“Comprami, io sono in vendita, e non mi credere irraggiungibile!”, un leitmotiv che mi accompagna ormai da tanto tempo, così tanto che io, Viola Valentino l’ho conosciuta per davvero e la saluto… ciao Viola! Ah, lei Viola, bella famosa, una vera icona della musica italiana; io Marika… con la Kappa! Volitiva, dolce e brillante. Io sono “ne Fuara” come dice la mia gente, un fuoco, che come diceva mia nonna: «Marika, figghi’e me tau si nu dmoniu appcciat, ne anguill d’argent ncuudd», non l’avete capito? E già è molfettese… ché io sono di Molfetta! La città di Salvemini, Riccardo Muti e Caparezza… e delle belle donne! (ammicca) Mbè, questo solo per condividere con voi le mie avventure o disavventure che accompagnano la Marika artista, cantante. Già, perché dopo aver avuto tante soddisfazioni in talent nazionali, concorsi e spettacoli di grande richiamo, pensavo d’aver imbroccato la giusta strada… e secondo voi, dove può cominciare una cantante emergente se non da una casa discografica?! Sentite come la pronuncio: CASA DISCOGRAFICA!! Sogno per tanti, utopia per molti, punto d’arrivo o di partenza, vero Esperanto per compositori di provenienze musicali più disparate. (in crescendo) La Casa discografica anche per me, Marika la molfettese è stata una sorpresa, un’esperienza pazzesca, un’avventura micidiale, nu Gbllir insomma. Un sogno con luci ed ombre, qualcosa che devo ancora capire, ecco! Ora vi faccio una panoramica di quello che è accaduto. Vengo chiamata a presentare una mia demo in una delle più importanti case discografiche internazionali, site nella mitica città di Milano. Eccovi dunque l’assetto antropologico della famiglia meridionale in risposta allo stimolo di una notizia che ti può cambiare la vita: quando accade qualcosa del genere si avvia una reazione a catena d’una tempestività che il 118 sembra un pivello alle prime armi con l’emergenza. Io, Marika, telefono a mia madre: «mamma m’hanno chiamato dalla casa discografica di Milano»; mia madre chiama mio padre che chiama la nonna paterna che chiama la nonna materna che l’aveva già saputo dalla zia e non si sa come abbia fatto, che chiama gli amici, che chiamano le testate online, che chiamano i consiglieri, che chiamano il sindaco, che chiama il vescovo che chiama Marika per dirle che la strada è irta e bella e che tutto ciò è merito di Dio! Molfetta-Milano, 800 km dalla felicità assoluta! Ho fatto in fretta le valigie, m’hanno chiamato un giorno prima dell’audizione, prendo tre treni, un tram, un taxi, faccio le rampe di questo palazzone stupendo altissimo, altissimo… (simulando sofferenza, come di chi sta salendo centinaia di scalini), troppo alto, centottantotto gradini, ca ci sapev pgghiev u’ ascensor, mocc a’ mec!; dovete sapere che noi meridionali se non soffriamo non siamo felici! ; mia nonna l’aveva detto; «Marika mettiti le ballerine ca a Milen s chemein com ‘a l ciucc !!» salgo, salgo a perdifiato e alla fine eccolo, lui, il mio Deus ex Machina, lui il generatore del mio destino da cantante, lui il mostro finale, che se lo abbatti vinci il premio! Lui con quattro telefonini, un cordless, e un interfono; i cellulari messi come le pistole nelle fondine; lui che con aria di sufficienza e un po’ scocciata mi dice: siediti, ascoltia-mo la tua demo. Abbassa le tendine col telecomando, aziona uno dei quattro pc collegati ad una perfetta filodiffusione e lì Marika quasi si scioglie, quando ascolta la sua voce in uno dei più importanti studi discografici del mondo, e dice. «Cazzo, Marika con la Kappa, ce l’hai quasi fatta! Cazzo!», lui sembra rapito, quell’aria di placido