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Molfetta, la città che sarà: non c'è spazio ad una dimensione umana del vivere L'amara lettera di un lettore di Quindici, propone alcune riflessioni sul futuro che ci sembrano condivisibili. Ancora una volta è l'urbanistica sotto accusa
13 giugno 2008

MOLFETTA - Un lettore di "Quindici" ci ha inviato queste riflessioni che proponiamo al dibattito e che ci sembrano molto condivisibili, soprattutto perché disegnano uno scenario realistico, ma amaro. Ancora una volta sotto accusa è l'edilizia selvaggia e l'urbanistica di una città che diventa sempre più brutta. Ecco la lettera: «Spesso mi ritrovo ad immaginare la città che sarà, e non perché sono in vena di bilanci dovuti a motivi anagrafici. Ma gli spunti di riflessione sono molti, o forse è meglio definirli punti, che uniti, come quei giochini per bambini, fanno comparire un'immagine... Che città Molfetta sta diventando? Lungi da me qualsiasi atteggiamento catastrofista-lamentoso, vorrei solo tratteggiare un possibile profilo futuro. Innanzi tutto la trasformazione da paese a città. Da paese a città? Che cosa ha del paese e cosa sta acquisendo della città? Del paese ha ancora il parlare da “porta a porta”, o da “balcone a balcone”, il conoscersi un po' tutti, le immancabili tradizioni religiose. Della città forse il continuo muoversi da un capo all'altro, la grande distribuzione alle porte, i nuovi snodi stradali, il mastodontico progetto portuale, i quartieroni immensi. E poi la centrale a bio-masse, come dimenticare, e le nuove zone di espansione ASI... c'è proprio tutto quello che serve per uno sviluppo, o meglio quel tipo di sviluppo che tradizionalmente segna il passaggio da paese a città. Detto questo, mi soffermerei anche su un'altra dimensione, quella umana, di come un cittadino può vivere questo tipo di città. Nella mia infanzia c'era il centro, la periferia (era il Quartiere Paradiso e la 167 appena nascente!!!) e poi la campagna. Era facile andarci, bastava imboccare la stradina dopo l'ultimo palazzo costruito e vai... si apriva l'altra dimensione, non più cittadina, un'area che sembrava infinita, di terra, alberi, pietre, corse, biciclette, casolari, esplorazioni avventurose... Ora tutto ha un confine, tutto è delimitato, già sulla carta edificato, sembra che non ci siano più spazi “liberi”; ciò che è ancora campo, o uliveto, scopri che ben presto non lo sarà più; e ti ritrovi a contare sulle dita di una mano quegli spazi che rimarranno. Ma ancora per quanto? Forse si tratta più di un'esigenza mentale che fisica, di pochi e non di molti, forse perché quelli della mia generazione vivono il cambiamento sotto i propri occhi e in pochissimi anni. Il sospetto è quello che si sta progettando, o meglio si è già progettato, qualcosa che poco ci appartiene, che non lascia spazio ad una dimensione umana del vivere la città. Forse. Ai cittadini la parola...».
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Sono molto addolorato nel leggere da tempo e su vari argomenti,le lamentele di cittadini i quali si vergognano di essere Molfettesi, generalizzando tutto e tutti. Io comincio a vergognarmi invece, di far parte di una comunità di molfettesi che si vergognano di essere Molfettesi.: nonostante tutto quello che sta avvenendo, per ragioni che vanno affrontate e discusse,io sono fiero di essere Molfettese perché i miei nonni erano Molfettesi,mio padre era Molfettese,mia madre è Molfettese,mia moglie è Molfettese,i miei figli sono Molfettesi. Non per colpa di una maggioranza o minoranza di luridi e putridi umanoidi,dobbiamo vergognarci, facciamo in modo che siano “loro” a vergognarsi,mi si dirà come:cominciando ad intervenire di prima persona, rischiando qualche intervento poco civile ma controllato, vista la noncuranza e l'impotenza di una giunta Comunale già istituzionalmente morta prima di nascere. Quali sono le misure da prendere o fare non spetta a me elencarle, resto comunque a disposizione. A quei lettori e cittadini molfettesi i quali a quanto leggo si scatenano nelle loro lugubre assertazioni dico: datevi una calmata, cosi' facendo non vedo la differenza con gli altri. Condivido l'amarezza espressa dal lettore o lettrice autore della lettera che ha svegliato le coscienze di tanti: aggiungo che la visione va oltre i confini di Molfetta, non dico mondiale nemmeno universale, dico terrestre. Lo scempio descritto, sta avvenendo in tutte le latitudini del nostro pianeta, perché l'uomo ha perso e smarrito l'equilibrio con Madre Natura: quella Natura che ci ha permesso di nascere ed esistere su questo piccolo pianeta che abbiamo chiamato Terra, derivanti da evoluzioni di vite attraverso milioni di anni, in continua lotta alla sopravvivenza divisi in cacciatori e prede sempre in “accordo naturale”con la Natura che mutandosi geologicamente sempre per processi naturali,provvedeva ad equilibrare eventuali scostamenti di esistenza e sopraffazione non affine all'ordine galattico. L'uomo sta' meccanizzando il suo percorso evolutivo velocizzando in modo innaturale il cambiamento geologico del suo habitat naturale, permettendo così un “guasto” irreversibile alla sua sopravvivenza e a quelle future alla sua estinzione. Ho l'impressione che l'uomo abbia commesso un grosso peccato di presunzione il giorno in cui ha creduto e ritenuto di essere una creatura preferita di un disegno al di sopra della natura e quindi tutto gli era dovuto e concesso, iniziando così a devastare Madre Natura da cui aveva sempre tratto nutrizione e sostegno alle proprie fatiche e paure. La Torre di Babele ora è crollata, siamo tornati con i piedi per terra cercando, non ancora convinti, di rapportarci con Natura nostra Madre ormai vecchia e morente, al punto di non riconoscerci piu' come suoi figli. Da viaggiatori senza frontiere,siamo rimasti intrappolati nei nostri sogni di grandezza e di potere trasformandoci in fantasmi erranti. Presagendo un certo destino, PacoUrondo avrebbe detto: “Es que vamos a perder la vida de mala manera”.


