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Molfetta, consiglio comunale sciolta società porto inattiva e inutile. Clima surreale in aula
18 febbraio 2014

MOLFETTA - Quella dell’ultimo consiglio comunale prima della sentenza del Consiglio di Stato e del Tar Puglia che hanno respinto il ricorso dell’annullamento delle liste elettorali, è la cronaca di una mattinata kafkiana dove tutto si consuma nell'attesa sospesa e infinita di un verdetto che sembra non arrivare mai. Si sbirciano tablet e smartphone, ci si incolla ai cellulari, si chiedono lumi a chi sembra saperne di più e nei corridoi si va a caccia della notizia che tutti attendono.

In aula si discute dello scioglimento anticipato della società "Molfetta Porto" di fatto mai operativa  e quindi del Grande Porto, l'opera simbolo della grandeur azzolliniana, di un'epoca amministrativa, che adesso sì lo si può dire è davvero alle spalle. E non è un caso che ci si giochi questa carta proprio nel giorno in cui il Consiglio Comunale può essere sciolto e la città rispedita frettolosamente alle urne. Il sindaco Paola Natalicchio, arriva poco dopo le otto, sorride, saluta i consiglieri di maggioranza, fissa amara i banchi ancora vuoti del centrodestra (e lo resteranno spesso durante la seduta, proprio quando si parla del porto) e borbotta a microfoni spenti: “sono stati chiamati a parlare davanti alla città del porto e non si presentano. Ecco il rispetto che hanno per i cittadini dopo che per anni hanno ossessionato la comunità. Forse hanno paura?”. Dall'altro lato si arriva con comodo: Ninnì Camporeale e Mariano Caputo, poi Carmela Minuto, Lia De Ceglia e Saverio Tammacco. Dalle file della minoranza tra chi va e chi viene i consiglieri non saranno mai più di 4 su un totale di 8. Un peccato in una giornata così importante.

L'Assessore ai Lavori pubblici, Appalti e Contratti Giovanni Abbattista presenta il punto all'ordine del giorno inerente lo scioglimento della società Molfetta Porto e ne ripercorre la storia. L'ente, istituito nel 2008, avrebbe dovuto svolgere compiti relativi a gestione lavori e servizi portuali  e fungere da strumento funzionale a rilancio dell' infrastruttura portuale e stimolare l'attività dell'indotto.
Dopo sei anni non è avvenuto niente di tutto ciò, la società è inattiva e quindi l'amministrazione ha scelto di liberarsene, liquidandola: “quelle scelte erano legate a una visione autarchica. Oggi liquidiamo società e interpretiamo una visione diversa da quelle prese nel passato. Quella di creare una società che poteva gestire tutti i servizi legati a opera è scelta anacronistica perché oggi il piano regionale della portualità va in un'altra direzione e noi scegliamo di esercitare un controllo penetrante sulle società partecipate e questa è una società senza obbiettivi e visioni. Ha un significato particolare prendere una decisione strategica senza farci influenzare proprio oggi che si sta discutendo sulla nostra stessa permanenza. Ciò misura un senso di responsabilità non riscontrato negli ultimi anni. Ma nessuno deve scaricare sull'amministrazione la responsabilità del blocco dei lavori. Chi lo fa è irresponsabile, noi ci limiteremo a rilanciare il progetto”.

Mariano Caputo rispolvera la sgangherata megalomania azzolliniana e racconta di una grandinata di opportunità connesse al grande porto, che aspetta solo di essere raccolta e che adesso andrà persa: gestione carburante, facchinaggio, costruzione pompe benzina, lavori connessi alla banchina  e chissà quant'altro: “quando arriveranno i soldi saremo costretti a costituire un'altra società”. Poi insieme al consigliere Ninnì Camporeale apre la campagna elettorale (chissà con quale delusione sarà stato costretto a richiuderla nelle ore successive): si parla di Ospedale, cittadella degli artisti, crisi commercio, pulizia delle strade. Poco o niente del Porto.
Annalisia Altomare prende la parola e annuncia che dovrà assentarsi per motivi di lavoro. “La mia assenza non ha nessuna valenza politica, sia chiaro. Ma avrei preferito una trasmissione delle informazioni migliori ai vari consiglieri coinvolgendo la prima commissione”. Excusatio non petita, accusatio manifesta, dicevano saggiamente i latini. Stavolta però è difficile credere all'esponente Pd. Sembra che qualcosa non vada tra lei e l'amministrazione e il sindaco non sembra gradire.

