Via il Natale, via lo stress? Sembrerebbe di sì, a detta di studiosi ed esperti, secondo i quali i numerosi disturbi e malesseri ad esso legati (ne soffrono sette italiani su dieci nel periodo delle feste) sono destinati a sparire in poco tempo, con lo spegnersi del clamore e dell'euforia generale. Di cosa parliamo? Della cosiddetta “sindrome natalizia” o “holiday blues”, così come viene chiamata in America, caratterizzata da stanchezza, nervosismo, insonnia, ansia e disturbi psicosomatici di vario genere che, secondo una recente indagine, pare colpiscano prevalentemente uomini e donne nella fascia d'età compresa tra i 40 ed i 50 anni, sia prima che durante le vacanze di Natale e Fine Anno. Spesso essa è l'espressione di forme depressive preesistenti che una certa vulnerabilità biologica relativa alla stagione ed alla ridotta quantità di luce, legata a storie e vissuti personali, concorre a riacutizzare in tutti coloro che vivono in maniera quasi traumatica il distacco dalla rassicurante routine quotidiana e le pause non volute come momenti destabilizzanti ed ansiogeni. Si tratta di soggetti che attribuiscono un valore emotivo personale, fonte di disagio e di angoscia, a certi eventi che ne simboleggiano o ne evocano altri o che richiedono confronti, prestazioni, “recite” di ruoli prestabiliti e magari impongono abitudini e rituali quasi “di facciata”. Del resto non è errato affermare che un fondo di tristezza sulla quale galleggiano disillusioni, interrogativi e perplessità persiste un po' in tutti noi e che una certa tristezza generale è sempre in agguato dietro l'angolo, celata dall'allegria quasi forzata e dall'entusiasmo di questi giorni. Le ragioni? Forse l'incontro-scontro con parenti ed amici poco frequentati che ci dà la consapevolezza del tempo che passa e che mai più riavremo, costringendoci a ripensare a come eravamo e a ciò che non siamo, ai progetti disattesi o non conclusi, ai bilanci non sempre positivi su cui non c'è voglia né tempo di indagare, a qualcuno che manca; la fatica fisica e lo stress del “regalo” che dovrebbe essere segno e scambio di affetto ed attenzione e non rivestire solo una valenza sociale; la paura di sentirci inadeguati quando siapropri affetti, in un posto caldo e asciutto, a mangiare due dolcetti. Oggi bisogna fare i conti con numerosi cambiamenti: quelli sociali della famiglia, quelli dell'organizzazione del lavoro, quelli etici del piacere». In cosa è cambiata la famiglia? «Non è più di tipo patriarcale, é sempre meno fonte di identità personale e sempre più centro di diritti. Fino a qualche anno fa il vincolo familiare era motivo di orgoglio ed il legame era vissuto con piacere, oggi esso viene percepito come limitazione alla propria libertà e causa frustrazione e conflittualità ». E l'organizzazione del lavoro? «Quando si lavorava nei campi o si emigrava e le donne erano casalinghe, a Natale ci si riposava o si ritornava, quindi si curava il corpo ed il cuore con una buona alimentazione e con le riunioni familiari che rinsaldavano gli affetti. Oggi il progresso tecnologico ha stravolto ritmi, cicli, ruoli, orari e tutto deve essere faticosamente organizzato e pianificato. La festa diventa un lutto da separazione: dagli amici, dai colleghi con cui si preferisce stare, dalle abitudini, dalla salute del corpo, in qualche caso dall'amante e dal sesso». Anche l'etica del piacere si è modificata? «Certo. Il piacere di ieri era fortemente ideale perché si amava sognare e si amava credere; quello di oggi è molto edonistico perché si ama apparire più che credere, si ama la concretezza degli oggetti di consumo e si ride per l'effetto delle droghe, ci si diverte a fatica». Quali sono gli effetti sulla salute? «In qualche maniera essi ci sono sempre. Se si festeggia coerentemente con lo stile moderno, ci si ubriaca e ci si distrugge il fegato, spendendo soldi e disperdendo la famiglia. Se si festeggia in maniera tradizionale o quasi, ci si sottopone a grave stress psicofisico (relazioni antipatiche, sforzo organizzativo e shopping obbligatorio) e proprio non si riesce a divertirsi. Aumentano le coliche addominali, le cefalee e i piccoli episodi parainfluenzali». In che modo possiamo combattere lo stress del Natale e di tutti gli altri periodi di festa? «Possiamo cercare di ascoltare i nostri stati interni, distraendoci dagli obblighi e limitando le aspettative, gli eccessi alimentari, gli stravizi; uscire dalla ritualità stretta delle feste e trovare modi personali di vivere questi momenti in base alle nostre esigenze ed ai nostri desideri. Buon senso e moderazione ci suggeriscono una razionale organizzazione del tempo e la formulazione di progetti ed aspettative realistici. Qualche momento di solitudine e silenzio non potrà che farci bene». Beatrice De Gennaro mo con persone che chissà