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Nasce il primo Gruppo di Azione Costiera (GAC) a sostegno del settore della pesca
29 luglio 2011

BARI - La Provincia di Bari, d'intesa con altri partners pubblici e privati, al fine di fornire un nuovo impulso al settore della pesca, alla promozione dell'ecoturismo, alla valorizzazione del patrimonio naturale, si è proposta quale ente capofila del processo di costituzione del partenariato sociale ed economico del GAC (Gruppo di Azione Costiera) "Mare degli ulivi".
L'obiettivo del G.A.C. è quello di accedere ad una parte degli oltre 9 milioni di euro di contributi europei previsti dal Piano Finanziario del P.O. FEP 2007-2013 della Regione Puglia per il sostegno ad azioni in materia di sviluppo sostenibile e miglioramento della qualità della vita nelle zone di pesca, nel quadro di una strategia globale di sostegno all'attuazione degli obiettivi della politica comune della pesca.
La Provincia di Bari, svolgendo un ruolo strategico nella pianificazione e nel coordinamento delle politiche di sviluppo del territorio costiero, insieme ai Comuni di Mola di Bari, Polignano a Mare, Monopoli, Fasano, alla Camera di Commercio di Bari, ai rappresentanti del settore della pesca (Federpesca, Legapesca, Unci Pesca, Federcoopesca, Anapi, Agci Agrital e Coldiretti - Impresa Pesca) e di realtà economiche, sociali ed ambientali del territorio (Banca popolare di Bari, Crsa "Basile Caramia", Ad Concord spa, Legambiente Puglia e Forpuglia) ha costituito una società pubblico - privata alla quale sarà affidato il compito di presentare un Piano di Sviluppo Costiero richiesto dal bando.
Il risultato è stato raggiunto dopo una lunga fase di concertazione con gli attori interessati che si è avvalsa, inoltre, della collaborazione della Università degli Studi di Bari - Facoltà di Agraria.
Il Piano di Sviluppo Costiero, condividendo con gli attori locali una strategia di sviluppo delle risorse marine di tipo integrato e proveniente dal "basso", in un'ottica di lungo periodo, ha l'ambizione di definire un programma di attività basato sulla formulazione di una idea forza che fa del mare una risorsa-sistema grazie alla quale attivare processi di crescita del territorio.
 

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Nel 1950 abbiamo tratto dal mare 21 milioni di tonnellate di pesce, in seguito abbiamo ampliato la pesca globale allo straordinario ritmo del 6-7 per cento all'anno, con una velocità di espansione che sorpassa perfino quella delle “miracolose granaglie” della Rivoluzione Verde. Ai primi anni '70 il pescato aveva raggiunto l'incredibile cifra di 70 milioni di tonnellate: in seguito però non si è più innalzato, a causa di una pessima gestione delle risorse. Alcuni esperti nel settore della pesca ritengono che il nostro pescato potrebbe arrivare a espandersi fino a 100 milioni di tonnellate, ma per raggiungere questo livello dovremmo adottare strategie di pesca tali da generare un “gettito più sostenibile”. In teoria l'espressione si riferisce al pescato annuo “ottimale”, che si può ottenere indefinitamente dalle specie senza provocarne la rarefazione. I biologi esperti di pesca dicono che quando si comincia a sfruttare una riserva fino a quel momento intoccata, il pesce che resta reagisce riproducendosi con maggior abbondanza, in conseguenza di un evidente surplus alimentare. Gli stessi biologi però ci avvertono che, in molti casi, non si è affatto in grado di precisare la quantità “iniziale” di quel tipo di pesce. Alle nostre conoscenze biologiche inadeguate fanno invece riscontro tecnologie che avanzano a passi di gigante, permettendo alle flotti di catturare interi branchi di pesci, con una frazione minima dello sforzo che sarebbe occorso vent'anni fa. Questi problemi sono resi comp0lkessi dal mercato del denaro, il quale esige che gli operatori recuperino gli investimenti e incassino i profitti nel giro di qualche anno soltanto, indipendentemente dal tempo che occorre alle risorse naturali per riempire i vuoti. Il risultato è che il nostro concetto di “gettito sostenibile” può essere almeno dieci volte diverso da quello della Natura. Così agendo per anni e anni, il potenziale del mare e di tutte le specie di pesci è stato depauperato in modo insensato e si sta riducendo in maniera allarmante; sfruttate al limite del potenziale sostenibile, e anche oltre. I mammiferi marini sono stati fortemente decimati per lo sfruttamento dell'olio e della carne. Perché il costante incremento del pescato, che tra il 1950 e il 1970 si aggirava attorno al 7 per cento annuo, è venuto a cessare? La triste verità è che la pesca sfrenata sta distruggendo le riserve del pianeta. Mentre negli anni 50' c'erano stati solo rari fallimenti in alcuni settori dell'attività ittica, negli anni 60' e 70' hanno visto un numero sempre maggiore di crolli nelle tradizionali attività pescherecce, alcuni dei quali assai spettacolari. La colpa in parte è della tecnologia: le grandi flotte pescherecce che operano lontane dalle basi fanno ricorso a particolari tecniche, con reti a maglie finissime per “setacciare” il mare. In parte, è della nostra ignoranza degli ecosistemi marini. Un'altra causa è stata la sempre maggiore richiesta di pesce e dei prodotti derivati (mangime e fertilizzanti). La distruzione dell'habitat marino è soprattutto grave nelle zone costiere. Stagni salmastri, estauri, paludi mangrovie e scogliere di corallo, tutte zone di grande bellezza e importanti per il nostro benessere, sono particolarmente vulnerabili al degrado e alla distruzione operata dall'uomo. Poi l'inquinamento.........(Gaia Book 1975)

Perdio! Quante parole altisonanti. Vi prego di scusarmi, ma NON ci ho capito una beneamata... L'unica cosa chiara è quella definita come ..."accedere ad una parte dei 9 mio euro di fondi europei"; e poteva essere diversamente? Il G.A.C. neonato, potrebbe dire che fra le azioni che saranno intraprese c'è anche quella della persecuzione, si PERSECUZIONE penale e finanziaria, tale che gli passi la voglia, di quei CRIMINALI che continuano - indisturbati - a depauperare le risorse ittiche pescando NOVELLAME (le famose agostinelle, che i palati fini pagano fior di decine di euro; oppure le "sarachelle" delizia del palato di altri crapuloni che pur di soddisfare una voglia, stanno mettendo a rischio l'ambiente) per non parlare dei datteri di mare e dei ricci! Parlando con un padroncino di piccola pesca (le barche della giornata, per intenderci) gli chiedevo la ragione della scarsità e di conseguenza dell'elevato prezzo del pesce pescato; mi rispondeva che la colpa era anche nostra, di noi consumatori, perchè se non comprassimo il novellame, forse non si pescherebbe - rigorosamente di frodo e, perché no, quasi sotto gli occhi di chi (non) controlla; pertanto, forse il mare farebbe in tempo a rigenerarsi! Con l'aggravante, diceva, che se noi pescatori protestiamo, in quanto parte lesa, corriamo il rischio, se va bene di essere malmenati; se va male che ci brucino le imbarcazioni! Allora, caro G.A.C., terra terra, quali sono gli obiettivi concreti, al netto di tante parole che, ripeto per me, sono ARABO.

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