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Molfetta-Leningrado via Budapest (II parte) Racconti di viaggio
15 ottobre 2024

A Kiev piove a dirotto, per ora non è possibile uscire, ma è bello vedere dalla finestra della stanza del nostro albergo la pioggia fitta che sembra non riuscire a penetrare le chiome foltissime degli alberi appena sotto di noi. Cerco di tirare su il morale degli altri del gruppo dicendo che le piogge estive sono violente ma generalmente durano poco. Sembrano convinti, finiscono di brontolare e infatti poco dopo la pioggia finisce e il sole splende. Siamo arrivati a Kiev dopo la sosta di un giorno a Budapest, città che mi affascina con la sua splendida cattedrale e il Danubio che scorre maestoso ma non è blu, è piuttosto fangoso e torbido-che delusione! Prossima tappa Vienna, ci stiamo poco, il tempo che basta per vedere la piazza piuttosto piccola con i tavolini di un bar con tante tovaglie bianche, frequentato da Chopin. È emozionante, poi si parte per la Russia. Fino a Mosca si andrà in treno: è una bella esperienza, il treno è a scompartimenti con comode cuccette e noi trascorriamo quasi tutto il tempo sdraiati a chiacchierare e ridere e ogni tanto una passeggiata fino a una cabina in fondo allo scompartimento dove si può servirsi di un tè forte e caldo sempre disponibile in un gigantesco samovar su un fornello. Prima sosta, Kiev. Siamo stanchissimi e dormiamo fino al mattino per tutto il tempo a disposizione. La mattina ci sveglia una pioggia fitta che sembra non riuscire ad attraversare le chiome degli alberi, tagliate in forma cubica, che vediamo sotto la finestra del nostro albergo. Per fortuna la pioggia non dura molto, il cielo è azzurro, e ci precipitiamo fuori per raggiungere il pullman che ci farà visitare la città. Gli altri mi lasciano il posto davanti, sanno che non voglio interferenze nel mio guardare, osservare, prendere appunti, e così il posto vicino resta libero fin quasi al momento della partenza, quando una voce maschile mi fa alzare la testa dalla guida che sto consultando. “È libero? Posso sedermi?” chiede un bel giovane inequivocabilmente russo. Naturalmente gli faccio cenno che può sedersi, Il pullman parte e poco dopo stiamo conversando animatamente in un misto di inglese, parole russe che ovviamente non capisco e testi di canzoni e brani lirici. Mi dice che è un baritono e oltre che in teatro canta nel coro dell’Armata Rossa e questo gli consente di viaggiare e spesso di aver modo di cantare in teatro. Ha trovato pane per i suoi denti essendo io un’appassionata di lirica e così abbiamo modo di comunicare attraverso parole di canzoni famose o romanze d’Opera. “Accidenti a lei, come fa a mettersi a parlare con un russo se non conosce il russo? Riesce sempre ad attaccare bottone con tutti”. Dice una del gruppo, una tizia che ha rivelato di essere velenosa. La cosa non mi tocca minimamente e la “conversazione” con Vladimiro continua nei due giorni successivi con grande divertimento di tutti due. I tre giorni a Kiev finiscono presto, prossima tappa: Mosca. Con lui ci salutiamo con rammarico, convinti che tutto finisca qui, invece la nostra storia – intendo mia e di Vladimiro – continua. Ho diverse sue lettere che iniziano con “Carissima Marissa” non c’è stato verso di fargli capire che per il mio nome basta una sola “s”. Una volta a casa Vladimiro continua a chiedermi spartiti di romanze d’Opera per baritono puntualmente ricercate da mio padre che oltre che medico è musicista e Vladimiro invia lettere con bellissimi francobolli per la collezione di mio padre. Poi un giorno mi scrive che è in partenza per un giro di concerti con il coro dell’Armata Rossa ed è chiaro che la lettera è stata aperta: ci sono due o tre righe evidentemente cancellate. Nella lettera successiva mi scrive che inizia il tour dei concerti, verrà anche in Italia, così lo invito a venire due o tre giorni da noi, e questa è l’ultima lettera che gli invio, non ho ricevuto più niente da lui. Nel pullman ci siamo salutati come vecchi amici, con un po’ di commozione. Partiamo per Mosca… Ma questa è un’altra storia… © Riproduzione riservata

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