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Molfetta, Smart communities la via per costruire la città del futuro Domani l'assessorato all'innovazione promuove a Molfetta un incontro per discutere di progetti e opportunità con gli assessori regionali allo sviluppo economico Loredana Capone, alla trasparenza e legalità Guglielmo Minervini, il sindaco di Brindisi Mimmo Consales e il presidente del distretto tecnologico pugliese Lorenzo Vasanelli
27 ottobre 2013

MOLFETTA - Attraversare la crisi e superarla con l’impegno e la partecipazione civile attraverso l’ascolto e il dialogo con i cittadini, le imprese, le comunità locali per favorire l’emersione e la selezione dei bisogni che si possono soddisfare migliorando servizi e qualità delle comunità grazie alla ricerca e alla tecnologia. È questo il senso delle smart communities promosse attraverso una delle misure del Programma Operativo Nazionale "Ricerca e Competitività" (PON "R&C"). Il Comune di Molfetta è diventato da agosto un Punto di informazione per l’antenna pugliese Pon di Brindisi che mira a costruire un circuito virtuoso tra privato e pubblico per costruire una città intelligente e innovativa.

Per illustrare alla città i progetti e le opportunità per le imprese delle Smart Communities è in programma domani, lunedì 28 ottobre, un incontro pubblico alle ore 16.30 nella sala riunioni della sede comunale di Lama Scotella (via Martiri di Via Fani). Interverranno Paola Natalicchio, sindaco di Molfetta, Mimmo Consales, sindaco di Brindisi, Francesco Bellifemine (nella foto di Mauro Germinario), assessore all’innovazione e sviluppo economico del Comune di Molfetta, Loredana Capone, assessore all’innovazione e sviluppo economico della Regione Puglia, Guglielmo Minervini, assessore alle politiche giovanili, trasparenza e legalità Regione Puglia, Lorenzo Vasanelli, presidente del Dhitech - Distretto Tecnologico Pugliese, Fulvio Obici, responsabile della comunicazione del PON Ricerca e Competitività MIUR. Modera: Michele Lastilla, Antenna PON Puglia.

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Il futuro? La città o le città del futuro? - Un nuovo tenore di vita, adattato alla pacificazione dell'esistenza, presuppone inoltre per il futuro una riduzione della popolazione. E' comprensibile, persino ragionevole, che la civiltà industriale consideri legittima la strage di milioni di persone in guerra, ed i sacrifici quotidiani di tutti coloro che non hanno cure e protezioni sufficienti, ma scopra i propri scrupoli morali e religiosi se si tratta di evitare la produzione eccessiva della vita in una società che è ancora rivolta alla annichilazione pianificata della vita nell'Interesse Nazionale, e alla mortificazione non pianificata della vita da parte degli interessi privati. Questi scrupoli morali sono comprensibili e ragionevoli perché una società simile ha bisogno di un numero sempre crescente di clienti e sostenitori; l'eccesso di capacità produttiva che costantemente si rinnova deve pur essere collocato in qualche modo. Ma le esigenze della produzione di massa, con i profitti che reca, non sono necessariamente identiche a quelle dell'umanità. Il problema è non solo (e forse neppure principalmente) quello di sfamare e assistere adeguatamente una popolazione crescente – è in primo luogo un problema di numero, di pura quantità. C'è qualcosa più di una licenza poetica nell'accusa che Stefan George ha pronunciato mezzo secolo fa: “Schon eure Zahl ist frevel” (Il vostro numero è già un crimine). Il crimine è quello di una società in cui la popolazione che cresce peggiora la lotta per l'esistenza dinanzi alla possibilità di allevarla. La brama di un maggiore “spazio vitale” non si manifesta soltanto nell'aggressività internazionale ma anche entro la nazione. Qui l'espansione ha invaso, nelle innumerevoli forme del lavoro di squadra, della vita di comunità, e del divertimento, lo spazio interiore della sfera privata ed ha praticamente eliminato la possibilità di quell'isolamento in cui l'individuo, lasciato solo a se stesso, può pensare e trovare. Questo aspetto della sfera privata – la sola condizione che, quando i bisogni vitali siano soddisfatti, può dare significato alla libertà e all'indipendenza del pensiero – è diventata da lungo tempo la più dispendiosa delle merci, che può permettersi solo l'individuo ricchissimo (il quale non l'usa). Per questo riguardo, del resto, la “cultura” rivela le sue origini e limitazioni feudali. Essa può diventare democratica solo a mezzo dell'abolizione della democrazia di massa, ovvero solo se la società sarà riuscita a ristabilire le prerogative della sfera privata consentendole a tutti e proteggendole per tutti. (Herbert Marcuse - L'uomo a una dimensione)


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