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Mc Amazon. Storia della tribù che uccise i saggi Il racconto
15 giugno 2024

La landa amazzonica nel cuore del Brasile era rimasta vergine per secoli. Gli uomini dai primi segnali della pubertà andavano a caccia. La selvaggina era ricca e i “divini predatori” cacciavano con lance acuminate sorrette da else di canapa finemente lavorate dalle donne del villaggio. Quest’ultime impegnate a reggere il desco tribale. La caccia era per quegli uomini una danza. Uomini la cui vita, voi contemporanei, non riuscite ad immaginare. La preparazione delle armi una volta ogni tre dì, iniziava a suon di grandi tamburi tribali fatti con budella d’animali e legno di mangrovie. Le vergini agghindavano il capo dei “divini”, massaggiavano i loro muscoli, si concedevano al primo amplesso facendo in modo che il seme dei maschi si mischiasse alla sativa terra quasi mai toccata dal sole per via della fitta boscaglia. Era questa la loro vita. Fatta di riti propiziatori, istinto alla caccia, alla fuga, venerazione del sole, della luce e della morte. Ma anche fatta di colori molteplici, collane e monili di bronzo, denti cavati dalle fauci di famelici giaguari ammazzati. Scenari quotidiani che per noi digitocerebri possono apparire d’una rarità assoluta. Questo sinché un giorno non erano giunti degli sfacciati antropologi in quel paradiso virginale. Avevano questi uomini “evoluti” studiato a lungo i significati del linguaggio dei tribali dunque non avevano dovuto faticare molto ad interpretare il senso di quelle lettere, di quei di-segni così apparentemente infantili ma che nascondevano la polpa esoterica della vita della loro piccolissima comunità. L’approccio era stato prudente; i bianchi avevano recato in dono prodotti inscatolati e cibarie profumate, le avevano assaggiate insieme e subito dopo avevano fatto ostentazione dei loro aggeggi più significativi: tablet, telefonini, computer ed altre simili diavolerie. Non potete immaginare gli indigeni come strabuzzavano gli occhi dinanzi a quei display mefistofelici luminosi. Bellezze pervasive attraenti come le piume variopinte dei pavoni. Gli indigeni toccavano quelle dannate tastierine e ne avevano suoni mai uditi prima accompagnati da immagini dell’universo che sembravano liquefarsi nelle loro mani come oro colato. Il capo tribù si fece largo tra le foglie degli alberi e le canoas e si portò ai piedi d’un sacro totem dove dimoiava la pelle d’un puma e vi pose al centro il tablet d’un antropologo invitando tutta la tribù ad un cenno di venerazione. Furono persuasi che quell’oggetto colorato, parlante e vivente potevano averlo anche loro. Bastava solo consentissero agli uomini bianchi l’abbattimento d’un fazzoletto di terra grande quanto tre campi di calcio, che permettessero l’atterraggio di uccelli tecnologicamente avanzati chiamati a-e-r-e-i onde far seguire l’installazione d’un’antenna che al capo tribù appariva come una palafitta conica fatta da un intrico di ferro e acciaio. Presero del tempo per decidere. I vecchi saggi rifacendosi a leggende antiche ammonivano che non ci si poteva fidare degli uomini bianchi. In passato erano stati loro difatti ad uccidere e a sterminare altre tribù. I più giovani invece stanchi di lottare ogni giorno con la fame, la sete e quanto fa della vita una ricerca continua del soddisfacimento dei bisogni, s’imponevano e invitavano gli indigeni a credere che sarebbe stato molto più facile vivere se avessero detto di sì a quel progetto piovuto dal cielo. Le donne erano troppo poche per affermare la loro volontà, tuttavia si tennero distanti dagli aggeggi luminosi e invitavano i loro figli a fare altrettanto. Qualcosa sfuggiva al loro controllo e difatti alcuni bimbi scomparvero dalla loro vista salvo poi ritrovarli in serata imbesuiti a balbettare parole con i telefonini ormai scarichi. Andarono tutti a dormire. Si era deciso che l’indomani al levare del sole si sarebbe deciso. Passò la notte e quando i raggi del sole iniziarono a lambire la savana lo spettacolo che si rivelò alle donne ed ai bambini fu orrendo: i vecchi saggi erano difatti stati tutti uccisi. Gli indigeni giovani però non piansero e non seppellirono quei poveri corpi; il più vecchio dei quali non superava la cinquantina d’età. Fu suggellato il patto. Gli uomini bianchi potevano disboscare quella savana paradisiaca per innestare l’antenna ferrosa. Il vecchio puma fu detronizzato dal totem ed al suo posto gli uomini bianchi con i giovani tribali vi posero uno schermo che mandava messaggi a tutto il resto del mondo, di giorno e di notte, grazie ad un generatore che gli antropologi a fatica s’erano portati sulle loro spalle. I bambini di quella meravigliosa tribù oggi pelano patate. I vecchi, ovvero i giovani che avevano ucciso i sapienti, preparano spezie ed hanno il compito di stoccare piatti e bottiglie di plastica in una grande cava creata per questo bisogno. Le donne invece si occupano della loro prole che è anche quella degli uomini bianchi quando assetati di sesso ne buttano il seme. Ma cosa fa! L’importante è la rete! E così sul vecchio grande Totem svetta l’icona fluorescente di amazzonico sfregio: BIENVENIDO A MC AMAZON!

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