Olio, all’Europarlamento linea italiana
La denominazione sarà quella del luogo di provenienza
Dopo tre anni di braccio di ferro tra l’Italia e l’Unione europea, il nostro Paese non è più solo a difendere l’olio exrtravergine di qualità, fortemente penalizzato negli ultimi anni, complice una normativa europea poco chiara che permette raggiri e contraffazioni. Emblematica la querelle sulla legge “made in Italy”.
Nel luglio ’98, in piena crisi dell’olivicoltura, il Parlamento vara una legge che riconosce come olio italiano, solo l’extravergine ottenuto da olive italiane. Una legge contestata dall’Ue (Unione europea), perché in procinto di varare il regolamento comunitario sulle denominazioni degli oli. La conseguenza fu l’avvio della procedura d’infrazione contro l’Italia.
Nel dicembre ’98 Bruxelles adottò il nuovo regolamento per il quale il luogo di origine dell’olio extravergine è quello dove è avvenuta l’ultima fase della trasformazione, indipendentemente dal luogo d’origine delle olive. Una decisione penalizzante per la nostra olivicoltura che spinse l’Italia a rivolgersi alla Corte di Giustizia Europea che però respinse il ricorso. Persa la battaglia legale, il confronto si spostò sul fronte politico, anche perché nel 2001 l’Ue dovrebbe decidere, nell’ambito della nuova Ocm (organizzazione comune di mercato), sulle questioni relative a classificazioni, denominazione d’origine e standard di qualità.
L’iter istituzionale della riforma prevede vari passaggi: indicazioni dell’Europarlamento che devono essere recepite dal Consiglio dei ministri agricoli dell’Ue e dalla Commissione europea (presieduta da Prodi) a cui spetta il compito di varare i regolamenti attuativi, dopo aver sentito il parere tecnico della Commissione per le materie grasse.
Le nuove proposte
Nello scorso mese di maggio, l’Europarlamento si è espresso per una riforma che recepisce gran parte delle istanze italiane e che, se attuate dall’Esecutivo comunitario, andrebbero a modificare radicalmente le norme attuali. In primo luogo c’è la volontà di legare il prodotto agricolo (olive) a quello trasformato (olio) e quindi, la denominazione deve essere riferita al luogo di provenienza della materia prima, e non più al posto dove è avvenuta l’ultima trasformazione. Tutto ciò dovrà essere evidenziato nell’etichettatura del prodotto: se l’olio è stato ottenuto utilizzando olive provenienti da Paesi diversi, lo si dovrà scrivere chiaramente, insieme alle relative percentuali.
Sul versante della qualità l’Europarlamento ha proposto la divisione degli oli d’oliva, in due grandi categorie: naturali e standar. I “naturali”, saranno gli oli che si otterranno dalla prima spremitura nel frantoio e saranno differenziati in extravergini (acidità tra 0,8 e 1 %) e olio d’oliva (acidità fino a 1,5%). Si chiameranno invece “standard” gli oli raffinati, cioè prodotti rettificati e tagliati con oli di sansa e lampanti aventi un’acidità superiore al 2 %. Inoltre saranno vietate le cosiddette “miscele”, cioè prodotti ottenuti dalla miscelazione di olio d’oliva con altri grassi vegetali come l’olio di nocciola e altri semi.
Le proposte avanzate dall’Europarlamento, recepiscono molte delle istanze degli olivicoltori italiani impegnati sul fronte della qualità, ma penalizzati da norme poco chiare. Certamente qualcosa è cambiato nell’ambito europeo. Le vicende del morbo della “mucca pazza” e un’opinione pubblica più sensibile alla genuinità dei prodotti alimentari, cominciano ad avere anche un peso politico ed economico. Inoltre alle posizioni italiane si sono avvicinati Paesi come Spagna, Portogallo e Francia che forse dopo decenni di politica quantitativa, cominciano ad individuare nei prodotti di qualità, l’unica arma di difesa dagli oli extracomunitari che premeranno nei prossimi anni sulle frontiere europee.
Certamente non sarà facile far recepire nelle varie Commissioni le indicazioni dell’Europarlamento. Le prime avvisaglie di quella che si annuncia come una dura battaglia, si sono avute nella Commissione dei ministri agricoli svoltasi a fine maggio, dove si è deciso un nuovo rinvio per la necessità di approfondire tutte le tematiche, che fuori del linguaggio politichese e diplomatico, significano contrasti e veti incrociati. Vedremo come andrà a finire.
Francesco del Rosso