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Molfetta torna negativamente alla ribalta nazionale con l'inchiesta dell'Espresso sull'ex sindaco Azzollini e lo scandalo del porto
24 ottobre 2013

MOLFETTA – Dopo tutti i giornali e le tv nazionali e regionali lo scandalo della presunta truffa sul porto di Molfetta ha avuto spazio anche sul settimanale “L’Espresso” con un’inchiesta che parla del ruolo dell’ex sindaco sen. Antonio Azzollini, presidente della commissione Bilancio del Senato che ora dovrebbe dimettersi non solo da questo incarico, ma anche da parlamentare come avverrebbe in ogni Paese civile.

Purtroppo dopo lo scandalo per le presunte illegalità edilizie che portarono all’arresto dell’ing. Rocco Altomare, poi scarcerato per decorrenza dei termini, ora con la vicenda del porto che ha visto, secondo i giudici, una distrazione di fondi statali dall’opera in costruzione verso le casse comunali per coprire i buchi di bilancio e quindi non sforare il patto di stabilità, Molfetta torna alla ribalta della cronaca nazionale con un’immagine negativa che non ci fa onore.

Ecco l’articolo dell’Espresso di questa settimana, mentre ricordiamo che è in edicola la rivista mensileQuindicicon una ventina di pagine dedicate all’Operazione D’Artagnan della Procura di Trani con tutti i nomi degli indagati e le accuse della magistratura:

 

Inchiesta

Antonio Azzollini, l'indagato per truffa
presidente della Commissione Bilancio

Il senatore che si occuperà della legge di stabilità è sotto inchiesta per truffa ai danni dello Stato e associazione a delinquere per i lavori milionari nel porto di Molfetta. E proprio con la legge finanziaria riusciva a sovvenzionare i suoi affari

di Mariagrazia Gerina

 

Un senatore si presenta con un codazzo di dieci persone in un ufficio regionale. Cerca il dirigente che deve sbloccare l'opera che più gli sta a cuore, il progetto di un porto da costruire nella sua città, Molfetta, con finanziamenti che negli anni lieviteranno fino a 150 milioni. Ventiquattr'ore dopo capisce che non è riuscito ancora a convincerlo e allora sbotta: «Io a quello là qualche volta gli devo dare due cazzotti… dammi il numero, va».

Non si tratta di un senatore qualunque, ma di Antonio Azzollini: un pezzo da novanta del Pdl che ora sarà arbitro della legge di stabilità. Come presidente della Commissione Bilancio, incarico che ricopre per la terza volta dal 2001, sarà lui a decidere quante tasse e quali tagli subiranno gli italiani, sarà lui a decretare la credibilità del nostro Paese davanti all'Europa. Ma il ritratto di Azzollini nelle 762 pagine dell'ordinanza, che lo scorso 7 ottobre ha fatto scattare i sigilli al porto di Molfetta, è ben lontano dalla figura di uno statista: il suo metodo è fatto di pressioni, “violenza morale” e se serve anche “intimidazioni” nei confronti dei “riottosi” che si oppongono ai suoi piani. «Parlava in dialetto molfettese e non proferiva parole gentili, fondamentalmente inveiva contro la Regione Puglia dicendo che avrebbe fatto un casino in Senato», mette a verbale uno dei testimoni.

La procura di Trani lo ha messo sotto inchiesta per truffa ai danni dello Stato e associazione per delinquere. «Di solito un truffatore intasca dei soldi, qui, se questa è l'ipotesi accusatoria, il mio assistito non si è messo in tasca un centesimo», obietta il suo legale, Felice Petruzzella, che, in attesa della conclusioni delle indagini, lo descrive «sereno e convinto della piena legittimità del proprio operato. Aspetta solo di essere posto nelle condizioni di difendersi, non avendo ancora potuto leggere gli atti alla base dell'ordinanza al momento non siamo tecnicamente in grado di controbattere». Intanto il presidente della Commissione Bilancio ha incassato la solidarietà in blocco del Pdl, riuscendo grazie al disinteresse di Pd e Sel a far cadere nel nulla la richiesta di dimissioni presentata dai grillini.

L'inchiesta condotta dai pm Antonio Savasta e Giuseppe Maralfa riguarda i lavori del porto di Molfetta fatto costruire su un giacimento colossale di bombe d'ogni genere, inclusi ordigni all'iprite e al fosforo: migliaia di residuati bellici sepolti per un decennio in quelle acque dagli alleati.

