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Maria Pansini: collaborazione con i magistrati dopo la freddezza degli anni passati
15 novembre 2010

Dopo la conferenza stampa del 20 ottobre nella Procura di Trani, Quindici ha intervistato la sig.ra Maria Pansini, fi - glia del comandante Giovanni Pansini e portavoce dei famigliari delle vittime del Francesco Padre. La riapertura del caso Francesco Padre, avvenuta già in febbraio 2010, può rendere giustizia alle 5 vittime dell’aff ondamento nel novembre 1994. Quale valore giuridico e emotivo? «La riapertura è un passaggio formale e ho la netta sensazione che fosse un fatto destinato. Ciò che conta è il percorso, perché rendere giustizia alle 5 vittime è cosa che dipende soprattutto dal lavoro dei magistrati e degli inquirenti, che abbiamo già avuto modo di apprezzare, e di quelle attività di impulso che possono essere svolte dalle parti off ese. Abbiamo ancora al nostro fi anco persone straordinarie come l’ing. Mastropierro, che ha soff erto con tutti noi il doloroso percorso pregresso. Di questo, peraltro, durante la conferenza stampa, la Procura di Trani ha dato chiaramente atto. Ci auguriamo di poter vedere frutti concreti e al più presto. Per quanto riguarda le emozioni, penso che siamo solo all’inizio. Per i familiari è dura, ma è un prezzo che si paga volentieri, se questo è il percorso che porta alla verità». Quanto le istanze dei legali che vi rappresentano hanno infl uito sulla riapertura del caso? Sarebbe stato comunque riaperto anche senza le vostre sollecitazioni? «Sono successe cose molto sgradevoli, intorno alla fase della riapertura del caso, e preferisco evitare altre polemiche inutili. Prima di tutto, penso che il vero merito di un clima diverso intorno a questa tragica vicenda vada a Gianni Lannes e al coraggio della casa editrice La Meridiana. Gianni ha lavorato anni e di sua iniziativa nel lavoro di ricerca che ha poi portato al libro, e ha poi trovato nell’editore un supporto generoso. Non è un libro èdito con le logiche del profi tto. Sono persone che, soprattutto umanamente, ringrazierò sempre. Sul contenuto del testo vorrei dire questo: indipendentemente dalle ipotesi, peraltro logiche, che Lannes ha formulato, sulle quali saranno le indagini a dire una parola defi nitiva, è innegabile che il dare un volto a questa vicenda abbia creato un clima favorevole alla riapertura del caso, per la quale, a prescindere dai passaggi formali, ha giocato un ruolo fondamentale la ammirevole volontà della Procura di Trani. Lannes con il tempo è stato coinvolto ormai a tutti gli eff etti. E’ stato lui stesso ad affi ancarci nel percorso di ricerca dei professionisti che oggi assistono me e un nutrito numero di familiari. Il Comitato non ha difensori propri, perché al momento non servono. Credo che l’operato dei magistrati, per quanto consentito dalle leggi, sia stato di importante apporto alla attività inquirente. Ognuno sta facendo il proprio ruolo al meglio e apprezziamo tantissimo il clima collaborativo che si è instaurato con i magistrati dopo i primi contatti. Abbiamo molto soff erto una distanza fredda, in questi lunghi anni, e ora avvertiamo che il clima è diverso. Questo ci aiuta, in parte, a soff rire un po’ meno. Ad ogni modo si tratta di uno staff collaudato, con esperienza in casi simili, e credo che questo sia di grande aiuto. Amenduni, Persico, Ghiro e D’Astici, del resto, sono gli avvocati che hanno lavorato al caso dell’ATR 72 precipitato a Palermo. Abbiamo, tramite loro, conosciuto la presidente del comitato dei familiari, Rosanna Baldacci. Anche da questo incontro è nata la volontà di costituire un nostro comitato. È una catena di solidarietà che parte da lontano». Siamo davvero a una svolta? Sarà possibile giungere alla verità, senza ulteriori ostacoli politici e burocratici? «Io ero una ragazzina, quando tutto questo è accaduto. Una svolta la attendo da quella fredda sera di novembre. E’ ciò che più ho chiesto e che più chiedo alla vita. E sarebbe, a mio parere, una svolta per un intero sistema, per un’intera comunità, per l’intera società. Questi misteri, di cui l’Italia è purtroppo piena, sono come dei buchi neri di civiltà, di democrazia, di sicurezza, di pietà. È ora che le cose cambino, una volta per sempre. Gli ostacoli ce li aspettiamo. Di tutti i tipi. Se non verranno, meglio. Ma ci batteremo con ogni mezzo e fi n quando avremo forza, come del resto abbiamo sempre fatto. Non c’è spazio alla rassegnazione, quando una persona non torna più a casa, e tu non sai neanche cosa è accaduto». Credete sia concreto il recupero del relitto e dei corpi da parte delle autorità e degli enti competenti, se in quasi 16 anni non è stato mai eff ettuato? «Noi speriamo che divenga una realtà, sono passati 16 anni. Siamo straziati da questa attesa e le nostre aspettative sono ridotte al lumicino. Ma quel lumicino è una luce che non si spegnerà mai».

Autore: Marcello la Forgia
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