Pareidolia
Tirò un sospiro di sollievo: la piccola volpe era ancora lì, il suo musetto spuntava fuori dal cespuglio di una pianta non identificabile. Girò intorno lo sguardo: anche teschietto era al suo posto, così piccolo, così tenero. Sembrava sorridesse. La bellissima principessa non si vedeva più, al suo posto un Cavaliere, certo un Templare. La donna sarda, l’aveva denominata così, con quel volto duro, solo due occhi e una bocca come due macchie scure, era sempre lì, e così il cavallo, se ne vedeva solo la testa abbassata nella corsa e la criniera folta mossa dal vento. Ma forse era un ippocampo… “Ma perché sta tanto tempo in bagno?” chiese la madre, preoccupata, al padre. “Non preoccuparti, è troppo piccolo per quello che temi tu. Si sarà portato uno dei suoi albi di Topolino”, rispose lui ridendo. “No, ho guardato quando lui era a scuola, non c’è niente”. “Poi guardiamo insieme”, disse lui rassicurante. In quel momento il ragazzino uscì dal bagno, con il suo sorriso innocente e un bel sorriso sulle labbra. “Ho fatto tardi, devo sbrigarmi, farò colazione per strada”, disse afferrando il cornetto che era sul tavolo e bevendo due sorsate di latte. “Mi raccomando, – disse la madre – sta attento in classe e non stare sempre con la testa fra le nuvole!”. Già, le nuvole! “Che bella, sembra un drago!”, pensò il ragazzo uscendo dal portone e guardando una grande nuvola bianca sul palazzo di fronte. Appena fu uscito, padre e madre si precipitarono nel bagno: una accurata ispezione rivelò che tranne asciugamani, shampoo e saponi non c’era altro. Il padre continuò a guardarsi intorno, guardava pensieroso il pavimento variegato, a macchie irregolari, poi scoppiò in una fragorosa risata battendosi una mano sulla fronte: “Ecco cos’è, pareidolia”. “Santo cielo! – disse la madre sbiancando – È grave? Dobbiamo fargli fare delle analisi? Ricoverarlo?”. “Ma no, – il marito continuava a ridere – è solo l’illusione di vedere in forme reali incomplete, immagini dotate di nitidezza, come quando guardando le nuvole si ha l’illusione di vedere, montagne, animali. Lui guarda il pavimento e fantastica”. “Va bene – disse la madre tirando un sospiro di sollievo – faremo mettere un parquet in tinta unita sul pavimento”. La Vernice della Mostra era stata un successo. Nelle Sale della grande, importante Galleria, un pubblico scelto, fra intenditori, collezionisti, visitatori, giornalisti e critici continuava a girare per le sale scambiandosi entusiastici commenti. I critici, per una volta, avevano espresso un giudizio unanime, tranne naturalmente quello che avrebbe criticato anche la Creazione, giudizio conforme al successo che i quadri ave vano avuto nelle Mostre precedenti, nelle grandi Capitali europee. Due giovano artisti erano vicini ad una delle grandi composizioni, fitte di linee che si intersecavano, che sembravano muoversi sulla tela, di audaci accostamenti di colore. “Che strano! – disse uno dei due che non riusciva a staccarsi dall’opera – Guarda, se osservi bene in questo intreccio di linee sembra di vedere il musetto di una volpe”. “È vero, intervenne l’altro – guarda qui in questo grumo di colore, non sembra un teschietto?”. Continuarono ad osservare e a scoprire sempre nuove forme che sembravano mutare sotto i loro occhi. “È eccezionale!”. Madre e padre uscivano dalla Galleria frastornati dal successo, dagli auguri, dai commenti. “È una fortuna che non abbiamo fatto mettere il parquet!”, disse la madre, mentre una lacrima di commozione le rigava una guancia. © Riproduzione riservata
Autore: Marisa Carabellese