Il problema e' che questa "follia" collettiva oramai ha preso piede dovunque in Italia e non solo. Il problema e' legato strettamente alla qualita' della vita, che passa per il verde (che non c'e'), per le auto sempre piu' invasive con i relativi guidatori sempre piu' arroganti. Il problema dell'inquinamento acustico, e quello visivo (basta andare in via Dante e vedere un qualunque gazibo). I colori sempre piu' spenti delle nostre citta'... Il colore di un tramonto sempre piu' piu' nascosto dalle case e dal cemento. E poi...questa follia del nuovo porto, con tonnellate incredibili di cemento che violenteranno le nostre coste, un vero e proprio "stupro" visivo in nome di un efficientismo industriale folle e scriteriato. Non si pensa ai porti di gallipoli o trani, portofino o otranto, fatto di barche a vela, di ristorantini, di gente che passeggia senza auto, del rumore del mare, della brezza non mista a gas di scarico delle auto. Questa e' quella che chiamono qualita' della vita, ma la qualita' della vita...che passa per una classe politica sensibile. Appunto..sensibile... Basti pensare al nostro stupendo Duomo con il palazzo dogana, violentato dalle auto e dalla sporcizia. Gia'.. Il palazzo dogana, potenziale riferimento di mostre e incontri... Il centro storico, stuprato anche lui dalla incuria dei politici e degli abitanti (quelli disonesti). Bisogna essere efficienti, bisogna guadagnare, bisogna cementificare (guardate la strada che dal liceo scientifico porta al pulo o cosa accade dietro al Garden... Escrementi di palazzi bruttissimi, cemento a cemento...Poi i proprietari, per ovviare alle brutture assolute di quei palazzi, mettono tendine e gerani nella speranza di illudersi di stare in un bel posto, salvo poi fuggire la sera per passeggiare sul porto o al lungomare...

A Molfetta c'è una grave patologia. Negli ultimi anni c'è stata una grande e straordinaria attività di trasformazione urbana. Ci sono i “contenitori” ciò che manca sono i contenuti. Due sono i modi in cui si è concepito lo sviluppo della città. Uno è stato quello di preoccuparsi solo dell'ordinaria amministrazione, magari con un occhio di riguardo alle pressioni delle lobby locali, con la conseguenza di non produrre niente di realmente utile e duraturo se non, addirittura, di provocare danni irreparabili all'esistente. (vedi la ristrutturazione delle piazze cittadine e della piazza della stazione) L'altro quello di ragionare in grande, mettendo in cantiere opere destinate non solo a riqualificare l'esistente, ma anche a lasciare una traccia importante in chiave futura (vedi zona artigianale ed industriale) Se si esamina la realtà molfettese degli ultimi anni si riscontrano sia l'uno che l'altro aspetto, ma non posso ignorare tutto lo scempio in cui ad oggi versa la città: lo scempio dei parchi pubblici lasciati allo sbando, la colpevole inerzia sulla tenuta della spiaggia I cala; il parco della zona 167 coperto di erbacce; lo stato pietoso delle strade cittadine piene di buche che costringono gli automobilisti a veri e propri percorsi di guerra; la poca pulizia delle strade cittadine La conclusione è che chi ha la pretesa di guidare la città non può limitarsi all'ordinaria amministrazione, fatta al limite, ma deve saper andare e guardare lontano ( questo non significa Roma).

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