Nuovo successo di Vito Pansini, un ragazzo di Molfetta alla Scala di Milano
MOLFETTA -Sabato, 31 maggio. L'esame finale sta quasi per iniziare. Un'esibizione che non si può perdere per tutto l'oro del mondo. Gli allievi dell'ultimo anno si guadagneranno il diploma ballando davanti ad una commissione di insegnanti e di autorità della danza, tra cui la famosa etoile Luciana Savignano, il direttore del corpo di ballo del Teatro Massimo di Palermo Luciano Cannito e il direttore del dipartimento Danza della Scuola di ballo del Teatro alla Scala di Milano Frèdèric Olivieri.
Si entra in un antico palazzo e seguendo a fatica le indicazioni degli addetti si raggiunge l'aula. Nella sala d'ingresso dove di solito è stipata una folla di persone ansiosa, non c'è più nessuno: sono tutti già dentro. Si fa appena in tempo ad entrare tra il silenzio e le fioche luci, che nel mezzo della scena, davanti alla commissione riunita, c'è un ragazzo solo.
Un ragazzo di Molfetta. Immobile. Si dice che in quei momenti non si pensa a nulla. Magari non si pensa ai giorni senza pensieri dell'infanzia con poca voglia di andare a scuola e tanta di farsi un tuffo a mare. Magari non si pensa alla prima lezione di danza nella scuola Etoile di Molfetta con l'insegnate Francesca Rucci che tenta di spiegare che la danza non è un gioco. Magari non si pensa alla prima volta che si è partiti per Milano con papà Damiano. Magari non si pensa a nulla. O si pensa a tutto. Perché la danza è un pensiero che si muove. Poi la musica parte. E non c'è più tempo per il passato. Il presente è adesso. Il ragazzo alza la testa e guarda fisso nel vuoto, davanti a sé. Ad un tratto inizia a muoversi lento. Il suo corpo sembra risplendere di luce propria. Il suo sguardo convinto e spavaldo.
Con la animosità e la fierezza che contraddistingue un veterano il ragazzo si muove felino sulla scena, spaziandone per tutta la dimensione. Cattura il tempo con le sue mani e con le sue gambe rimanendo sospeso per interminabili istanti. Si inarca come solo un non umano potrebbe facendo stringere le gole dei presenti. Il ragazzo emette fiato senza respirare, rendendo facile quello che non lo è, rendendo possibile quello che ai più è precluso. Rendendo sogno realtà. Ad un certo punto il ragazzo si ferma al centro della scena.
Anche la musica si ferma e pare chiedergli il permesso di continuare. Il suo petto si muove velocemente in controluce. Allo stesso modo una goccia di sudore gli attraversa rapida la tempia, come per non disturbare. A quel punto il ragazzo allarga le braccia e inizia a piroettare. Sembra non finisca più. Ogni giro un battito di cuore degli spettatori. Un battito di cuore sempre più forte. Un battito di cuore che allarga la bocca di tutti i presenti. Un sorriso ed un'emozione che sono mille sorrisi e mille emozioni dei suoi genitori, dei suoi fratelli, dei suoi nonni e della sua prima insegnante di danza che sono lì presenti a sostenerlo nel giorno del suo diploma. Il ragazzo si ferma. La musica con lui.
Sul volto tirato del ragazzo si scioglie un timido sorriso. Partono gli applausi. Applausi che si ripetono quasi infiniti. Su molti visi scendono lacrime di gioia mista alla consapevolezza dei sacrifici di tanti anni. Un momento irripetibile che sicuramente rimarrà segnato nei ricordi dei protagonisti.
Il ragazzo riceve il voto più alto del suo corso ed ottiene il diploma della scuola di ballo del Teatro alla Scala di Milano dopo otto anni di duro lavoro ed abnegazione. Lo stesso giorno il ragazzo è il primo del suo corso a ricevere un contratto come ballerino solista con la compagnia “il Balletto Teatro di Torino” di Loredana Furno con la quale parteciperà al festival di Lione. A giugno sarà anche ospite solista al Festival di Verdura al teatro Politeama di Palermo e poco dopo parteciperà sempre come solista al festival della danza di Ravello, nella splendida cornice della costiera amalfitana.
Oggi quello stesso ragazzo è alla stazione di Molfetta. Aspetta il treno che lo porterà a Torino. Con gli occhi lucidi e il sorriso della nuova vita che lo attende abbraccia i suoi amici e la sua insegnante Francesca. Poi si ferma davanti alla mamma Tonia e al papà Damiano, li bacia e gli dice “ci vediamo presto, vi voglio bene”.
Quel ragazzo si chiama Vito. Vito Pansini (Nella foto: Francesca Rucci, la sua prima insegnante di danza, Vito Pansini, l'etoile Luciana Savignano e Damiano Pansini, il papà di Vito). Oggi, mentre aspetta davanti a quel binario o mentre saluta le persone più care allungando il braccio da un finestrino, potrà sembrarvi una persona qualunque. Potrà incrociarvi senza farvi girare. Potrà sedervi accanto senza farsi notare. Eppure potrei scommettere senza scaramanzia che un giorno vi fermerete a guardarlo. Un giorno vi prenderete del tempo per andare ad ammirarlo. Un giorno potrete dire di averlo incrociato e di avergli parlato. Un giorno sarete orgogliosi di esservi seduti accanto. Un giorno potrete dire di conoscere il ragazzo di Molfetta.