Recupero Password
Nottilucente, percorso di straniante meraviglia La silloge di Marta Maria Camporeale
15 aprile 2024

Nottilucente è la seconda raccolta della poetessa molfettese Marta Maria Camporeale, dopo l’esordio con L’Ora blu (Fos edizioni 2018), denominazione anche dell’APS (“L’Ora blu”, appunto) da lei presieduta. È presidente anche dell’Associazione Culturale Editoriale “Edirespa”, che ha pubblicato Nottilucente. È artefice con “L’Ora blu” di un ponte culturale italoserbo, da cui è scaturita nel 2023 l’Antologia poetica bilingue Nuovo ponte dello spirito Novi Sad-Bari, traduzione letterale dal cirillico ???? ??????? ????, a cura di Mila Mihajlovi´c, Marta Maria Camporeale e Nataša Bundalo Miki´c. La silloge Nottilucente testimonia la maturazione poetica dell’autrice, in un volume caratterizzato da attento lavorio formale e da grazia d’apparenza naïve, che pure è puntellata da un solido percorso di letture e promozione della poesia nazionale e internazionale. L’opera è accompagnata dai contributi critici di Benito D’Agnano (Prefazione), Vito Davoli (Postfazione) e da note, tra cui quella di Francesco Galasso. La prima presentazione ufficiale è avvenuta il 25 febbraio presso lo Spazio Martini della Basilica” Madonna Dei Martiri” a Molfetta, con relatore il critico e scrittore Marco Ignazio de Santis. Già il titolo, che si muove tra tecnicismo meteorologico e arcaismo di derivazione latina, introduce in un clima, quello della raccolta, di preziosità, con il gusto della parola disusata, peregrina, quella che, sottraendosi al logorio della comunicazione quotidiana, schiude a uno sguardo e quindi a una dimensione differente. Nottilucente è percorso di straniante meraviglia, che si articola in quattro sezioni. La prima è una sorta di odeporica dell’anima, a restituire il Brusio di luoghi visitati dall’autrice e dalla sua famiglia. L’attitudine contemplativa del poeta, quella racchiusa nel nome di Maria, porta a trasfigurare gli elementi del paesaggio ma anche la gente che si muove in quegli scenari. E non solo. A Barrea l’obiettivo punta in chiusura su “un nido che tiene accucciate / rondinelle come perle d’estate”. Preziosità, piccolezza che diviene vessillifera di grande bellezza, incanto della Natura sono suggeriti dalla voce lirica colma di meraviglia. Bello è Andreis e Alcheda, dialogo amoroso tra due frazioni personificate, emblematico dello stile di Camporeale. C’è il termine dialettale (fogolar, cjasa), felice innesto in un impasto linguistico dall’allure arcaizzante, in cui colpiscono il verbo rossare (“Nella cjasa ti rossi col miele”), ma anche immagini quali “Barbe di faggio ti legano a me”. Molto efficace la bella quartina che segue: “Per amarti posso donarti / i muri d’intorno alle case, / ché in versi d’amore / ho vestito il paese”. Avverti un’euforia dello sguardo poetico che nel fiorire della parola percepisce l’espansione profonda dell’anima. Camporeale riesce particolarmente bene in numerose chiuse, quali quella di Floridiana con l’arcaico “verzura”: “Nella verzura va la sua voce / e s’aprono camelie”. La partitura del volume è tutta uno sbocciare di caròle di versi che si lasciano apprezzare dal lettore. La seconda sezione, Voci dal mondo, offre una serie di liriche interessanti, a cominciare da quella, ispirata a Lee Masters, nata dall’osservazione, in un sepolcro del cimitero molfettese, dell’iscrizione funebre in memoria di Alice Bazard, Êpouse Genêve. Camporeale si è documentata sulla vicenda della donna, restituendo la parola a chi è stato reinghiottito dalla terra. Anche qui, la voce poetica ha un suo linguaggio arcano e fascinoso; si pensi a versi come questo, riferito al viaggio in treno compiuto dalla donna verso Molfetta, dove sarebbe morta: “Sento ancora vapore che sbuffa: insulta e mi ama”. La sezione porta all’immersione in storie, quella di Mariam e di Rosa Picca, o ancora quella del senegalese protagonista di Quando passa Jassul, poesia tutta giocata sui contrasti cromatici con il finale che richiama la lirica sepolcrale antica e si leva con grazia: “Tu, bianca neve di luglio, / quando passa Jassul, / ti prego, sorridi”. La terza, Immaginarti per sempre, ha un afflato di espansione cosmica in cui risaltano testi quali Nottilucente, notturno lunare (che dialoga con lo splendido olio su tela di Marisa Carabellese in copertina) in cui il paesaggio assurge a “nudo d’autore” e colpisce il bell’uso del termine alpinistico “incrodare”, o ancora la lirica di sapore cosmico Berenice. Memoria dantesca affiora nella sezione Mirabile visione. In essa spiccano Genesi, tra creaturismo, innocenza e reità dell’uomo; Cuccumella, delizioso come una danza in punta di verso; il carducciano Mistral e la graziosa Ottobrata. Emozione e partecipazione simpatetica caratterizzano l’ultima parte, La mia Shoah, in cui emerge la tensione a salvare “la cetra e il sole”. Soprattutto qui si rivela ancor più la natura nottilucente della Poesia, che riesce a generare luce dal e nel buio, innalzandosi – libero canto – “sulle crepe d’ogni colpa”. © Riproduzione riservata

Nominativo  
Email  
Messaggio  
Non verranno pubblicati commenti che:
  • Contengono offese di qualunque tipo
  • Sono contrari alle norme imperative dell’ordine pubblico e del buon costume
  • Contengono affermazioni non provate e/o non provabili e pertanto inattendibili
  • Contengono messaggi non pertinenti all’articolo al quale si riferiscono
  • Contengono messaggi pubblicitari
""
Quindici OnLine - Tutti i diritti riservati. Copyright © 1997 - 2025
Editore Associazione Culturale "Via Piazza" - Viale Pio XI, 11/A5 - 70056 Molfetta (BA) - P.IVA 04710470727 - ISSN 2612-758X
powered by PC Planet