quando rivedremo, l'ansia di riuscire trovare un equilibrio tra le nostre concrete possibilità e le aspettative di vario genere altrui, in riunioni ed occasioni in cui persino i giochi di aggregazione come quelli definiti “di società” (il gioco delle carte, ad esempio) sembrano mettere a nudo il nostro carattere e la nostra personalità; i pasti abbondanti ed altamente calorici che ci appesantiscono e ci rendono stanchi. Ma davvero il Natale, con le sue pressioni sociali, culturali e commerciali, con il suo carico di tensioni e di agitazioni e le richieste emotive sempre più difficile da soddisfare, può farci sentire così infelici, frustrati, quasi indifferenti ai piaceri che suggerisce e, qualche volta, procura? Ne parliamo con il dott. Antonio Taranto, psichiatra, direttore del Dipartimento delle Dipendenze Patologiche ex Asl BA/2, il quale sottolinea come siano soprattutto le persone “sensibili e moralmente oneste” ad avvertire disagio e sofferenza nei giorni di festa e tripudio generale come quelli relativi al Natale. Dott. Taranto, quali sono le persone sensibili e moralmente oneste? «Tutte quelle in grado di rendersi conto che partecipano ad una festa non sentita e ad una gaiezza solo esteriore; quelle che hanno pensieri che vanno altrove, verso chi non c'è ed un'allegria che s'infrange sui bilanci preoccupanti di fine anno, sugli impegni gravosi di quello nuovo. Sono coloro che si sentono “fuori” dalla festa e a cui i fuochi d'artificio della notte di San Silvestro coprono i dolori e le preoccupazioni della depressione. Nelle frasi che tutti, più o meno, pronunciano, del tipo “Come faremo a smaltire tutto questo grasso?”, “Quanto siamo scemi a buttare tutti questi soldi!”, “Contiamo i secondi che mancano alla mezzanotte…” c'è una grande massificazione di cervelli e una finzione di divertimento, non una profonda e reale sensazione di piacere». Per quale ragione il Natale, che è tradizionalmente la festa della famiglia, crea spesso disagio e tensione? «Forse perché in molti casi la famiglia non c'è o non ha nulla da scambiarsi, condividere, festeggiare. Il Natale era davvero importante quando, dopo una stagione di duro lavoro, per divertirsi bastava essere in buona compagnia, con i siapropri affetti, in un posto caldo e asciutto, a mangiare due dolcetti. Oggi bisogna fare i conti con numerosi cambiamenti: quelli sociali della famiglia, quelli dell'organizzazione del lavoro, quelli etici del piacere». In cosa è cambiata la famiglia? «Non è più di tipo patriarcale, é sempre meno fonte di identità personale e sempre più centro di diritti. Fino a qualche anno fa il vincolo familiare era motivo di orgoglio ed il legame era vissuto con piacere, oggi esso viene percepito come limitazione alla propria libertà e causa frustrazione e conflittualità ». E l'organizzazione del lavoro? «Quando si lavorava nei campi o si emigrava e le donne erano casalinghe, a Natale ci si riposava o si ritornava, quindi si curava il corpo ed il cuore con una buona alimentazione e con le riunioni familiari che rinsaldavano gli affetti. Oggi il progresso tecnologico ha stravolto ritmi, cicli, ruoli, orari e tutto deve essere faticosamente organizzato e pianificato. La festa diventa un lutto da separazione: dagli amici, dai colleghi con cui si preferisce stare, dalle abitudini, dalla salute del corpo, in qualche caso dall'amante e dal sesso». Anche l'etica del piacere si è modificata? «Certo. Il piacere di ieri era fortemente ideale perché si amava sognare e si amava credere; quello di oggi è molto edonistico perché si ama apparire più che credere, si ama la concretezza degli oggetti di consumo e si ride per l'effetto delle droghe, ci si diverte a fatica». Quali sono gli effetti sulla salute? «In qualche maniera essi ci sono sempre. Se si festeggia coerentemente con lo stile moderno, ci si ubriaca e ci si distrugge il fegato, spendendo soldi e disperdendo la famiglia. Se si festeggia in maniera tradizionale o quasi, ci si sottopone a grave stress psicofisico (relazioni antipatiche, sforzo organizzativo e shopping obbligatorio) e proprio non si riesce a divertirsi. Aumentano le coliche addominali, le cefalee e i piccoli episodi parainfluenzali». In che modo possiamo combattere lo stress del Natale e di tutti gli altri periodi di festa? «Possiamo cercare di ascoltare i nostri stati interni, distraendoci dagli obblighi e limitando le aspettative, gli eccessi alimentari, gli stravizi; uscire dalla ritualità stretta delle feste e trovare modi personali di vivere questi momenti in base alle nostre esigenze ed ai nostri desideri. Buon senso e moderazione ci suggeriscono una razionale organizzazione del tempo e la formulazione di progetti ed aspettative realistici. Qualche momento di solitudine e silenzio non potrà che farci bene».
Autore: Beatrice De Gennaro