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Novene e settenari, antiche pratiche devote Curiosando fra le tradizioni religiose popolari
15 dicembre 2004

La tradizione delle pie pratiche ci ha consegnato un lessico, che noi spesso ripetiamo, senza conoscerne l'origine. Parlo in particolare delle giornate di devozione, che sono celebrate secondo un numero fisso. Infatti tra le preghiere, che i devoti recitano in chiesa, rivestono un particolare interesse quelle che essi rivolgono a nostro Signore, alla Madonna e ai Santi sotto forma di novena, tredicina, settenario, quindicina, triduo, ottavario, quarantore, quaresima, sette sabati. L'origine di queste pratiche devote può dipendere dalla credenza popolare, ovvero dalla consuetudine liturgica. Una diversa collocazione è riservata alle litanie e alla liturgia delle ore. Vediamone alcune. La “novena”, la più diffusa tra esse, è un periodo di nove giorni preparatori alla festa del Santo o della Santa. Il nome (“novena”) è dovuto al tempo tra l'Ascensione e la Pentecoste, in cui la Madonna e gli Apostoli si ritirarono in preghiera (Atti degli Apostoli I, 12-14). La conferma ci viene offerta in un messaggio del 25 maggio 1990 ai veggenti di Medjugorje, quando la Vergine Maria (la “Gospa” in lingua croata) afferma: “Cari figli, vi invito a decidervi con serietà a vivere questa novena: consacrate il tempo alla preghiera e al sacrificio” Il 25 maggio era il primo giorno della novena in preparazione alla Pentecoste, festa dello Spirito Santo. Quelle della novena sono preghiere con le quali, rievocando ed esaltando le virtù dei Santi, si chiede di ottenere grazie, allontanare pericoli, fugare tentazioni, avere guarigioni, trovare conforto negli affanni. La tredicina è riservata alla devozione per S.Antonio da Padova (da non confondere con S.Antonio Abate).“Tredicina”, perché la devozione popolare attribuisce al Santo Taumaturgo il potere di compiere tredici grazie, che elenco di seguito con il numero esatto della serie (vedi “Tredicina di S.Antonio”, Mezzina 1981, Molfetta), pur cambiandone l'ordine, per associare le richieste simili. Queste contemplano la liberazione da: 1 Mors (morte) 2 Error (errore) 3 Calamitas (calamità) 4 Daemon (demonio) 5 Lepra (lebbra); dai pericoli di: 7 Mare (mare) 8 Vincula (vincoli, cioè perdita della libertà); la guarigione da malattie generiche e particolari: 6 Aegri (infermità; nel responsorio in latino la frase completa è la seguente: Aegri surgunt sani, cioè “i malati si alzano sani”) 9 Membra (membra). Grazie particolari sono ancora chieste per il recupero di beni perduti (10 Resque Perditas) e la preservazione da non specificati pericoli (12 Pereunt pericula). La sequenza termina con la constatazione degl'interventi del Santo e con l'esortazione di graziati e testimoni a proclamarli (11 Petunt et accipiunt iuvenes et cani 13 Narrent hi qui sentiunt, dicant Paduani) più che con la richiesta di grazie. Si può tuttavia sottintendere nel primo caso la disponibilità del Santo a postulanti d'ogni età (iuvenes et cani, giovani e vecchi), nel secondo l'ammissione alle grazie di tutti quelli che hanno devozione (hi qui sentiunt), in particolare gli abitanti della città di Padova (Paduani), sede del santuario. Il settenario è dedicato alla Beata Vergine Addolorata. “Settenario”, perché sono contemplati i sette dolori subiti dalla Madre di Dio. Leggiamoli: 1° Dolore: Simeone predice a Maria la passione e morte di suo Figlio; 2° Dolore: L'angelo annunzia a Maria la crudele esecuzione operata da Erode; 3° Dolore: Maria smarrisce nel tempio il suo amatissimo Figlio e lo ritrova dopo tre giorni; 4° Dolore: Maria ha notizia di suo Figlio nell'orto dei Getsemani e dei barbari trattamenti praticatigli; 5° Dolore: Maria incontra Gesù sanguinante sulla strada del Calvario; 6° Dolore: Maria assiste alla crocifissione di suo Figlio; 7° Dolore: Maria vede morire e seppellire il suo amatissimo Figlio. La quindicina è praticata in onore di Maria assunta in cielo, nel cuore dell'estate. “Quindicina”, perché ricorda i quindici gradini che la Madonna salì al tempio (Cfr: “Raccolta di pratiche divote”, Molfetta 1933). San Giovanni Damasceno, contemplando l'assunzione corporea della Madre di Dio, così scrive con vigorosa eloquenza: “Colei che nel parto aveva conservato illesa la sua verginità, doveva anche conservare senza alcuna corruzione il suo corpo dopo la morte. Colei che aveva portato nel suo seno il Creatore, fatto bambino, doveva abitare nei tabernacoli divini. Colei che fu data in sposa dal Padre, non poteva che trovar dimora nelle sedi celesti. Doveva contemplare il suo Figlio nella gloria alla destra del Padre, lei che lo aveva visto sulla croce, lei che, preservata dal dolore, quando lo diede alla luce, fu trapassata dalla spada del dolore quando lo vide morire. Era giusto che la Madre di Dio possedesse ciò che appartiene al Figlio, e che fosse onorata da tutte le creature come Madre e Ancella di Dio”. Le quarantore, ossia la solenne adorazione per quaranta ore dell'Eucarestia, presumibilmente ricordano il tempo trascorso da Gesù Cristo nel sepolcro (Cfr “Giardino Spirituale ovvero Pratiche Devote per tutti i giorni dell'anno” pag. 422, Editore Francesco Rinaldini e Figlio, Napoli 1937). Pio VII, con rescritto del 12 maggio 1817, dichiarò in perpetuo privilegiati tutti gli altari di quelle chiese ove si fa l'esposizione del SS. Sacramento. I sette sabati sono quelli che precedono la data di inizio (29 agosto in Basilica) della novena alla Madonna dei Martiri, Patrona melphictensium. Perché “sette”? Sicuramente nella religione il numero sette è un numero privilegiato. Basti pensare ai sette doni dello Spirito Santo, alle sette opere di misericordia corporale, ai sette vizi capitali, ai sette peccati mortali. Perché proprio il “sabato”? La risposta la troviamo negli scritti di don Tonino Bello: “Maria è protagonista assoluta, sia pure silenziosa, di questa giornata. Dopo la sepoltura di Gesù, il vento del Golgota ha spento tutte le lampade, ma ha lasciato accesa la sua lucerna. Per tutta la durata del sabato, quindi, Maria resta l'unico punto luce in cui si è raccolta, almeno per un giorno, la fede di tutta la Chiesa”. Tornando per un attimo alla devozione a Sant'Antonio, aggiungo che i tredici pii motivi della tredicina possono essere e sono stati intesi anche come grazie spirituali (per esempio: la morte come dannazione eterna, la calamità come disgrazia spirituale, la lebbra come impurità della mente). A ciascuno tocca credere secondo i suoi bisogni e la sua coscienza. Vorrei concludere, dicendo che mi ha condotto a questa indagine il desiderio di rendermi conto di parole, che io stesso pronunciavo senza comprensione, ed ho comunicato i risultati convinto che altri potessero avere desiderio di capire, giusta un verso di Virgilio (Georgiche, II, 489): Felix qui potuit rerum cognoscere causas. Cosmo Tridente
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