Ma il senatore, che dal 2006 al 2012 è stato sindaco di Molfetta mantenendo il doppio incarico, non si è fermato davanti a nulla, secondo gli inquirenti. La stessa presidenza della commissione più importante di Palazzo Madama a un certo punto sembra trasformata in una sorta di dependance del comune barese. È nella sua stanza al senato, infatti, che Azzollini riceve i vertici dell'impresa a cui da sindaco ha affidato l'appalto del porto, la Cmc di Ravenna, lì che decide, dispone, organizza riunioni, convoca dirigenti e funzionari dello Stato, pur di rimuovere gli ostacoli che si presentano al suo progetto. I magistrati annotano anche «l’appoggio fornito all’occorrenza dal senatore (e legislatore) a livello normativo», citando un appunto circolato tra gli uomini della Cmc, in cui si legge che il senatore sta facendo predisporre «un capitolo di legge che verrà inserito nella finanziaria».

Azzollini sa come raggiungere i risultati. Piomba anche nelle stanze del ministero dell’Interno per fare erogare subito i soldi senza troppe storie. Persino il Ragioniere dello Stato Canzio viene contattato dal senatore, irritato da una visita dei suoi ispettori nella sua città. O almeno così racconta un'impiegata comunale al dirigente della Ragioneria che poi lo riferisce agli inquirenti: «Canzio avrebbe risposto di non conoscere l'esito dell'ispezione e che, in ogni caso, avrebbe opposto il segreto istruttorio». Gli uomini del senatore preferiscono dire che Azzollini è uno che «s’incazza». E però «poi si ammoscia sempre con l'impresa», chiosano nelle intercettazioni.

Gran mattatore dei bilanci dello Stato, Azzollini a ogni Finanziaria è riuscito a strappare altri milioni per il suo porto. «Spero, mi auguro non siano un rifinanziamento di somme già finanziate! Assolutamente non si può fare!», sbotta una funzionaria del ministero dell'Interno quando si accorge che l'appalto da 72 milioni potrebbe essere stato finanziato oltremisura. Circa 80 milioni di maggiore importo complessivo. Che però vengono approvati.

Il senatore e i suoi uomini non amano i dubbi. E le verifiche. Che si tratti della Ragioneria dello Stato. O del funzionario del ministero dell'Interno che telefona ai tecnici del comune barese e spiega di non poter erogare altri soldi senza prima ricevere «l'indispensabile documentazione che rendiconti le lavorazioni eseguite... Io di quel finanziamento non ho nulla... né il progetto, né il cronoprogramma e anche che cosa si prevede di spendere nei prossimi tre anni! Non mi avete mandato nulla». «Ma che vanno cercando questi della Ragioneria. Ci parlo io», proclama Azzollini e irrompe nell'ufficio del funzionario troppo zelante. Che dichiara ai magistrati: «Ci fece manifestamente intendere la sua volontà di ricevere il finanziamento indipendentemente dagli stati di avanzamento dei lavori». Il senatore ha la sua parola magica: «Ci penso io a risolvere la vicenda con l'Economia». E il 13 agosto 2011 viene approvato il decreto legge che consente di erogare in un'unica soluzione tutti i fondi all'ente destinatario, senza attendere la rendicontazione sullo stato di avanzamento dei lavori. «Mi accorsi subito che la norma calzava a perfezione» al caso Molfetta, chiosa a verbale il funzionario.

Una delle cose che vengono contestate al senatore è di usare i fondi destinati alla costruzione del nuovo porto per fare altro. Una pista di atletica, il mercato del pesce, quello ortofrutticolo, le pulizie di alcune aree comunali. Eppure anche in questo caso la legge aiuta. Siamo alla fine del 2005. Azzollini, che presiede da quattro anni la commissione Bilancio, ancora non è sindaco ma si prepara alla campagna elettorale. Per il suo cantiere sono già stati votati due finanziamenti da 50 milioni. A fine 2005 arrivano altri 15 milioni. Sempre per il porto ma stavolta anche «per opere di natura sociale, culturale e sportiva». Aggiunta che, peraltro, lasciando l'ordinanza e sfogliando gli atti parlamentari, si scopre assente dal testo originario e introdotta con un emendamento successivo, nelle pieghe di un decreto omnibus.

