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Nato: colpito e affondato, i misteri del Francesco Padre
15 dicembre 2009

Il dramma del Francesco padre è una strage annunciata che affonda le sue radici nella sudditanza militare del nostro Paese e nello strapotere Usa che ormai ha collaudato la subalternità dell’Europa. Le parole di Gianni Lannes, il giornalista autore del libro “Nato: colpito e affondato” (edizioni la meridiana, 2009) lanciano un’accusa delle più in voga, negli ultimi tempi. Spesso, però, le analisi politiche si perdono in un intreccio di polemiche ideologiche che rischiano di oscurare gli effetti reali di questa “sudditanza”. Come sempre, a pagare sono persone comuni, onesti lavoratori, capitati inconsapevolmente in scenari inquietanti, mostruosi, tanto da mettere in gioco le alleanze politiche e belliche internazionali. E’ il caso del comandante del peschereccio Francesco Padre, Giovanni Pansini (45 anni), del motorista Luigi De Giglio (56 anni), del pescatore Saverio Gadaleta (42 anni), del capopesca Francesco Zaza (31 anni), del marinaio Mario De Nicolo (28 anni) e del loro fedele cane pastore. L’analisi di Gianni Lannes, dunque, appare fieramente spoglia di qualsiasi residuo ideologico, e attraverso un’impeccabile attività di indagine fra archivi e interviste, il giornalista lascia venir fuori quella verità rimasta per anni sommersa insieme ai vestiti di quegli uomini uccisi in mare il 4 novembre del ’94. Ricordiamo che fu proprio Quindici ad occuparsi per primo della vicenda, sollevando i primi dubbi sulla supposta esplosione interna del peschereccio, già sul primo numero del giornale il 23 dicembre 1994, poi tornò sull’argomento, quando furono presentate le perizie ufficiali, con un articolo sul n. 8 del 26 maggio 1995. Su “Quindici” di febbraio 1997 abbiamo dato voce alle famiglie delle vittime, che non accettavano l’archiviazione del caso “per esplosione dall’interno”. Nel maggio del 1997 ci chiedevamo perché fosse stato recuperato un battello con i cadaveri di alcuni albanesi e non fosse stata tentata la stessa operazione con il natante di Molfetta. Infine, nel giugno del 1997 Quindici pubblicava in esclusiva le foto (che ripubblichiamo e che sono contenute nel libro) del relitto del peschereccio in fondo al mare con il particolare di un teschio umano che si intravedeva nello scafo. Ora Gianni Lannes con il suo libro torna sul caso ricordando che il giorno dell’affondamento, il 4 novembre del 1994, era ufficialmente in corso Sharp Guard, “un nebuloso pavento della Nato motivato dal pretesto dell’embargo, per mascherare lo smembramento a furia di massicci bombardamenti a tappeto della temibile Jugoslavia”. Il “Francesco Padre” aveva gettato le reti a circa 20 miglia dalla costa montenegrina, in direzione di Budva, posizionandosi in movimento su una direttrice nord-est , ad 85 miglia dalla terraferma italiana. A buio, a notte fonda, a cavallo tra il 3 e il 4 novembre 1994, comincia a delinearsi la sagoma del sommergibile a propulsione nucleare “Uss L. Mendel Rivers”, battente bandiera Usa. Poco distanti, arrivano una dozzina di unità aeronavali da guerra della Nato. Il “Francesco Padre” è ormai accerchiato. Dopo qualche istante, piovono sul motopesca prima colpi d’arma da fuoco e infine un missile. La motivazione di questo colpo inspiegabile non è difficile da individuare: era in corso la caccia ad una barca da pesca mascherata, molto più grande del “Francesco Padre”, che da qualche giorno, a ridosso di quell’area gettava bombe di profondità per stanare i sommergibili occidentali. Il tutto documentato nel rapporto classificato come “Nato Confidential”, trasmesso l’11 novembre ’94 dal Comando Navale Nato allo Stato Maggiore della Marina italiana. Il “Francesco Padre” ha pagato il prezzo di un Trattato del Nord Atlantico che “si è trasformato nel braccio armato di un’egemonia totalitaria, assumendo compiti e funzioni che hanno esautorato l’Onu”. Attorno a questo episodio – secondo Lannes -, la tela delle menzogne, degli occultamenti, dei depistaggi e delle omissioni si è costituita negli anni, fino al sigillo posto oggi sulla vicenda dal Primo Ministro italiano. La storia, infatti, è stata