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Oggi 25 aprile Festa della Liberazione dal fascismo e dalla dittatura della destra
25 aprile 2009

Oggi è la festa del 25 aprile che viene chiamata anche Festa della Liberazione, colgo quindi l'occasione per ricordare che la libertà non è un valore gratuito che esiste automaticamente o una condizione che si mantiene da sola. La libertà va difesa giorno per giorno: ancora oggi esistono persone e politici che non sempre agiscono nel rispetto della libertà e della democrazia e tutti noi dobbiamo tenere sempre alta la guardia se vogliamo custodire questo bene prezioso. La libertà è come l'aria: ci si rende conto che è essenziale solo quando manca, per questo l'anniversario della Liberazione deve essere solennemente celebrato, per non dimenticare mai ciò che i nostri padri avevano perso e rinnovare la nostra gratitudine verso coloro che hanno combattuto per ridarcela. Il 25 aprile 1945 i partigiani antifascisti, con l'aiuto e l'appoggio degli alleati americani e inglesi, entrarono vittoriosi nelle principali città, liberando l'Italia e gettando le basi per una nuova democrazia. La Festa della Liberazione ricorda quindi la fine del periodo nazi-fascista e la liberazione dell'Italia dalla dittatura di Mussolini. Ogni anno in prossimità del 25 aprile, assisto a dibattiti che caricano questa data di significati politici che alimentano le divisioni e che non danno importanza ai valori di libertà e di democrazia. Ritengo che le feste nazionali sono ricorrenze che sottolineano, attraverso la solennità di rituali, i momenti fondanti e unificanti della storia del nostro paese. Sono occasioni per ricordare il senso dell'appartenenza dei cittadini alla comunità nazionale. Questa festa fu introdotta con una precisa valenza politica e simbolica, fu proposta dal comunista Giorgio Amendola ad Alcide De Gasperi con lo scopo di esaltare il ruolo di coloro che contribuirono alla liberazione del paese. Tempo fa, le piazze il 25 aprile si riempivano di Tricolori e ciò rendeva saldi i sentimenti di adesione ai principi liberali, al di là dell'appartenenza ad uno o all'altro partito politico. Oggi il sistema politico è profondamente cambiato e vi è da parte dei cittadini molta indifferenza alla politica. La nuova malattia è l'indifferenza. “Che me ne importa della politica, sono tutti uguali”. Questa affermazione mi ricorda una “storiellina”, che qualcuno di voi conoscerà, che ho letto negli scritti di Calamandrei (giurista, giornalista, politico): due emigranti, due contadini attraversano l'oceano su un piroscafo traballante. Uno di questi contadini dormiva nella stiva e l'altro stava sul ponte e si accorge che era in corso una gran burrasca con delle onde altissime che facevano oscillare il piroscafo. Allora questo contadino impaurito domanda ad un marinaio: «Ma siamo in pericolo?». E questo risponde: «Se continua questo mare tra mezz'ora il bastimento affonda». Allora il contadino corre nella stiva a svegliare il compagno «Beppe, Beppe, Beppe, se continua questo mare il bastimento affonda». Quello risponde: «Che me ne importa? Non è mica mio!». Tutto questo per evidenziare che in un periodo come quello attuale, contraddistinto da una politica che ha perso il senso originario di buon governo della cosa pubblica, occorre che i politici rinnovino il patto di fiducia con i cittadini in modo da riconquistare tutte le persone che credono nell'uomo e vogliono che la politica sia fatta per lui e non viceversa.
Autore: Teresa Chiarella
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Brava Teresa Chiarella. Ottima scelta la tua: meglio non si può. Come diceva Montanelli, linguaggio non accademico ma semplice e chiaro. Illuminati da questa tua versatilità e - senza la pretesa di spostare niente di tuo -, aggiungiamo un piccolo contributo "alla Festa del 25 aprile. " I popoli imparano più da una sconfitta che non i re dal trionfo" (Giuseppe Mazzini) La guerra perduta ha cambiato i destini d'Italia. Dal disastro militare fu travolto il fascismo, tra le macerie dell'8 settembre nacque la RESISTENZA, gli errori e le colpe della monarchia che aveva avallato l'intervento a fianco della Germania nazista portarono alla Repubblica. Sulla resistenza democratica italiana pesa quest'ombra tragica: d'essere stata figlia della disfatta, e tenuta a battesimo dai vincitori. Circostanze che, sia chiaro, non vanificano i valori della democrazia, e nemmeno quelli della Resistenza, che fu un fenomeno politicamente e moralmente importante, con molte migliaia di morti e molti eroi: ma che fanno dubitare della ragionevolezza - e dell'opportunità - d'un certo trionfalismo ritualistico al quale siamo assoggettati. I discorsi enfatici che accompagnano le commemorazioni del 25 aprile 1945 rischiano di suscitare più disagio che consenso. Il 25 aprile segnò l'epilogo di una tragedia nazionale. I paesi seri non sono usi a festeggiare le sconfitte, e non pretendono di barare con la storia: e la storia colloca l'Italia - beninteso, l'Italia di Mussolini - tra le nazioni che combatterono e persero la Seconda Guerra Mondiale. Poi, dal profondo buio morale del "tutti a casa!" scaturirono fiamme di riscossa, venne la guerra partigiana. Che nacque e si sviluppò perchè l'Italia si era arresa, e i Tedeschi ne avevano occupato due terzi, e pretendevano di chiamare alle armi - tramite il vassallo di Salò - dei giovani che non ne volevano sapere. E non ne volevano sapere perchè la Germania era spacciata. Abbiamo la convinzione che molti Italiani preferirebbero ricordare il 25 aprile con il silenzio, e con un omaggio di fiori ai morti. Nient'altro. Sulla Resistenza il discorso, già accennato del resto, deve essere rispettoso e onesto (e si parla della resistenza post-8 settembre e non dell'antifascismo di più vecchia e genuina data). La sua rilevanza politica fu enorme. Lì si formarono i lieviti che poi ebbero sviluppo nei decenni successivi, i CNL (e il CLNAI) prefigurarono gli schieramenti ideologici del dopoguerra, anche se taluni partiti, come quello d'Azione, ebbero folgorante successo iniziale e rapida morte. La Resistenza migliorò l'immagine degli Italiani nei confronti degli Angloamericani, cui potè dimostrare che tanti volontari erano in armi contro i Tedeschi e contro i "repubblichini". Onoriamo così il 25 aprile anche quando contraddice una consolidata mitologia, anche quando ha risvolti amari. Nient'altro e grazie ancora Teresa Chiarella.
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