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Molfetta, sindaco e assessori in carovana alla Regione per le opere di sminamento del porto
30 giugno 2008

MOLFETTA - Stamattina grande movimento tra gli uffici comunali molfettesi. Sindaco e assessori comunali tutti in auto, diretti agli uffici regionali, per concludere la questione sullo sminamento del fondale molfettese. Gli ordigni possono, infatti, impedire la prosecuzione dei lavori per la realizzazione del nuovo porto. Ecco perché l'intero staff di Azzollini è stato mobilitato, per esercitare una maggiore pressione sulla Regione Puglia. La missione è della massima importanza: oggi, infatti, si attendeva la risposta sulla contrattualizzazione o meno per le opere necessarie allo sminamento delle acque antistanti il porto. L'assessore, ai Lavori Pubblici, Mariano Caputo, spiega che: “i soldi necessari sono stati versati dal governo alla Regione [...] – che ora dovrebbe mettere in ordine le pratiche per far cominciare i lavori, ma – che è inadempiente da tre mesi ormai”. Un'«operazione», quella di stamane, della massima importanza dato che, continua Caputo, “c'è tempo ma non bisogna portare dei ritardi nella tabella di marcia”. A fine settembre arriverà una draga per il prolungamento della diga e se lo sminamento non dovesse essere completato fino ad allora ci sarà una penale giornaliera che il Comune dovrà pagare all'impresa che, in pratica, perderebbe giorni di lavoro. L'incontro avrebbe dovuto concludersi, se tutto fosse andato bene, alle 14 di questo pomeriggio, lo riferiscono voci non ufficiali. In pratica l'incontro si è rivelato interlocutorio: è stato esposto il problema ai funzionari regionali e in attesa di un nulla osta che dovrebbe venire dal ministero, ci si è aggiornata una settimana per definire tempi e modi dello sminamento. Insomma, l'opera portuale riserva sempre sorprese.
Autore: Sergio Spezzacatena
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Ho l'impressione che stando a queste ultime notizie poco ottimistiche sul progetto futuristico del nostro porto, dio non voglia, alla fine l'elefante partorirà il topolino. Molfetta 1957 - Il porto era ancora uno dei importanti dell'Adriatico, sia come flotta peschereccia, sia come cantieristica, superiore a S.Benedetto del Tronto, Ancona, Chioggia, secondo solo a Trieste. La nostra cantieristica con a capo il cantiere Tattoli, i nostri maestri d'ascia, le nostre maestranze, le nostre officine meccaniche ed elettriche, erano i migliori e diligenti nella professione. Chi non ricorda l'officina di " Pasquale Sallustio ", " Samuele ", mest" Minguccio e Peppino il montatore", il catenificio le cui lunghe catene lavorate a caldo a " mazza e martello " marchiate Made to Molfetta. Con orgoglio e a fronte alta, quando le catene scivolavano a mare per dare fondo, i molfettesi a prora gridavano: " chess so' r caten d' mlfett." ( scusate l'erroneo vernicolare ). Gli anni passavano e lentamente il declino: il cantiere Tattoli si sciolse come neve al sole, le maestranze scomparvero, i pescherecci diminuirono a colpo d'occhio o si trasferirono in altri lidi, i giovani cercarono altre fonti di guadagno, abbandonando la città. Perchè accadde tutto questo? Qui le voci sono tante, come tanti i silenzi. Mentre rinvenivano velocemente nuovi porti e vecchi riscoperti e modernizzati, il porto di Molfetta regrediva e agonizzava alla stessa velocità. A causa delle sue componenti geologiche e strutturali, non fu possibile la sua trasformazione in un porto moderno: la scogliera delle Monacelle bloccò lo sviluppo dei cantieri, pericolosa anche per i naviganti. Il suo fondale scoglioso non permetteva il dragaggio per aumentare l'approdo: nel frattempo i " rivali " prendevano piede sviluppandosi sempre più, relegando il nostro porto in secondo piano. Questa voce fu confermata, a noi giovani "guevaristi" a caccia di utopie, dal capo della sezione del M.S.I. di Molfetta il sig. don Antonio Giovine, da anni defunto, il quale ci assicurava e giurava che tutto quanto possibile fu fatto dal governo fascista. Tecnici esperti vennero da Roma e, dopo aver minuziosamente studiato e controllato il porto, questa fu l'ardua sentenza: l'impossibilità naturale della trasformazione. Questa la testimonianza della mia memoria. Chiedo scusa per eventuali errori di natura tecnica e di informazione.


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