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Molfetta al tempo del coronavirus, “Quindici” in giro per vedere come reagiscono i cittadini
14 marzo 2020
MOLFETTA
– La città al tempo del coronavirus. Siamo andati in giro a vedere la città semideserta e come i molfettesi stanno reagendo alle disposizioni a tutela della salute e ai controlli della polizia municipale.
Ecco il nostro racconto:
Molfetta ore 11
Abito in un quartiere di periferia e oggi esco per la prima volta, dopo un isolamento di diversi giorni.
Torno a Molfetta per motivi di necessità e lo faccio munita di autocertificazione: è indispensabile mostrarla anche negli spostamenti all’interno del comune, anche se si va a piedi al lavoro, a fare la spesa o ad acquistare medicinali.
Mi soffermo ad osservare la mia città per capire come è diventata.
In una giornata primaverile la circolazione delle macchine è limitata, qualcuno cammina per strada ed entra nei negozi, dove ognuno è attento a garantire all’altro la distanza di sicurezza.
Sugli stradoni di periferia, su cui spesso le macchine corrono pericolosamente, si vedono bambini di tenera età che vanno in bicicletta con i genitori, così come fratellini che giocano a palla vicino alle loro madri.
I bambini per strada, a loro sono stati restituiti gli spazi che spesso la città nega.
Mi dirigo su via Giovinazzo con la mia auto e parcheggio davanti al supermercato.
A ridosso della rotatoria vedo una pattuglia di vigili urbani che ferma gli automobilisti ed effettua controlli chiedendo la ragione dello spostamento e sottoscrivendo l’autocertificazione.
Mi presento come redattrice del giornale
Quindici
e chiedo, gentilmente, di poter fare alcune foto per documentare il lavoro che stavano svolgendo.
Entrambi i vigili indossano le mascherine, si mostrano cortesi e forniscono informazioni.
Mi avvicino al supermercato. Lo spazio antistante, che è abbastanza ampio, è occupato dai clienti che sono disposti in ordine sparso e ben distanziati tra loro. Una guardia giurata regola ordinatamente il loro afflusso all’interno del supermercato.
L’attesa, nell’ora di punta è abbastanza lunga, circa tre quarti d'ora. Chi preferisce rimanere in macchina, chi sta fermo con la mascherina, chi chiacchiera seppure a distanza.
Si percepisce, tuttavia, tensione e paura. Assisto ad una concitata telefonata in cui una figlia adulta rimprovera aspramente sua madre la quale, forse, non sta rispettando le dovute precauzioni.
L’atmosfera è un po’ strana e surreale ma ciò che noto è che vi è da parte dei cittadini disciplina e rispetto delle regole.
Quasi tutte le persone che erano in attesa di entrare, ne può entrare una sola se ne esce un’altra, indossavano la mascherina e chi non la indossava, riferiva di esserne purtroppo sprovvisto.
Sebbene le mascherine si usino in caso di infezione conclamata, chiedo ad un cliente, in attesa, come mai la indossi e lui risponde: “Non so se sono infetto e se ora il virus è in incubazione nel mio corpo. Per questo, per proteggere anche gli altri da un possibile contagio, preferisco indossarla.”
Entro nel supermercato, parlo con il direttore il quale mi spiega che gli ingressi sono contingentati. Pur essendo gli spazi interni ampi, ci sono solo una decina di persone che si mantengono a debita distanza tra loro. Chiedo il permesso di fare delle foto senza riprendere volti.
Le file alle casse sono lunghe proprio per consentire il necessario distanziamento tra i clienti. Sono tutti ordinati negli spostamenti e pazienti nell’attesa. Sembra che sia tutto normale in realtà la paura aleggia anche nel fare un qualcosa di ordinario come la spesa.
Ore 12
Tre ingressi alla città (via Bisceglie, via Ruvo, via Terlizzi) non erano pattugliati come documentano le foto. A quell'ora non vi sono stati controlli sui cittadini in uscita da Molfetta e diretti, forse, verso altri comuni.
Un normale cittadino non può comprendere come le forze dell'ordine debbano organizzarsi, distribuirsi e quali siano i loro incarichi ma si chiede come mai, in un'ora di punta, non ci siano controlli su ben tre ingressi su quattro.
Le sanzioni e l'aspettativa di essere controllati, se ciò avviene effettivamente, costituiscono un monito rispetto a comportamenti irresponsabili e lesivi della salute pubblica, tenuto conto della estrema contagiosità del virus.
Ore 12.30
Ritornando al mio domicilio noto che le persone, a causa del diminuito traffico, si riappropriano delle strade, c’è chi pattina, chi cammina o corre.
Mi imbatto, tuttavia, in un assembramento di mamme e di bambini così come in un gruppo di giovani ragazzi che camminano insieme vicini, indossano abiti sportivi e sembra che abbiano concluso una seduta di allenamento. Un altro gruppo fuma “sigarette” scambiandosele.
Malgrado tutto la speranza di vincere il coronavirus è grande.
© Riproduzione riservata
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