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Mafia e storia di Falcone e Borsellino nel libro di Giuseppe Ayala Il giudice del pool antimafia di Palermo ospite della libreria “Il Ghigno” di Molfetta intervistato dal giornalista Felice de Sanctis e dal magistrato Francesco Messina
23 marzo 2009

MOLFETTA - “Chi ha paura muore ogni giorno”, questo il titolo dell'ultimo libro del magistrato, Pubblico Ministero nel maxi-processo contro Cosa Nostra, già senatore e sottosegretario al Ministero di Grazia e Giustizia per tre legislature Giuseppe Maria Ayala (da sinistra nella foto: la prof. Isa de Marco, Felice de Sanctis, Giuseppe Ayala e Francesco Messina). Il libro, presentato ieri sera alla libreria Il Ghigno, non parla solo di mafia, della sua struttura, della sua forza, del suo cambiamento, ma parla soprattutto di due persone che per combatterla hanno dato la vita: Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. «Io ho assolto al dovere della verità», ha detto il magistrato, stimolato dalle domande del Direttore di “Quindici”, Felice de Sanctis, giornalista della “Gazzetta del Mezzogiorno” e del magistrato Francesco Messina, «e ho dedicato il libro a chi dovevo. Volevo far conoscere queste due persone: due eroi, due simboli, ma la cui più grande forza era l'umanità. Molti giornalisti hanno definito il mio libro coraggioso. Non è un libro coraggioso, se lo fosse saremmo nei guai: raccontare la verità dovrebbe essere una cosa normale, non coraggiosa». Eppure il libro tratta una serie di tematiche a dir poco spinose di cui si parla apertamente ancora con reticenza, ma di cui siamo ormai tutti o quasi tutti al corrente: «La mafia è una parte organica del potere italiano sin dall'Unità d'Italia, è una lobby che fa pressioni sul potere politico per soddisfare i propri interessi, come potrebbero esserlo i sindacati, che fanno pressione per i diritti dei lavoratori, o la Chiesa cattolica. Il problema è che per il Parlamento la mafia esiste e va combattuta solo nel momento in cui ammazza, se sta buona, essa viene completamente ignorata. Il pool antimafia, di cui anch'io facevo parte, non è stato fermato dalla mafia, ma ben tre anni prima delle stragi che tolsero alla vita a Falcone e Borsellino, i magistrati erano stati messi in condizione di non nuocere». Dalle parole del magistrato non emerge un giudizio negativo solo sull'operato del Parlamento, considerato in modo trasversale, le critiche non risparmiano neanche il CSM, considerato una casta governata da clientelismi. Secondo lui la giustizia italiana funziona malissimo ma non è colpa dei magistrati, o per lo meno della stragrande maggior parte di loro, è colpa di una politica che non riforma la giustizia perché non vuole farlo: «In quindici anni, di cui sette governati dalla destra e sette dalla sinistra non si è fatto nulla, i magistrati sono da tutti tenuti a distanza e odiati e ogni accenno di riforma è vissuto come una lotta tra una casta e l'altra». Ma oltre a descrivere queste dinamiche a dir poco perverse che possono sembrarci lontane ma che in realtà governano la nostra vita, Ayala non viene meno al suo proposito, quello di far conoscere la personalità delle due persone simbolo della lotta alla mafia. E così il libro è pieno di episodi che raccontano la vita quotidiana di questi uomini, una vita vissuta continuamente sull'orlo del precipizio, ma dove prevaleva il ricorso continuo all'ironia per esorcizzare la paura. «Ridevamo spessissimo» ha detto il magistrato Ayala «pratica consueta era quella di fare il necrologio l'uno dell'altro. Una volta Falcone scrisse nel mio “sei finalmente riuscito a fare una cosa prima di me”». Il titolo del libro è emblematico “Chi ha paura muore ogni giorno”, beh, questo libro racconta la storia di due uomini morti una volta sola!
Autore: Ilia Micelli
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