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Nuovo service del Rotary Club Molfetta a favore dell'Associazione Alzheimer
20 marzo 2015

MOLFETTA – “Service above self” che nella traduzione italiana ufficiale significa “Servire al di sopra di ogni interesse personale”, è il motto ufficiale del Rotary International e ne esprime in modo conciso la filosofia. In osservanza a tale principio cardine, il Rotary Club di Molfetta ha dato avvio ad un nuovo service a favore dell’Associazione “Alzheimer e malattie neurodegenerative Molfetta Onlus”. Dopo la grande attenzione riservata al debellamento della poliomelite nel mondo attraverso il “Progetto Polio Plus”, programma di respiro internazionale,  e l’avvio del service di ippoterapia a favore dei sordo-ciechi ospiti della “Lega del Filo d'Oro” di Molfetta, grande attenzione è stata riservata alla forma più nota e comune di demenza degenerativa (nella foto: il segretario del Rotary di Molfetta Marino Mastropasqua, il presidente del Rotary Emilio Poli e la presidente dell'Associazione Alzheimer Rosanna Gallo).

Si tratta della malattia di Alzheimer, la cui diffusione secondo le nuove stime è in aumento del 17% rispetto ai dati relativi al 2009. Dunque una vera e propria emergenza, come ha ricordato il vescovo della Diocesi di Molfetta, mons. Luigi Martella che ha anche colto l’occasione per esprimere tutta la sua disponibilità nel supportare e incoraggiare l’operato di professionisti e volontari che ogni giorno scendono in campo per offrire il proprio sostegno a persone affette dall’Alzheimer.
In egual misura, anche l’Amministrazione Comunale nella persona del vicesindaco nonché assessore alle politiche sociali, Bepi Maralfa ha offerto un aiuto concreto e tangibile per incoraggiare l’operato di una grande associazione che, senza sosta e da circa un anno, si prodiga con costanza e abnegazione nel garantire una forma di assistenza e miglioramento delle condizioni di vita agli ospiti ma anche ai loro familiari.
Nato quasi per caso – come ha specificato la dott.ssa Rosanna Gallo, presidente dell’Associazione – tale sodalizio prende avvio dalla volontà di informare nel migliore dei modi l’opinione pubblica circa tale malattia e di offrire nel contempo un percorso volto a rallentare e alleviare un momento così difficile sia per chi lo vive in prima persona ma anche e soprattutto per chi c’è intorno. Anche se notevoli sono stati i progressi rispetto agli anni passati e l’aspettativa di vita per i malati di Alzheimer si è quasi raddoppiata, non bisogna dimenticare che si tratta sempre di una malattia terminale che colpisce le cellule del cervello con conseguente perdita neuronale, di placche senili e di grovigli neurofibrillari. Tale degenerazione, che avviene in particolare nelle aree che governano la memoria, il linguaggio, la percezione e la cognizione spaziale, provoca quell’insieme di sintomi che va sotto il nome di “demenza”, ovvero il declino progressivo e globale delle funzioni cognitive e il deterioramento della personalità e della vita di relazione.
Come ha spiegato la dott.ssa Maria Stella Aniello – U.O. di Neurologia e Unità di Valutazione Alzheimer presso gli Istituti Ospedalieri Opera don Uva di Bisceglie – i fattori di rischio sono essenzialmente legati alla predisposizione genetica oppure a problematiche vascolari, infezioni virali, depressione o più in generale ad uno stile di vita poco o non del tutto sano. In linea generale ad essere colpiti dall’Alzheimer sono gli over 65, con una concentrazione maggiore nel range di età compreso tra i 75 e gli 85 anni. Mentre per quanto concerne la diffusione della malattia le cause sono da ricercare nell’aumento dell’età media ed anche nei fattori ambientali. Anche se ogni malato viene colpito in modo differente e in modo differente reagisce a quanto gli sta accadendo, esiste oggi una possibilità comune per migliorarne le condizioni di vita che fa leva sul trattamento del declino cognitivo in modo tale da rallentarne la progressione. Tralasciando l’approccio farmacologico, seppur importante e necessario in talune situazioni, un altro modus operandi abbraccia un fare più relazionale avvalendosi ad esempio della pet therapy e della musicoterapia.
Un ulteriore metodo di inclusione sociale sperimentato all’interno dell’Associazione “Alzheimer e malattie neurodegenerative Molfetta Onlus” è il Caffè Alzheimer, nato in Olanda nel 1997 e diffusosi poi nel resto d’Europa, negli Stati Uniti, in Canada, in Australia e anche nelle ex Antille olandesi. È un luogo – come ha spiegato la dott.ssa Mara di Molfetta, psicologa della locale Associazione - in cui le persone con demenza insieme alle loro famiglie e ai professionisti si incontrano tre giorni alla settimana per due ore. Il team, formato da cinque psicologhe, un educatore, specialisti e volontari, si occupano allo stato odierno di 19 ospiti con i quali condividono informazioni sulla malattia per aumentarne il grado di conoscenza. È anche un modo per aiutare e sostenere i malati e i loro cari, non facendoli sentire più soli e abbandonati grazie alla condivisione e alleviamento della sofferenza attraverso spazi alternativi di svago.
Difatti, per migliorare gli aspetti cognitivo, linguistico e comportamentale, sono state predisposte – come ha raccontato la dott.ssa Maria Antonietta Rutigliani, anche lei psicologa dell’Associazione molfettese – attività ludico-ricreative, di lettura e commento di poesie e articoli di giornale, momenti dedicati alla spiegazione dei detti popolari, conversazioni di gruppo, lezioni di ginnastica, passeggiate e laboratori di cucina e pittura.

Al termine dell’incontro, l’avv. Emilio Poli, presidente del Rotary Club di Molfetta, ha omaggiato le relatrici e ha rinnovato i complimenti per il lavoro svolto a sostegno di un’attività sociale importante e necessaria in pena concordanza con il soffio vitale che da sempre anima il Rotary: «la propaganda di uno spirito positivo affinché possa essere contagioso tanto da debellare o alleviare le malattie nel mondo e promuovere la pace e l’amicizia tra i popoli».  

© Riproduzione riservata

Autore: Angelica Vecchio
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