sottoposta al segreto di Stato, blindato dal Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi in un decreto pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il 6 Luglio 2009. Le vite di quei cinque lavoratori, seppellite dalla ragion di Stato, meritano il riconoscimento della dignità negata dalle logiche del potere. Quelle che sottomettono l’integrità di cinque onesti lavoratori alla necessità di preservare un segreto che si estende alla storia del nostro mare e dei nostri concittadini. Lo spettro delle bombe all’uranio impoverito, i rischi ambientali, gli innumerevoli incidenti, come quello del “Francesco Padre”. Episodi modellati e adattati alla storia ufficiale, che sacrifica gli uomini in cambio del denaro. Come ricorda Lannes, “a offendere la memoria dei cinque marinai, delle loro famiglie e di tutta la marineria molfettese, il sospetto emerso in sede processuale che sul motopeschereccio vi fosse un illecito trasporto di materiale esplosivo che, di fatto, ne avrebbe provocato l’esplosione”. Secondo il professor Russo Krauss, infatti “i reperti del parapetto del ponte (impavesata) attestano che il collasso è dovuto a una … esplosione dall’interno verso l’esterno della nave”. Ma la storia costruita su misura, sottoposta ad attenta indagine, stenta ad essere contenuta negli adattamenti e sconvolgimenti che, nel libro di Lannes, rivelano le inevitabili contraddizioni e incoerenze. “Storia di impronte immateriali, numeriche: tracciati radar, immagini satellitari e video, scie di segnali elettronici nell’etere mai richiesti dai magistrati ai legittimi titolari”. Come ha affermato Elvira Zaccagnino (responsabile della casa editrice la Meridiana) nella conferenza di presentazione del libro, la ricostruzione di Lannes è mossa da una logica dei sentimenti, non solo della ragione. Una delle prerogative del giornalista è infatti quella di rivendicare la memoria dei cinque marinai, rimettendo in discussione la ricostruzione con cui è stato liquidato l’accaduto. Sarebbe importante, allora, introdurre il reato di depistaggio. Gianni Lannes ha affermato commosso di avere “un debito di riconoscenza nei confronti di questi uomini”. La storia del Francesco Padre gli ha fatto trascorrere notti insonni a piangere, cercando di capire come la vita può essere trattata in questo modo. L’indagine di Lannes, giornalista coraggioso, ha dovuto superare ostacoli burocratici, depistaggi, atti intimidatori di ogni genere. Ma ciò che ha appassionato i cittadini che hanno partecipato alla conferenza (nel corso della quale gli attori del Teatro dei Cipis, hanno letto alcune pagine del libro) è stato il sentimento che legava il giornalista a quegli uomini. Lavita di quelle persone continua a vibrare, oltre che nelle parole di Gianni Lannes, nelle pagine del libro, che continua porre il valore dell’umanità, in ogni individuo, al di sopra di qualsiasi logica strategica. La forza della serata ha spinto il Consiglio comunale a trattare la questione del Francesco Padre. Il 23 novembre, Mino Salvemini (PD) consigliere di opposizione, ha portato all’attenzione del Consiglio la presentazione che l’amministrazione, pur essendo stata invitata, ha disertato. “Il libro dimostra con validi elementi di prova che le dinamiche che portarono, il 4 novembre 1994, all’affondamento del Francesco Padre, non coincidono con quelle esposte nel decreto di archiviazione”. Per Mino Salvemini, è necessario che il Consiglio e il sindaco, anche in qualità di senatore, richiedano la riapertura delle indagini. La spesa per prelevare il relitto è di 4 milioni di euro. In risposta, il sindaco Antonio Azzollini (PDL) ha ricordato di aver avanzato richieste e interrogazioni parlamentari per il recupero del natante già dal ’96 al ’99, ma questo gli fu negato. La condotta di quei cinque lavoratori, attraverso l’abile ricostruzione di Lannes, eccede le menzogne che pretendono di inscrivere le loro vite nelle logiche di potere. I fatti riscoprono le responsabilità, facendo riaffiorare i mostri che animarono il nostro mare nel recente passato. Così, la storia torna a sentire il profumo della verità.

Autore: Giacomo Pisani
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