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Mostra su Federico II e il potere dell’armonia con Riccardo Muti
15 luglio 2018

Castel del Monte fa parte della mia vita, totalmente: questo è l’incipit dello scritto con il quale il Maestro Riccardo Muti ha commentato la sua collaborazione a un evento di straordinario spessore culturale come “Il potere dell’armonia. Federico II – De arte venandi cum avibus”, del quale ha ispirato il tema. Il Maestro, infatti, scrive: «Il mio amore per Castel del Monte mi ha spinto ad acquistare un piccolo terreno, da cui è visibile il “libro di pietra”… Immagino lo Stupor Mundi (Federico II – ndr) non solamente uomo dedito alla cultura, ma soprattutto aperto alla fratellanza, pronto a superare, o a tentare di superare, tutte le frizioni che potevano sorgere nel suo regno, tra religioni diverse, tra razze diverse, tra ideologie diverse, tra culture diverse... Sono questi concetti federiciani di tolleranza, di convivenza pacifica, di onestà, quelli che mi hanno guidato nei “Viaggi dell’amicizia”. Cioè l’idea di unire, ovunque andassi, musicisti italiani a quelli di Paesi che, spesso, soffrivano di guerre, lotte di religioni, dittature... È meraviglioso vedere insieme, uniti davanti allo stesso leggio, musicisti che appartengono a culture lontane, a religioni differenti, a nazioni tra loro belligeranti. Essi parlano lingue diverse ma comunicano attraverso la musica lo stesso sentire». Estremamente attuali le considerazioni ispirate a Riccardo Muti dal notissimo maniero federiciano e legate all’evento che ha preso il via poche settimane fa. L’iniziativa, nata con l’intento di far conoscere al grande pubblico il “De arte venandi cum avibus”, il trattato relativo alla caccia praticata con l’ausilio di rapaci, farne comprendere l’attualità e il valore scientifico molto più ampio di quanto comunemente si creda, si snoda in tre castelli, tre simboli della grande presenza pugliese di Federico II, ossi ai castelli di Bari e Trani oltre al già citato Castel del Monte. L’interessante esposizione, ideata da Lorenzo Zichichi, direttore della casa editrice “il Cigno GG Edizioni” e Tommaso Morciano, presidente del consiglio d’amministrazione di “Nova Apulia”, è stata realizzata in collaborazione con l’Università degli Studi di Bologna e il Centro Europeo Studi Normanno-Svevo, coinvolgendo quattro personalità di primissimo piano, autentiche eccellenze nei rispettivi campi: il prof. Ortensio Zecchino, Anna Laura Trombetti Budriesi, Piero Pizzi Cannella e lo stesso Maestro Riccardo Muti. Il trattato scritto da Federico II anticipava di secoli la moderna etologia (l’osservazione e lo studio del comportamento degli animali), rimanendo insuperato, per molti aspetti, fino a Konrad Lorenz, come ha evidenziato Lorenzo Zichichi. Il prof. Ortensio Zecchino, docente di Storia medievale e presidente dell’Enciclopedia Fridericiana della Treccani, oltre a curare parte del percorso didattico della mostra, è l’autore delle immagini fotografiche che attualizzano il Trattato, foto che ha colto nei «pantani di Puglia in cui Federico ha potuto esercitare la caccia col falcone». Più volte Ortensio Zecchino ha rimarcato come il “De arte venandi” sia «un vero “libro delle meraviglie”, che mette in evidenza tre intelligenze: quelle del falco, del falconiere e della preda». «Federico considerò la falconeria una scienza e volle elevarla al rango di “ars” (arte – ndr), perfetta sintesi di conoscenze teoriche e abilità pratiche» ha affermato Anna Laura Trombetti Budriesi, ordinaria di Storia medievale all’Università di Bologna e massima specialista del Trattato, di cui ha curato l’edizione critica del testo latino e la prima traduzione completa nel 1999. Ha promosso, inoltre, la prima traduzione completa in arabo, oltre a curare l’appartato scientifico su cui si snoda la mostra. «Nell’opera – sottolinea Anna Laura Trombetti Budriesi – scrive che si tratta di una disciplina elaborata e complessa... non è solo un passatempo di alto livello, è un’attività altamente formativa, che conferma la nobiltà di chi la insegna ed esalta quella di chi la apprende». L’esposizione, il cui allestimento è stato curato dall’architetto Elena Giangiulio (coadiuvata dalla direzione artistica de Il Cigno), presenta anche le monumentali scenografie e gli acquerelli ispirati alle pagine del manoscritto federiciano del Maestro Piero Pizzi Cannella, fondatore della Nuova Scuola Romana nonché tra i massimi esponenti dell’arte figurativa. Dipinti realizzati ascoltando i brani scelti dal Maestro Muti. Ad accompagnare i visitatori, infatti, composizioni di Nino Rota, Sergej S. Prokofiev e anonimi medievali: tutti brani scelti e consigliati dal Maestro Riccardo Muti per accompagnare la visione della mostra e la lettura del Trattato. Intervenuta nelle tre tappe inaugurali dell’esposizione, la dottoressa Mariastella Margozzi, direttrice del Polo Museale della Puglia, ha affermato «Questa accattivante mostra, con la sua tematica artistica e scientifica del trattato dell’arate venatoria, permette ai tre siti (Castel del Monte, Castello di Bari, Castello di Trani – ndr) di fare sistema, rinnovando ad ogni tappa l’interesse per il contenitore, per il tema e per la cultura federiciana in Puglia. Il Trattato è un testo che fa comprendere la cultura di questo paesaggio. Non solo guerra e conquiste ma anche diplomazia, bellezza, arte “ludica”». «Il nostro obiettivo è quello di rendere vitali questi luoghi – ha concluso la dott.ssa Margozzi – impostare la creazione di un sistema, di una rete. Un sistema unitario collegato al territorio, dal paesaggio all’enogastronomia ». Sulla stessa linea le dottoresse Elena Saponaro, direttrice di Castel del Monte, e Rosa Mezzina, direttrice dei castelli di Bari e di Trani. La dottoressa Saponaro, in particolare, ha rimarcato la funzione didattica della mostra, in programma sino ad ottobre, e la valenza che può assumere nei confronti del pubblico “più giovane”. Grande attenzione, dunque, anche agli aspetti didattici e multimediali: touch screen consentono di “sfogliare” il manoscritto, proiezioni di alcuni brani del Trattato integrati da foto e miniature, filmati con le interviste ai prof. Zecchino e Trombetti Budriesi oltre che all’artista Pizzi Cannella, rielaborazioni di brani tratti dal manoscritto tradotto in francese e splendidamente miniato (ispirandosi all’originale) nel Trecento, custodito nella Bibliothèque Nationale di Parigi. Una iniziativa, studiata e meditata da anni, che ha avuto un altrettanto interessante precedente nella mostra dedicata a Leonardo Fibonacci (svoltasi nel 2016 nei medesimi luoghi), dedicata a un sovrano, Federico II, che (come ha rimarcato più volte il prof. Zecchino) a 800 anni di distanza continua ad affascinare. © Riproduzione riservata

Autore: Isabella de Pinto
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