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Motopesca Francesco Padre dopo 17 anni verità da un pezzo di legno con un foro sospetto
15 novembre 2011

La verità del motopesca Francesco in un reperto «sospetto»: un pezzo ligneo con un foro. Sarà sottoposto allo studio del Raggruppamento Carabinieri Investigazioni Scientifiche di Roma, che già aveva offerto la propria consulenza per un tirante del lato di poppa, recuperato nell’aprile 2005 in un tratto di mare compatibile con il sito dell’affondamento. Quel foro sembra sia di origine balistica, ma il pezzo ligneo dovrà essere confrontato con i reperti del motopesca. «Si procederà con una consulenza merceologica per stabilire con certezza se questo reperto appartenga al Francesco Padre, perché trovato non direttamente nell’area dello scafo del peschereccio - ha spiegato il Sostituto Procuratore di Trani, Giuseppe Maralfa, nella conferenza post-ricognizione al Terminal Crociere di Bari - perciò, sarà confrontato con un pezzo di legno preso direttamente dal motopesca». Dopo l’attribuzione, il reperto sarà esaminato a livello chimico-balistico per accertare la presenza di tracce di esplosivo lasciate nella deflagrazione, la distanza dell’attacco e l’appartenenza alla zona di poppa o di prua, ricostruendo la dinamica dell’evento e rileggendo anche l’inchiesta archiviata nel 1997. I reperti della prima inchiesta non sono più disponibili (materiale solo fotografico), ma dal filmato video del 1996, recuperato solo per vie traverse, ha sottolineato con grande rammarico il procuratore Maralfa, sono state tratte altre foto. I fori sul motopesca, visibili anche in quel filmato, sarebbero stati prodotti da schegge metalliche: elemento che caldeggia l’ipotesi dell’attacco in mare. Ribaltata la versione della prima inchiesta (esplosione dall’interno per il trasporto illegale di armi). Gli elementi probatori. 23 i reperti recuperati, nonostante le difficoltà operative (numerose le reti depositate sul relitto) e le avverse condizioni del mare: parte del fasciame del motopesca, frammenti di legno presumibilmente di pertinenza del natante, frammenti di cinghie trapezoidali di trasmissione del gruppo motore (missione del 4-7 ottobre 2011); pezzi di legno e formica di varie misure e specie, pezzi metallici, cilindri e piatti, due scarpe e una porzione di fasciame della parte prodiera sinistra esterna (missione del 18-25 ottobre). La verità da questi reperti? «Potenzialmente sì, secondo noi, perché ci sono sufficienti dati per fare dei riscontri, sperando che in tutti questi anni si trovino tracce in grado di dire qualcosa», la risposta dell’avvocato Nicola Ferdinando Persico, tra i legali dei difensori dei familiari delle vittime. Conservati in contenitori stagni all’Ufficio Circondariale Marittimo di Barletta, saranno sottoposti a esami tecnicochimico- fisici da parte dei consulenti tecnici d’ufficio. Impossibile portare in superficie il relitto sia per l’elevato costo (circa 15milioni di euro), sia per le difficoltà dell’operazione. Soddisfazione dal procuratore Maralfa, non solo per il lavoro svolto in collaborazione con la Marina Militare e i Carabinieri del Comando Provinciale di Bari, coadiuvati da 3 palombari (Luca Russo, Alessandro Massa, Angelo Nitti), ma anche per la quantità degli elementi repertati, in discreto stato di conservazione. Emozioni e sensazioni difficili da descrivere per Maria Pansini, figlia del comandante Giuseppe e presidente del Comitato Francesco Padre Verità e Giustizia. Costante la sua presenza durante le due missioni, giorno e notte. «Avevamo la speranza di trovare i resti umani, la volontà, la voglia di riportarli a casa - ha commentato a Quindici - purtroppo tutte speranze deluse». Forse, sarebbe stato doveroso recuperare almeno i corpi delle 5 vittime se nel filmato del 1996 si intravede uno scheletro. Le 5 vittime sono state onorate con il lancio in mare di una lapide commemorativa sulla verticale del sito dell’affondamento. Le fasi preliminari dell’indagine. Riaperte le indagini nel febbraio 2010, otto sono state le fasi preliminari, illustrate dal procuratore aggiunto della Repubblica di Trani, Francesco Giannella, a partire dall’acquisizione dell’intera documentazione (compresi tracciati e registrazioni relativi il 3-4novembre 1994) dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, dal Ministero della Difesa, dalla Marina Militare, dall’Aeronautica Militare, dalla NATO, dagli enti militari stranieri coinvolti nella operazione Sharp Guard (embargo nei confronti della Jugoslavia), dal Dipartimento Informazioni per la Sicurezza, dall’Agenzia Informazioni Sicurezza Interna e dall’Agenzia Informazioni Sicurezza Estera. Successive le audizioni dell’on. Cesare Previti, all’epoca ministro della Difesa, e dei comandanti delle unità navali ad aeree straniere presenti in zona.

Autore: Marcello la Forgia
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