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Molfetta, una città ammutolita. Riflessioni dopo l’ultimo consiglio comunale e le indagini giudiziarie
24 novembre 2020

 

Ho seguito in streaming il consiglio comunale della mia città, Molfetta, confusa dalle indagini giudiziarie: uno spettacolo surreale. Lo si evince anche dall’efficace resoconto che ne ha fatto Gabriele Vilardi su “Quindici on line”

Se nell’aula consiliare non ci fossero stati gli interventi forti di Isabella de Bari, Paola De Candia, Silvia Rana e Beppe Zanna, e sui social i comunicati di alcune forze politiche, la città non avrebbe avuto alcuna voce.

Una città in coma. Anche perché sono terminati del tutto gli echi degli assoli dei candidati che, in una campagna elettorale tra le più truffaldine di questi ultimi decenni (per aver nascosto le responsabilità regionali dell’aggravamento della pandemia), hanno raccolto migliaia di voti a sinistra e a destra, pure citando abbondantemente e inopportunamente un vescovo che mai avrebbe pensato di essere utilizzato in simili contese divisive (cosa senza precedenti).

Questo silenzio ha contagiato anche parte della chiesa locale, intimidita nel suo ruolo profetico e di coscienza critica, quasi lontana dalla cura di una comunità dove la legalità dovrebbe regnare, a partire dalle autorizzazioni per edificare un monumento ad un carissimo e correttissimo cittadino onorario, che forse non gli sarebbe importato, per finire agli appalti delle strade.

Per fortuna, però, sono di sostegno prezioso alla logoterapia difficile della città altri soggetti pubblici (es. Caritas, il Social Market Solidale, il Forum Molfetta Accogliente, altre associazioni laiche ed ecclesiali) per non parlare della molta imprenditoria non parassitaria. Sono questi i luoghi dove viene contrastata l’afasia della gente, la stanchezza delle famiglie, l’incuranza dell’infanzia, la disgregazione di una comunità che in tal modo non sprofonda ancora di più nella tristezza.

Per questo, per svegliare la città, si potrebbe chiedere che il prossimo consiglio non venga socializzato in streaming, ma coraggiosamente realizzato sotto le due torri grilliche o quelle decine minerviniche della speculazione edilizia, oppure in Corso Umberto, o via Cavallotti, o accanto alla fontana della stazione, data la probabilità che parlino le nuove basole o gli spruzzi pagati nel modo che si sta accertando. Voglio dire, cioè, che un sindaco, da educatore, scendendo nell’agorà, può realizzare adunate per chiarire l’intervento della magistratura, giustificare le accuse, cancellare il pettegolezzo e i sospetti sui quali cresce l’impolitica. Lui e noi non possiamo vivere degli incensi o delle nausee delle chat.

Un quasi vecchio come me, non ancora improduttivo del tutto, lo deve dire. Deve dire, sforzandosi di non sbagliare, il dritto, il rovescio e il meglio, anche a costo di subire in Facebook commenti insofferenti, affrettati e pesanti. Lo può dire insieme a tantissimi che vogliono discutere, ragionare e non inchinarsi a posizioni demagogiche, perché in questa babele senza alcuna convenienza crede ancora nella politica, diciamo solare, non quella dei “mi piace”.

Rino Gigante

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