Molfetta, perché città-record per le astensioni
Dibattito sulle elezioni comunali organizzato dal “Percorso”
Un dibattito vecchio stile, come non se ne vedevano da tempo, questo è sembrato a tratti, l’incontro pubblico organizzato dal Percorso sabato 13 maggio, con titolo: ”L’astensionismo al voto regionale: una scelta politica?”, con la partecipazione di due esponenti della stampa locale e del prof. Marino Centrone, a dar voce al mondo laico, e di Vincenzo Zanzarella, a rappresentare il mondo cattolico.
Che la questione sia di grande attualità, anche per la vicinanza dell’appuntamento referendario che si gioca soprattutto sul raggiungimento del quorum, l’ha evidenziato nella sua introduzione Giuseppe De Pinto, ricordando che alle ultime elezioni ragionali Molfetta si è piazzata subito dopo Turi nella sgradevole graduatoria dei Comuni in provincia di Bari dove si è votato di meno.
I rappresentanti della stampa hanno focalizzato l’attenzione sulle vicende locali, richiamando i dati e citando singoli episodi. Per la nostra Lella Salvemini, finita l’epoca dei grandi e radicati schieramenti ideologici, permane la capacità di alcuni personaggi di costruirsi serbatoi di voti cui attingere pur spostandosi da partito a partito e da schieramento a schieramento. E’ soprattutto il centro sinistra a patire una crisi di identità e di progetto, a non riuscire a motivare e trascinare una città moderata e chiusa nella difesa dei suoi interessi particolari.
Morgese ha additato, come responsabile del disamore dei molfettesi per la politica, il trasformismo della classe dirigente, elencando tutti i cambi di partito dei consiglieri comunali in questi due anni di amministrazione che hanno, a suo modo di vedere, disorientato e allontanato l’elettorato, pur riconoscendo che sono proprio i più inclini al cambiamento che riescono ugualmente ad essere votati. Non sono meno responsabili i leader, da Antonio Azzollini passato a “Forza Italia” attirato dalla prospettiva di una poltrona in Parlamento, a Tommaso Minervini, dirigente cittadino e provinciale dei Ds e uscito dal partito per un disaccordo che ha ragione nella sua ambizione personale, senza dimenticare Beniamino Finocchiaro che addirittura ha fatto affiggere un manifesto per invitare i molfettesi a non votare per le elezioni regionali, per terminare naturalmente a Guglielmo Minervini, cui non si sa più quali colpe attribuire, a partire da quella di aver aderito ai “Democratici”, per non parlare di quella della candidatura De Sario, che se non fosse ormai dimenticata la questione del mostro di Firenze, si finirebbe per scoprire che è stato lui ad andare in giro per i boschi toscani a minacciare coppiette.
A dare una sferzata ci ha pensato Marino Centrone. Il dibattito sembrava ormai ruotare tranquillamente sui soliti nomi e sulla solita diatriba delle colpe di quello e di quell’altro, quando Centrone è intervenuto a ricordare che Molfetta non é il centro del mondo e che né Guglielmo né Tommaso Minervini hanno in mano le leve del potere. La trasformazione che si gioca a Molfetta avviene in sintonia con processi planetari e che la sinistra che può essere ritenuta responsabile della disaffezione al voto non è tanto la sinistra molfettese, quanto quella nazionale che si è appiattita sul monetarismo, ponendosi come unico obiettivo quello dell’inserimento nel mercato mondiale, e che ha schiacciato il dibattito nazionale sull’alternativa fra maggioritario e proporzionale. Centrone, da buon rifondarolo, non ha perso l’occasione di ragionare sui meriti del proporzionale e ha concluso valutando queste due coordinate in cui la sinistra si è riconosciuta come quelle che hanno costretto alla svendita di pezzi progressivi del welfare state, allontanando i cittadini.
Vincenzo Zanzarella ha invece evidenziato l’impossibilità di pensare monoliticamente al voto cattolico, in un orizzonte da lui definito post politico, in cui mancano le idee fondanti, che possono anche definire un’appartenenza, e le istituzioni si impegnano solo ad approntare soluzioni momentanee ai problemi che volta per volta si presentano.
E’ seguito un dibattito animato, soprattutto con l’intervento di quello che si sta qualificandolo come il “pasionario” della politica molfettese, Cosimo Altomare, coordinatore cittadino dei “Democratici”, che ha reagito duramente alla qualifica di questo partito come partito “cloaca”, ricettacolo di ogni trasformismo e definito il voto delle regionali come un voto che risponde alle pulsioni apolitiche e prepolitiche della società civile, pulsioni che ha saputo evidentemente ben interpretare la destra.
Ognuno degli intervenuti ha offerto un suo spunto interpretativo sull’astensionismo, ha dato un suo contributo, confermando, pur nella difformità delle opinioni e delle posizioni, che la voglia di discutere di politica c’è ancora.
L’incontro si è concluso con l’invito di Franca Carlucci, consigliere comunale del “Percorso”, a non abbandonare la militanza, a trovare ancora le ragioni per una partecipazione attiva e responsabile.