fenomeni e ci chiediamo il perché. E’ compito delle forze politiche attivarsi e interrogarsi per analizzare la situazione e trovare i possibili rimedi: ecco perché in questo numero di “Quindici” trovate alcune interviste sul tema. Più volte i partiti dell’opposizione di centrodestra e centrosinistra all’amministrazione delle liste civiche, hanno chiesto di convocare la riunione del Comitato per il monitoraggio dei fenomeni delinquenziali. Ora non ci sono più alibi e forse la commissione potrebbe rispondere alla domanda del sindaco “perché proprio qui?”. I cordogli passano, l’emergenza criminalità resta. Occorre ricordare alcuni precedenti episodi di cronaca nera, per comprendere come l’allarme sicurezza sia stato sottovalutato. A cominciare dagli atti di vandalismo in pieno centro a Capodanno: anche in questa occasione Molfetta è diventata tristemente famosa a livello nazionale. Poi c’è stato l’omicidio di Dario De Gennaro di 23 anni, accoltellato in casa. Ancora lo “spettacolare” assalto al bancomat della Bnl fatto saltare con l’esplosivo: i malviventi non si sono minimamente preoccupati di operare in pieno centro. E infine l’omicidio Lopez con il coinvolgimento di famiglie della criminalità barese in lotta fra loro. Le discoteche non sono più sicure, come conferma la deposizione del colpevole dell’omicidio, che ha dichiarato di essere andato armato al Bahia, perché le discoteche sono sempre il rischio. E la vigilanza esterna? Secondo gli inquirenti, in alcuni casi si tratta di personale reclutato fra la stessa malavita. E i controlli sono insufficienti. Del resto la diffusione sul litorale di Molfetta di lidi balneari, che spesso la sera si trasformano in discoteche (ma ci sono le relative licenze per esercitare il pubblico spettacolo? Il Comune vigila in merito?) non appare giustificata. Non è certamente il caso dei nostri locali, ma la cronaca registra spesso la possibile diffusione di droghe all’interno degli stessi, dove i giovani si sballano e le bande criminali si affrontano a colpi di provocazioni e qualche volta ci scappa la sparatoria e la vittima innocente. «La violenza, che sia fisica o verbale, è diventata una forma di affermazione di sé stessi, di prevaricazione degli altri, di manifestazione della propria rabbia sociale, di rivendicazione di presunti diritti, di disconoscimento delle Istituzioni e delle regole di convivenza sociale», scrive preoccupata la Consulta diocesana delle aggregazioni laicali. L’amministrazione comunale invece di chiedere “perché qui?” dovrebbe analizzare il sottobosco criminale che si sta formando, con la conseguente paura della popolazione per una città sempre più insicura. Quali sono stati i rimedi? Solo armare i vigili urbani, trasformandoli in sceriffi con la pistola, ma non impegnati nei servizi di vigilanza notturna. E così si dà alla malavita l’impressione di avere il controllo del territorio. Come è stato detto nel corso di un recente dibattito a Molfetta organizzato da Sinistra italiana, quando si spengono i riflettori della cronaca, tutto sembra tornare normale, ma il sottobosco continua a vegetare. In una città dove la qualità della vita si abbassa sempre di più e dove il cemento la fa da padrone (c’è da chiedersi come mai si costruisca tanto, quando la popolazione diminuisce, i giovani vanno via per lavoro o le famiglie si trasferiscono nei Comuni vicini?). Dal punto di vista economico (se non si vogliono fare altre ipotesi) il boom edilizio non è spiegabile, soprattutto quando non c’è mercato. E che dire dei furti di auto? Sono diventati la normalità, non fanno più notizia, è roba per le assicurazioni, che rincarano le tariffe. Il riciclaggio del denaro sporco è un fenomeno di cui preoccuparsi, oppure riguarda solo certe famiglie e non l’intera popolazione? Per riciclare il denaro, occorrono gradi complicità, anche a livello di colletti bianchi. Non si può pensare che la camorra barese non estenda la sua attività anche nella provincia metropolitana. Perfino il turismo, come è stato sottolineato nel convegno citato, ha alimentato la criminalità, pompando anche denaro sui piccoli esercenti, abbagliati da una falsa facile ricchezza, con la complicità di professionisti che hanno permesso alla malavita di fare il salto di qualità. L’assenza di regole, ha fatto il resto, permettendo una movida spregiudicata (di molti locali, tra l’altro, non si conosce la proprietà). Si ha l’impressione che la criminalità si stia riorganizzando a livello locale, anche attraverso le nuove leve, i cosiddetti “rampolli”. Anche i social sono inquinati da contenuti mafiosi, con la necessità di affermarsi con l’uso della violenza. Procurarsi la droga è diventato facilissimo e poco rischioso: te la portano anche a domicilio, senza rischi di spaccio per strada: è come una sorta di Amazon dell’acquisto sicuro: si possono perfino di scegliere gli aromi e magari restituire il prodotto difettoso o non corrispondente alla richiesta. Siamo all’industria criminale. Telegram è diventato uno di questi canali che sfuggono ai controlli. Esistono comportamenti di chi non vede, non denuncia, non sa, o di chi non vuole caparbiamente sapere. Si tratta di scelte “giuste o di comodo” che sono quotidianità, ma che alimentano un sistema mafioso o mafiogeno. Le carenze educative familiari e sociali, mettono i nostri giovani sempre più a rischio. La trasgressione oggi non è più l’innocente ribellione con l’occupazione scolastica sessantottina, ma l’uso di droga e il comportamento violento. E’ l’idea sociale prevalente, contro la quale si fa poco o si sottovaluta la portata. Che male c’è a fumare una canna? Oggi i giovani sono soli in una strada buia e deserta e quando se ne accorgono è troppo tardi. Molfetta ha perso l’occasione per diventare una città migliore, oggi è una città spenta, brutta e invivibile: chi la ama veramente deve avere il coraggio di dirlo, non far immaginare ai cittadini una realtà che non c’è, come fa il sindaco, che, con la complicità del presidente del consiglio comunale, non convoca il comitato del monitoraggio dei fenomeni criminali. Tanto a che serve? Non può certo cambiare la situazione, anzi potrebbe far venire fuori qualche verità scomoda. Ecco un nuovo appellativo per il sindaco: Tommaso il temporeggiatore. Ma la città aspetta risposte concrete, ogni indugio potrebbe aggravare la situazione e risulterebbe politicamente colpevole. Perché qui? Per l’indifferenza diffusa. © Riproduzione riservata

Autore: Felice de Sanctis
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