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Nessun paese è un’isola: Stefano Catone racconta la verità sulle migrazioni
15 aprile 2017

Invasione, assedio, ondate interminabili sono queste le parole ricorrenti che sempre più spesso si ascoltano dai media main stream e da un’informazione che spesso si adagia sul pensiero più semplice e dominante, ignorando i dati e semplificando le questioni. E poi c’è chi addirittura ne fa una battaglia politica improntata al nazionalismo più estremo, al razzismo, all’isolamento e alla chiusura, chi cavalca la xenofobia e strumentalizza la paura. Poi c’è chi come Stefano Catone giornalista, scrittore e blogger, ha deciso di dedicare il suo libro “Nessun paese è un’isola” alla diffusione della verità sul fenomeno delle migrazioni. Invitato da “Molfetta Accogliente”, il giovane blogger introdotto dal portavoce del forum, Gabriele Vilardi, ha puntualizzato alcuni aspetti. Intanto, un ruolo chiave lo gioca la percezione della realtà e del migrante. Chi è un migrante?Lo stesso Stefano di origini campane, trasferitosi a Varese con la famiglia, allora era considerato un migrante, lo è ancora? Che dire degli albanesi, arrivati sulle nostre coste negli anni Novanta, molti dei quali cittadini perfettamente integrati nelle nostre comunità, sono ancora da considerare immigrati? E se arrivassero tedeschi e americani li chiameremmo mai migranti? Però se un individuo è di colore, sì, lo considereremo tale, tranne se calciatore. A prescindere dall’ambiguità del termine migrante, l’accoglienza e il diritto d’asilo sono concetti sanciti sia dalla “Convenzione di Ginevra” nella quale si definisce il termine “Rifugiato”, sia dalla Costituzione Italiana che dà diritto di asilo a chi nel proprio Paese non gode delle libertà e dei diritti garantiti appunto dalla nostra “Carta”(art. 10). “Si accogliere ma non troppo”. Anche questa è questione di percezione, se dicessimo che nel 2015 l’U.E. ha ricevuto 1 milione e trecentomila richieste d’asilo sarebbe ben diverso dal dire che lo ha chiesto lo 0,2% della popolazione Europea. Ma nessuno dice mai che una media di ottantamila stranieri all’anno torna nel proprio Paese d’origine o sceglie di lasciare l’Italia, che spesso viene considerata dai migranti una terra di passaggio; così come nessuno dice che dei 35 euro solo l’8% (2,50 euro) è destinato ai migranti, il cosiddetto poket money, speso comunque sul territorio. Nel 2015 tutto il sistema d’accoglienza è costato 1,2 miliardi di euro pari allo 0,2% della spesa pubblica e negli ultimi due anni non è aumentato il numero di stranieri che rimangono grossomodo 5 milioni in Italia. In una recente dichiarazione, il presidente dell’Inps Tito Boeri ha affermato che proprio quei i 5 milioni di cittadini stranieri stanno versando contributi per pagare 640.000 pensioni, di italiani. Da dove arrivano i rifugiati? La metà di tutti i rifugiati del mondo proviene dalla Siria (4,9 milioni), Afghanistan (2,7 milioni) e dalla Somalia (1,1 milioni). Il 51% è minorenne. È evidente che si tratta di Paesi in cui ci sono guerre insanguinate e cruente, logoranti e spietate come testimoniano le recentissime e scioccanti immagini dell’attacco con gas sarin, avvenuto a Idlib, proprio nella Siria Nordoccidentale. Insomma il fenomeno esiste e va affrontato con lucidità e gestito con intelligenza. Di certo la politica sia a livello nazionale che comunitario sta andando nel verso sbagliato, continuando a firmare accordi a dir poco discutibili con governi instabili e inaffidabili come Turchia e Libia. E neanche il primo punto della “Dichiarazione di Roma” firmata dai capi di Stato europei il 25 marzo 2017 non affronta con decisione questa questione. Chi certamente in passato, a Molfetta ha affrontato con decisione l’emergenza delle ondate migratorie degli anni ‘90, quelle si un flusso cospicuo e improvviso , è Mimmo Pisani (Responsabile della Casa d’Accoglienza don Tonino Bello”). Nel suo intervento, a tratti commosso e commovente, Pisani ripercorre quegli anni difficili per Molfetta, dopo lo sbarco della nave “Vlora” a Bari con 20.000 albanesi a bordo. Nessuna assistenza organizzata era prevista e non esistevano strutture e procedure adeguate ad un’emergenza di tale portata. Ma una soluzione si riusciva sempre a trovare, soprattutto se accanto si aveva un uomo come il Vescovo don Tonino, che metteva davvero in pratica i valori e il sentire dell’essere Cristiani e umani, dando ospitalità, aiuto e conforto a più persone possibili, anche contravvenendo alle regole. Uno “Sprar avventuriero” lo ha definito Mimmo, quel sistema di accoglienza scattato quasi automaticamente nella comunità, durante il quale sono state sperimentate iniziative atte a favorire l’integrazione come l’insegnamento dell’Italiano ai migranti, un servizio mensa, piccole forme di assistenza sociale e cosi via. Sul Progetto Sprar (Sistema di Protezione Richiedenti Asilo e Rifugiati) si è invece concentrato il contributo di Gianpiero Losapio Presidente della Società Cooperativa Oasi 2 di Trani, ente gestore del Progetto che include anche Molfetta. Losapio dopo aver spiegato tecnicamente in cosa consiste il Progetto SPRAR, le attività, i servizi offerti e le finalità, ha asserito che l’elemento più importante ai fini dell’integrazione è l’apertura e l’accoglienza da parte della comunità che i migranti vivono ogni giorno. É la solidarietà che si riceve dalla gente del posto a fare la differenza, a favorire l’integrazione e ove possibile l’autonomia del soggetto ospitato, è questo sostanzialmente l’obiettivo che ci si pone. Anche Molfetta si è messa in gioco con questo progetto, che ha bisogno della collaborazione di tutti i cittadini di buon senso e buona volontà perché “nessun paese è un’isola”, nemmeno Molfetta.

Autore: Teresa Racanati
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