Mariano Caputo alza un po' la voce, sventola i soliti fantasmi di miseria, morte e disperazione che da quando il senatore Azzollini ha abbandonato la poltrona di sindaco, sarebbero piombati sulla città. Forse cerca di guadagnare crediti buoni per la candidatura a sindaco per una campagna elettorale che non si terrà mai.

Arrivano gli avvocati Piero De Nicolo e Giulio Calvani, che hanno difeso l'amministrazione nella storia dei ricorsi elettorali e sono freschi di udienza al Tar di Bari. Tutti li fissano e loro fanno il segno della vittoria, sorridono e il clima si riscalda un po' ma è un bluff: non si sa ancora niente. Bisognerà aspettare delle ore per sapere che la storia amministrativa di Paola Natalicchio va avanti.

Davide De Candia del Pd riporta l'attenzione sul Porto: “Oggi chiudiamo la società Porto Molfetta ma rilanciamo il porto della città nei progetti di un'ampia portualità europea. Le cattedrali del deserto non servono a nessuno. Attualmente il nostro porto ha un volume che è 1/10 di quello di Monopoli e ¼ di quello di Barletta. Se non ci inseriamo in un'ampia circoscrizione portuale veniamo schiacciati dai grandi porti pugliesi e incalzati da quelli medi. Senza un indirizzo preciso non andiamo da nessuna parte. L'articolo n. 1 dello statuto della società porto chiede a Governo e Regione la propria sopravvivenza. E' il peggior meridionalismo, quello di sopravvivenza, d'accatto. Noi non vogliamo galleggiare ma riformare. Metteremo al centro visione d'insieme e progettualità”.

Gianni Porta racconta della miseria avvilente e beffarda che si è celata dietro la grandiosa e illusoria trama raccontata dal sen. Antonio Azzollini in questi anni: “Oggi noi, dissequestriamo l'argomento Porto. Lo riconsegnano alla verità dei fatti. Per anni è stato venduto come un sogno al quale molti, troppi hanno creduto. Noi non ci abbiamo mai creduto e lo dicemmo subito: è una scommessa a perdere. Un'opera pubblica di questo tipo non poteva essere gestita da un ente locale. Ora è un bubbone che rischia di esplodere. Mai nessuno ha spiegato quali merci dovevano essere movimentate in questo porto: quelle che provengono da granai che non abbiamo? O quelle che provengono dal nostro polo della meccanica che non può essere competitivo con quelli di altre regioni? O sgraffignare semplicemente una quota di mercato? Oppure le merci sarebbero arrivate da sole, vero? Era questa la grande opera che doveva risollevare la città? Noi ragioniamo in un ottica di sistema e non vendiamo illusioni”.

E' mezzogiorno, i banchi della minoranza sono vuoti, resiste solo la giovane Lia de Ceglia (Pdl). Gli altri sono via per lavoro o attaccati al telefono, nei corridoi.

Il sindaco Paola Natalicchio è sicura: “siamo sempre dalla parte della città e lo diciamo chiaramente: noi continuiamo a lavorare per voi che davanti a noi ci fossero solo 5 ore o altri 4 anni. Il porto è stato chiuso da un sequestro amministrativo, non da Paola Natalicchio! E' irresponsabile vendere alla gente la bufala di un sindaco che volutamente blocca la città. La bocca del porto è piena di ordigni bellici: ce ne sono altri 50.000 e vanno tolti. Questa è l'eredità del centrodestra. La delega sul porto tornerà alla Regione perché è a lei che appartiene e  perché una città come Molfetta non può gestire un'opera di queste dimensioni”.

Dopo tutti a casa a sentire cosa accade a Roma. Prima  l'Amministrazione ha proceduto a un provvedimento altamente simbolico: nomina del nuovo Collegio dei Revisori dei Conti per il triennio 2014, 2015 e 2016 (avverrà con sorteggio telematico dall’albo regionale istituito presso la Prefettura invece che con nomine di fiducia, è la prima volta che accade nella storia della nostra città) . Un messaggio chiaro e forte: questa è l'amministrazione che i cittadini molfettesi hanno votato convintamente otto mesi fa e che segue la propria strada all'insegna della trasparenza e della discontinuità col passato sentenza o non sentenza.

© Riproduzione riservata

Autore: Onofrio Bellifemine
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