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Molfetta, settima edizione de "La luce di Betlemme" a cura degli adulti scout del Masci
18 novembre 2011

MOLFETTA - Un seme di speranza, un germoglio di pace. Questo vuole essere la settima edizione de "La luce di Betlemme: un pensiero di pace", il concorso organizzato dal MASCI (Movimento Adulti Scout Cattolici Italiani), comunità "Duomo" di Molfetta, che vede coinvolti i 15 circoli didattici di Molfetta, Terlizzi, Ruvo di Puglia, Giovinazzo e Bisceglie per una popolazione scolastica di 2.300 alunni delle classi quinte elementari, a cui il MASCI chiede, con la collaborazione degli insegnanti, di dare una loro personalissima interpretazione alla parola "pace", perché questa parola venga riempita di contenuto dalle giovani generazioni.
La luce della pace arriva direttamente da Betlemme, dove nella Chiesa della Natività vi è una lampada ad olio che arde perennemente da moltissimi secoli, alimentata dall'olio donato a turno da tutte le nazioni della terra. Questa fiammella giungerà nella nostra città nella mattina di domenica 11 dicembre; in quello stesso giorno alle ore 18,30 si terrà la premiazione del concorso "La luce di Betlemme: un pensiero di pace" presso la Parrocchia San Corrado (Duomo), dopo la Santa Messa celebrata dal vescovo della Diocesi, mons. Luigi Martella.
La luce della pace, secondo quelli che sono i principi su cui si fonda il MASCI, va diffusa a più gente possibile. Vorrebbero che tale luce possa arrivare in special modo nei luoghi di sofferenza, ai gruppi emarginati, a coloro che non vedono speranza e futuro nella vita. La distribuzione della fiammella è anche l'occasione per compiere buone azioni e per portarla nei luoghi dove occorre la speranza di un futuro migliore come nelle carceri. Ognuno può dare alla "luce della pace" significati diversi, ma deve dare un identico valore.
I pensieri  dei ragazzi sono valutati da una giuria composta da Felice De Sanctis, giornalista, dalla educatrice  Lucia De Pinto, dalle insegnanti Marta De Pinto, Franca Murolo, Teresa Natalicchio, Anna Ranieri, Rosa Roselli, dalle professoresse Rosa Bellapianta e Silvia De Pinto e dalla psicologa Tania Solimini.
L'iniziativa è resa possibile grazie alla preziosa collaborazione della parrocchia San Corrado per l'ospitalità, della Cattolica Popolare e il Comune di Molfetta per il concreto sostegno,  della professoressa Concetta Paola Leone per la realizzazione del disegno della manifestazione, dei Comuni di Risceglie, Giovinazzo, Ruvo di Puglia e Terlizzi, del Lion Club di Molfetta, dell'azienda agricola Marchese De Luca e del Gruppo florovivaistico Ciccolella di Molfetta per l'adesione alla manifestazione.
 

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Noi siamo la “società sviluppata”! In una società tradizionale, i professori non sono unicamente degli esperti specializzati nel trasmettere tecniche destinate ad assicurare un salario ai futuri laureati. In detta società, l'educazione è molto differente. Oltre ai professori, vi sono gli educatori tradizionali, vale a dire i genitori, i nonni, la famiglia in senso ampio, gli amici, gli anziani, i guru, gli antenati, le strade, le feste e le celebrazioni, la vita stessa della gente o della città. Abbiamo quindi bisogno di una nuova concezione dell'educazione. Il altre parole: il nostro progetto deve essere interculturale e multi religioso. Uno implica l'altro, in virtù del legame intrinseco tra religione e cultura. Le diverse culture del mondo sono qualcosa più che complementi esotici e talvolta utili per la nostra civiltà tecnocratica dominante; sono più che simpatici folklori per migliorare la nostra visione del mondo con un tocco di yoga e un po' di zen là. Sono altrettanti visioni del mondo e, quindi, altrettanto mondi. Il disarmo militare finirà per essere una semplice mascherata se non siamo disposti a intraprendere il “disarmo culturale” della nostra civiltà tecnocratica dominante, con tutto ciò che comporta: scienza moderna, tecnologia moderna, Stati nazionali, mercato mondiale, totalitarismo economico e quant'altro. Se il problema è culturale e religioso, deve esserlo anche il nostro disarmo. Le toppe non servono più a nulla. La risposta non può essere tecnologica (cercare soluzioni sullo stesso piano), ma deve essere antropologica (chiedersi chi è l'uomo): Il nostro problema è però la pace. Pace che è impossibile in un simile sistema tecnocratico perfezionato, perché diventa superflua in quanto cessa di essere un valore. Il più astuto, il più abile (non dico intelligente) o il più forte imporranno l'”ordine”. Ciò che ora è l'ordine naturale sarà l'ordine di chi sta al governo della grande macchina tecnocratica ( “di chi riuscirà ad afferrare le redini del sistema!”) L'umanità si trova di fronte a un'opzione fondamentale che, pur essendo vaga e difficile, non è meno trascendentale: o andiamo verso un regime tecnocratico su scala planetaria e anche solare o ci integriamo di nuovo nei ritmi della terra e anche del sole. Scegliamo l'accelerazione o il ritmo?
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