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Molfetta, la segnalazione di un cittadino: “tombino assassino” in via Pia
10 gennaio 2012

MOLFETTA - Che le strade di Molfetta siano un colabrodo, in particolare le vie interne e meno trafficate, non è certo una novità. A breve partirà il Piano Strade (bitumazione da 3milioni di euro), ma da subito occorrerebbe una manutenzione straordinaria di alcuni tratti stradali meno frequentati, soprattutto per tombini e marciapiedi. Infatti, lo stato in cui versano potrebbe arrecare danni a vetture e pedoni con l’ennesimo aggravio alle casse comunali.
Un cittadino ha segnalato a Quindici la presenza su via Pia di un tombino pericoloso (definito con ironia “assassino”), su cui stava per inciampare e cadere, immagine che gli ha ricordato il film “IT” tratto da un famoso romanzo di Stephen King. Di seguito, riportiamo la segnalazione-commento ricevuta.
 
«Chi ha visto il film “IT” tratto da un famoso romanzo di Stephen King? Una delle scene più terribili del film è ambientata vicino a un tombino che, nell’inesauribile fantasia dell’autore, diviene un posto terrificante in cui si nasconde un pagliaccio, Pennywise che è l’incarnazione dell’anima cattiva della città, non certo un essere umano, e che può assumere qualunque aspetto. Il clown si nutre delle cattive vibrazioni della città di Derry e ogni ventotto anni torna in superficie per divorare bambini. Il titolo del romanzo indica il pronome personale inglese usato per le cose che non hanno un’anima e che non appartengono alla categoria umana: Pennywise, infatti, non è umano, ma è “qualcos’altro”.
Qualche giorno lungo via Pia, all’altezza del civico 37, il piede ha poggiato su qualcosa di mobile. Fortuna ha voluto che non perdessi l’equilibrio e non cadessi al suolo in malo modo. Anzi, è stata l’autovettura che provvidenzialmente era parcheggiata in prossimità di quel punto che mi ha dato provvidenziale sostegno. Quando ho visto qual era la causa di quella brusca interruzione, non credevo ai miei occhi: un cratere all’interno del quale c’era un tombino che aveva come corollario, massi, pietre, pezzi di asfalto tutti rigorosamente “mobili” e sconnessi. Quel posto sembrava essere stato manomesso da un’ “anima cattiva”, come quella del romanzo di Stephen King. Non era possibile che il tutto fosse casuale. Non era possibile che quell’informe assemblaggio fosse solo frutto d’incuria o assenza di ordinaria manutenzione.
Certo, la città è piena di buche, crateri, tratti di asfalto divelto. In alternativa al rifacimento, o perlomeno al mero rattoppo delle buche, recentemente qualcuno ha “pensato bene” di colorare tutte le strisce pedonali di rosso, già degradato verso una tonalità arancione. Non so se l’esigenza di colorare di rosso tutte le strisce pedonali della città sia dipesa dalla specifica esigenza di adeguare i passaggi pedonali a fantomatiche nuove prescrizioni del codice della strada, oppure al fatto che si stava approssimando il Natale, una festa che secondo i recenti canoni consumistici richiede che un po’ tutto si colori di rosso, dalle tovaglie, alla biancheria intima, ma, tant’è i crateri sono rimasti tali e quali.
È probabile che il caso “TOMBINO ASSASSINO” sia un relitto della notte dell’ultimo dell’anno, che ha visto quella zona, e soprattutto la vicina Piazza Paradiso, contraddistinguersi per botti potenti, vere e proprie esplosioni di ordigni illegali, e illuminarsi da lontano in piena notte di grandi bagliori (nemmeno fosse un remake sul bombardamento di Dresda).
Mentre cercavo di capire cosa o chi avesse ridotto in quelle condizioni quel tombino, ho riflettuto sulla metafora dell’anima cattiva, forse anche nella nostra città aleggia come un incubo, quell’anima cattiva che a volte assume i tratti delle auto incendiate, dei cassonetti dati alle fiamme, delle strade dissestate mai riparate, degli arredi fuori uso, abbandonati in tutte le ore del giorno e della notte dappertutto, dei botti illegali.
Nel film, quest’anima cattiva, s’incarna in un simpatico clown con due occhi azzurri, una grossa bocca rossa e una testa a forma d’uovo con buffi ciuffi di capelli sui lati. Un pagliaccio che si prende gioco degli abitanti della cittadina e all’improvviso svela la sua demoniaca forma con conseguenze già note, per chi avesse visto il film, o intuibili per chi conoscesse un po’ questi romanzi. Una metafora incredibile, per certi versi intrigante. Ho provato anche a immaginare chi potesse essere quel “pagliaccio” che si è impadronito della città di Molfetta, inquinandone anche l’economia, attraverso la sua personale e diretta interferenza. Forse, quel “pagliaccio” sorridente che avrebbe voluto distribuire bandierine agli inermi bambini (a differenza del pagliaccio del film che dava palloncini), forse anche divertente a volte, ma che all’improvviso potrebbe assumere i tratti di una presenza non più positiva».
 
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