disgusto sembra quasi essere svanito forse era la liquirizia che gli ha macchiato anche i baffi, chiude gli occhi adesso, batte il tempo con l’indice, l’alluce, la mustacchiera va su e giù, quando… quando… suona il telefonino, ne aveva uno nella tasca dei pantaloni oltre ai quattro nelle custodie di cuoio; gli è impossibile non rispondere: «un attimo, è Fedez!» mi dice; «Fedez, ci mancherebbe, faccia con comodo», gli rispondo, mordendomi la lingua e penso a quel giorno nel quale lui dirà ad un’altra cantante in cerca di gloria «mi dispiace, devo rispondere… è Marika con la kappa!», la cosa quasi mi fa sorridere. Dopo circa sette minuti eccolo che ritorna, sembra scocciato ma soddisfatto, certo potrebbe silenziare i telefonini, ma è un uomo d’affari. Così riprendiamo l’ascolto della mia canzone, della mia vita, non dall’inizio però ma dal 40 ° secondo, giungiamo quasi al ritornello quando squilla il telefonino, uno di quelli messi sul tavolo da lavoro, penso «mo’ ci è Annalisa! » … ragazzi non potete crederci, ci ho azzeccato! Al telefono. È Annalisa! «E’ Annalisa, è venuta qui a Milano e devo risponderle» mi fa ed io «certamente! ci mancherebbe! Annalisa, wow!», anzi mi dispiace le sto forse facendo perdere tempo! (Cretina che non sono altro con questa mania di scusarmi sempre per cose che non ho fatto!). Lui risponde ad Annalisa ed io penso: «scitt u’ broet e sint la chenzoen, citteviv!!», un’espressione colorita che è meglio non tradurre! Rassicura ad alta voce Annalisa dicendole che il suo lavoro esploderà senz’altro in estate, poi il tipo mi chiede di poter fare una telefonata ad Amadeus che era già in ritardo di un giorno con questa chiamata, dunque con un altro capoccia, detto strizzandomi gli occhi, e poi che sarebbe stato tutto mio! Resto sola in quella stanza, e penso, un po’ rassegnata e immalinconita. Me l’ero immaginato un po’ diverso questo primo incontro che m’aveva accesa i sensi. Ammiro i poster di Patty Pravo, Loredana Bertè, Lucio Dalla, Albano, Eros Ramazzotti e ne immagino uno tutto mio, io Marika con la Kappa, che canta tra luci sfavillanti di uno stadio e chissà perché m’immagino con una mazza da baseball nell’altra mano. Freud aiuto!! Lo attendo. Ancora. E sento nella mia mente la frase «do la cera s’ squaggh e la procession nen chemein»; e mi viene in mente Cristo con la croce, ed il Golgota che ognuno di noi deve scalare. Eccolo che ritorna, ha la bocca che sa di caffè, finisce di ascoltare finalmente il mio lavoro e poi si prende qualche minuto di silenzio. Un tempo interminabile in cui nessuno di noi due parla. Finalmente il verdetto, il vaticinio, l’oracolo: «ottimo gusto, bell’interpretazione, gran voce e freschezza, e sei anche molto carina, il che non guasta!» … gli sorrido… pausa… (timidissimamente) «dunque?», accenno io, lui: «facciamo così, tu va’ avanti con le tue cose, prova coi social e poi vediamo cosa succede, e se spacchi ci rivediamo! Con trecentomila like le porte si aprono per te! Marika… con la Kappa, eh!?!» Ed io dentro gli dico «stu ctroen, ma fatt vnei fingh do p sntai sta sort d fssaraje, ma vatt’ a ffà ne zupp d’ lmon», poi ve lo spiego! Invece lo saluto e lo ringrazio cordialmente augurandomi di rivederlo al più presto! Sollevo gli occhi e noto nel corridoio altri ritratti di cantanti famosi… Il leitmotiv mi ritorna: «comprami, io sono in vendita!» ma cambio refrain: «quando il sole tornerà e nel sole io verrò da te un altro uomo troverai in me e che non può più fare a meno di te»… (un ringraziamento a chi queste avventure le ha vissute per davvero). © Riproduzione riservata