Forte di tutti quei finanziamenti, Azzollini una volta sindaco preme l'acceleratore: il 30 agosto viene presentato il progetto preliminare del nuovo porto, il 10 ottobre viene approvato il bando, il 5 marzo 2007, nonostante i dubbi sollevati dall'Autorità per gli appalti pubblici che sostiene sia fatto su misura, viene aggiudicato l'appalto alla cooperativa rossa Cmc di Ravenna (in associazione con Sidra e la Cidonio) e un anno dopo, nonostante le bonifiche molto “parziali”, avviene puntuale la consegna del cantiere. Intanto, per Molfetta spuntano altri 12 milioni nella finanziaria 2009, altrettanti in quella 2010, 15 nel 2011 e altri 15 nel 2012, ancora da erogare. Sempre con quella destinazione allargata.

Rieletto presidente della Commissione Bilancio nel 2008, anche in senato Azzollini lavora sodo. I soldi corrono, i lavori per realizzare il nuovo porto, che dovevano finire a gennaio del 2012, sono fermi al palo. Colpa delle bombe. Un ostacolo non da poco. Azzollini e i suoi sodali si inventano di tutto per aggirarlo. Bonifiche “parziali”, certificati che attestano l'assenza di ordigni nell'area interessata dai lavori. I frutti si raccolgono ad aprile del 2011 quando, grazie alle pressioni del senatore e ai “ni” della Regione Puglia, comincia la prima fase di dragaggio dei fondali.

«Nessuno a piedi deve entrare in colmata, assolutamente, è pericoloso, a parte il fosforo lì ci può essere anche il liquido dell'iprite di una damigianetta che si è rotta trent'anni fa», si sgola al telefono Piergiorgio Zannini, l’uomo che ha certificato la bonifica avvenuta, mentre la draga continua a pescare di tutto - “proiettili”, “incendiarie” - e gettarlo nella colmata. Altro che posa delle prima pietra. «So' tutti pezzi delle bombe che poi vengono macinate e vengono giù», avvertono dal cantiere. «Ne troveremo un casino, glielo avevo detto», risponde Zannini. Il 28 luglio del 2011 nella colmata ci finisce addirittura una bomba intera: «Era benzene e fosforo caricata». «L'avete portata via? L'ha visto qualcuno?», si informa Zannini. «L'abbiamo portata al solito posto».

Sembra di stare in guerra. Ma anche dalla guerra c'è sempre chi ci guadagna. La Cmc di Ravenna a marzo del 2010 incassa dal Comune di Molfetta 7,8 milioni di risarcimenti per il ritardo nell'avvio dei lavori. «Secondo me la cosa dove loro sono oggettivamente molto, ma molto deboli, cioè è il sostenere che questa cosa sia imprevista e imprevedibile», pronostica l'ingegnere della Cmc, Carlo Parmigiani, la “cassandra” del gruppo. La delibera che approva il pagamento all’impresa viene licenziata lo stesso. Soldi fatti uscire come “investimenti”. Grazie al solito pozzo: i finanziamenti del porto, appostati nel bilancio come “Entrate derivanti da riscossioni di crediti”.

L’accordo anche in questo caso si decide nella stanza del senatore a Palazzo Madama. «Dopo le transazioni ognuno deve avere il suo... il suo, diciamo, beneficio», spiega Azzollini al suo collaboratore più fidato.

Pochi mesi dopo, nella stessa stanza il senatore convoca il presidente della terza sezione dei Lavori Pubblici, Massimo Sessa. Vuole consigli per mettere a punto una maxi-variante della grande opera ormai impantanata. «Questo è un personaggio delicato… Non so nemmeno se preferiscano restare da soli», si fa scrupolo il plenipotenziario della cooperativa ravennate, Giorgio Calderoni. La variante viene approvata in giunta il 16 maggio 2011. Riduce drasticamente il dragaggio e fa lievitare i costi di 29 milioni. Un affare. I pronostici dell'ingegner Parmigiani nel frattempo però si sono fatti cupi: «Secondo me questo appalto finisce indipendentemente dal Comune». E ci scappa anche la lacrima: «Questi sono soldi della comunità, porca…».

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