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Molfetta, Borsa di studio Walter Palombella del Rotary: da Pericle ai nostri politici Sul tema «Tucidide fra la cattiva politica e la crisi della Polis» ha parlato il prof. Antonello Natalicchio, docente illustre e già sindaco Pd di Giovinazzo
26 giugno 2012

MOLFETTA - «Volevamo, vogliamo e vorremo sempre che si continui a parlare di Walter affinché il suo ricordo permanga non solo nelle menti di chi lo conosceva, ma soprattutto di chi non l'ha mai conosciuto». Con queste parole di Luigi Palombella (nella foto tra di Liddo e l'ing. Mastrototaro, segretario del Rotary) dopo il saluto del presidente del Club di Molfetta, Mimì Aiello, ha introdotto l’assegnazione della Borsa di studio “Walter Palombella”, tenutasi alla Sala Finocchiaro, tradizionale appuntamento istituito dal Rotary Club Molfetta. (Nella foto: Natalicchio, Aiello, Di Liddo, Palombella, Azzollini).
«Il mare è fatto di tante gocce e ogni goccia contribuisce a renderlo meraviglioso - ha continuato -. Così il Rotary collabora per ricordare il mondo degli antichi e soprattutto per interessarsi delle problematiche dei giovani». La vita di oggi è assai complessa e la stessa Italia è continuamente lacerata da diversi problemi spesso difficili da risolvere.
Momento centrale dell’incontro, l’intervento «Tucidide fra la cattiva politica e la crisi della Polis» del prof. Antonello Natalicchio, docente illustre e già sindaco Pd di Giovinazzo. Pericle, il padre della democrazia, che non è stato celebrato solamente in vita, ma soprattutto dopo la sua morte, ha avviato il dibattito. La politica è sempre stato un problema, come hanno scritto Tucidide, Platone, Aristotele, Lisia e altri grandi autori che hanno analizzato le diverse fazioni al potere. Ma la crisi può essere ricondotta a un'unica causa?
Certo oggi la politica, soprattutto, la sua casta e il sistema di voto sono dei problemi, ma non bisogna dimenticarsi dell'inverno demografico, della rivoluzione della comunicazione, della società digitale, della finanza e del lavoro, della globalizzazione e dell'emigrazione. Tutti questi fattori contribuiscono alla nostra situazione attuale. E allora, come ha concluso il prof. Natalicchio, «l'antipolitica può essere una risposta alla crisi di valori e della politica attuale?».
Le parole di Antonello Natalicchio hanno colpito i presenti in sala e lo stesso sindaco di Molfetta, Antonio Azzollini, ha ammesso di aver enormemente apprezzato la prima parte del lavoro di Natalicchio sull'antica storia greca, mentre l'attualizzazione ai nostri giorni gli è sembrata «troppo di parte».
Al termine dell’intervento di Natalicchio, è stato premiato il vincitore della borsa di studio, Bruno Carabellese, che, però, in questi giorni è a Siena per i suoi studi. L'ultima parola è spettata all'assistente del governatore, Beppe di Liddo, che ha ringraziato Luigi Palombella e sua moglie Anna per la loro voglia di far crescere al meglio i giovani, come risorsa per l'intera umanità.
 
© Riproduzione riservata
 
Autore: Rita Cafagna
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Ai tempi della nostra barbarie, quando i Franchi e i Germani, i Brettoni e i Langobardi, e i Mozarabi spagnoli, non sapevano né leggere e scrivere, furono istituite in Europa certe scuole, o università, composte quasi tutte da ecclesiastici, i quali, non sapendo altro che il loro gergo teologico, insegnarono quel gergo a quelli che vollero impararlo. Le accademie degli umanisti vennero solo molto tempo dopo: esse disprezzarono lo sciocchezzaio della scolastica, ma non sempre osarono levarsi contro le scuole, perché vi sono delle sciocchezze che vengono rispettate, essendo legate a cose rispettabili. Gli uomini di lettere, che abbiano reso i più grandi servigi a quel piccolo numero di esseri pensanti che vive sparso sul nostro globo, sono letterati isolati: i veri sapienti, chiusi nei loro studi, che non sono andati ad argomentare sui banchi delle vecchie università, e non si sono accontentati di dire le cose a metà nelle accademie. E costoro sono stati quasi tutti perseguitati; perché la nostra miserabile specie è così fatta, che quelli che camminano sulle vie battute gettan sempre sassi a quelli che insegnano le strade nuove. Montesquieu dice che gli Sciti accecavano i loro schiavi perché essi fossero meno distratti nel fare i lavori domestici; così ha fatto con noi l'Inquisizione, e quasi son tutti ciechi nei paesi dove essa regna. Solo da poco più di un secolo gli uomini adoperano i loro occhi. Incominciamo ad aprirne uno; ma qualche volta troviamo uomini di governo che non vorrebbero permetterci neppure di esser monocoli. Questi poveretti sono ridotti come il dottor Balanzone della commedia italiana, che voleva essere servito solo dal balordo Arlecchino, per paura di avere un servitore sveglio. Eccovi Cartesio obbligato a lasciare la patria, Gassendi calunniato, Arnaud forzato a trascorrere i suoi ultimi giorni in esilio: tutti filosofi, trattati come gli Ebrei trattavano i loro profeti. Chi crederebbe che nel secolo XVIII un filosofo sia stato trascinato davanti ai tribunali civili, e trattato da empio dai tribunali ecclesiastici, per aver detto che gli uomini non potrebbero esercitare le arti se non avessero le mani? Io non dispero che arriveremo presto a condannare alle galere il primo che avrà l'insolenza di venirci a dire che un uomo non potrebbe pensare se fosse senza testa: “Infatti - gli opporrà un baccelliere – l'anima è puro spirito, e la testa e soltanto materia: Iddio potrebbe situare l'anima in un tallone, così come ora è nel cervello. Quindi io vi denuncio per empietà. La più grande sventura di un uomo di lettere non è forse d'essere oggetto della gelosia dei suoi confratelli, vittima di intrighi, disprezzato dai potenti del mondo; ma di essere giudicato dagli sciocchi. Gli sciocchi vanno molto più in là, qualche volta: soprattutto quando il fanatismo si unisce alla balordaggine, e lo spirito di vendetta al fanatismo. E un'altra grande sventura dell'uomo di lettere è, di solito, di non poggiare su niente. Un borghese compera una piccola carica, ed eccolo sostenuto dalla sua corporazione: se riceve un'ingiustizia, trova subito chi li difende. Ma l'uomo di lettere non ha sostegni. E' un po' come i pesci volanti: se si innalza un poco, gli uccelli lo divorano; se si immerge sott'acqua, se lo mangiano i pesci. Ogni uomo pubblico paga il suo tributo alla malignità; ma è pagato a sua volta in soldi e onori. L'uomo di lettere paga lo stesso tributo, senza ricever niente: egli è sceso nell'arena per il suo piacere. Si è condannato da solo alle belve.
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