Mozart. Andantino dal concerto in do maggiore k299
Il mio vecchio studio era nel rione detto delle Catacombe, anche se le Catacombe pare che in realtà non ci fossero mai state, ma le strade strette, i vicoli, gli archi e le scalette fra una strada e l’altra erano la testimonianza di un passato tutto da scoprire. Lo studio era l’angolo di un edificio con un alto zoccolo di pietra che arrivava quasi al primo piano, io lo chiamavo “la mia torre”. Una stanza al pian terreno che usavo come spazio espositivo della mia ultima produzione, aperta solo per gente interessata alla mia pittura: amici, critici, estimatori, possibili acquirenti o committenti che aveva una robusta porta di ferro, i ladri mi avevano “visitata” già due volte, accanto, un portoncino, anche questo di ferro che portava ai due piani superiori con una scala ripida, dai gradini altissimi, come tutte le case della stessa zona. Al primo piano un salottino con un ampio divano e due grandi poltrone, su un tappeto piuttosto… usato, tutto portato da casa mia quando i miei avevano rinnovato il salotto, e tre librerie zeppe di libri e raccolte di dischi, i miei ascoltatissimi 33 giri. Ci trovavamo a volte di sera con i miei amici per ascoltare musica jazz. Ricordi di viaggio alle pareti, naturalmente quadri e un grande specchio con una cornice in legno scuro lavorato appartenuto a un mio zio. Al secondo piano la grande stanza piena di luce dove lavoravo: il cavalletto, un tavolo da disegno, un lettino che mi serviva soprattutto d’appoggio per tele e libri, una grande vetrata che dava su un balcone cui si accedeva da una porta-finestra. La luce era perfetta per dipingere, tanta, ma senza sole diretto data una casa di fronte. È il crepuscolo ma c’è ancora luce, sono qui solo per prendere alcuni libri che mi servono e mi fermo sul ballatoio del primo piano con il cuore in gola: dalla stanza superiore le note dell’Andantino dal Concerto in do maggiore di Mozart e uno scricchiolio ritmico, l’inconfondibile oscillare della sedia a dondolo di vimini ereditata da una mia prozia. Ricordo di aver messo a posto il disco, tante volte ascoltato perché mi rasserena… e la sedia? Chiamo i Vigili? Ma per dire che c’è un ladro o un vagabondo che si dondola sulla sedia ascoltando Mozart? Preferisco non pensare alla risposta! Devo salire da sola. Mi segno e recito la preghiera di Compieta “Procul recèdant somnia et noctium phantasmata…” (I sogni e i fantasmi della notte fuggano lontano da noi). La musica non si sente più: entro cautamente nella stanza e la luce del crepuscolo rivela pian piano il materializzarsi di una figura femminile sulla sedia a dondolo. È giovane e bella, indossa una lunga veste di seta con maniche lunghe e strette e una profonda scollatura con su una sopravveste di broccato, una specie di cuffietta di pizzo sui capelli che vengono fuori lunghi e mossi. “Non accendere la luce – dice con una bella, calda voce un po’ ironica – hai paura?” “Sì… forse… no”, dico per dare coraggio a me stessa… in fin dei conti le storie di fantasmi le scrivo, ma questo a lei non lo dico “Mi ha attratta la musica, la ascolti spesso, ed è stata scritta proprio per me!”. La guardo a bocca aperta: “Ma allora sei la figlia del conte di Guinness, Ambasciatore francese in Inghilterra… (devo darle del tu, del voi, del lei? Che problemi mi faccio!). Il racconto“Vedo che sei bene informata! – ride –. Nel suo viaggio in Europa Mozart si fermò in Inghilterra e io ho avuto la grande fortuna di avere da lui lezioni di composizione per due ore al giorno. Suonavo molto bene l’arpa e mio padre grande appassionato di musica era un ottimo flautista, così incaricò Mozart di scrivere un concerto per noi: Il Concerto in do maggiore per flauto, arpa e orchestra, con l’Andantino che ti piace tanto”. La ascolto a bocca aperta e devo avere un’espressione ebete. Ride: “Nel nostro salotto, frequentato dalla migliore aristocrazia, era venuto anche Antonio Salieri. Il Maestro aveva già una grande fama che non fu certo oscurata dalla presenza di Mozart. Tante leggende sono fiorite su questa presunta rivalità”. Ripenso al dramma di Puskin “Mozart e Salieri”, musicato da Rimskij-Korsakov, che descriveva Salieri come intrigante, mediocre compositore, addirittura l’assassino di Mozart. “Il rapporto fra Salieri e Mozart, fu in realtà, sempre cordiale, Salieri era all’apice del successo e della fama e non poteva certo temere che questa fosse offuscata dal giovane Mozart. Ma… andiamo con ordine. Salieri mi aveva ascoltata suonare e aveva per me una grande tenerezza, ero ancora quasi una bambina avevamo suonato spesso insieme. Un giorno mio padre arrivò a casa sconvolto, convocò la famiglia nella Sala di Musica e con gli occhi pieni di lacrime ci comunicò che Mozart era morto. Si accusava Salieri di averlo avvelenato, orribile calunnia che è giunta fino alla tua epoca. Scoppiai in singhiozzi e quando Salieri venne di nuovo a casa mia, mio padre, che era un impulsivo, si rifiutò di riceverlo finché non si fosse fatta chiarezza. Da quel giorno non parlai più e mi rifiutai di suonare, trascorrevo le giornate guardando dalla finestra, come se avessi perso ogni interesse. I tanti medici interpellati non sapevano più cosa fare e io rifiutavo qualsiasi cura. Un giorno Salieri che era tornato a Londra dopo un trionfale giro di concerti in tutta Europa, venne a bussare alla nostra porta. Il Valletto lo aveva appena annunciato ed io, come destata da un sogno, gli corsi incontro, lo presi per mano, lo condussi nella Sala di Musica e a mio padre che ci seguiva con le lacrime agli occhi porsi il flauto, mi sedetti all’arpa, Salieri sedette al clavicembalo, non essendoci l’orchestra e suonammo l’Andantino per flauto e arpa dal Concerto K 299. La musica dolce e serena sembrava riportasse calma e fiducia, e appena le note si spensero dissi con voce chiara: “Grazie, Maestro, bentornato!” Piangevano tutti, ma di gioia. Poi sono accadute tante cose..., ma il nostro tempo è finito”. Pian piano si dissolse nell’aria così come era apparsa. Il disco continuava a girare ma la musica non si udiva più. Che avessi sognato tutto? La sedia continuò a dondolare piano, fino a fermarsi. © Riproduzione riservata