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Linguaggi a confronto
15 novembre 2004

Affinità tematiche, pur nell'estrema varietà di linguaggi e soluzioni tecniche, costituiscono il fil rouge che può guidare il lettore nell'analisi delle opere d'arte in esposizione presso lo Spazio Comunale Aperto all'Arte in Via Piazza, nel quadro delle iniziative promosse per la campagna “Mai più violenza sulle donne”. In apertura le rose di Maria Addamiano, architettate sul filo di cromatismi che ci rimandano a certi luccichii dell'artista; il medesimo fiore è oggetto anche della sottile e lucidissima analisi di Marisa Carabellese (acuta e spiritosa animatrice della serata d'inaugurazione), in cui sembra rivivere la polizianea fantasia dell'alternanza di rose ancora in boccio ed altre nel pieno fulgore della fioritura. Se la prima rosa volge le corolle verso l'alto, quella conclusiva della serie, timida, non ancora vigorosa, sembra già quasi chinare il capo (presagio del rapido sfiorire?), come in certe melanconiche ballate del poeta di Montepulciano. Ancora un fiore appassito sembra la sola presenza non ossessivamente geometrizzante dell'interessante creazione di Felice Cappelluti, che fa da contraltare all'inquietante disegno (un vero e proprio gioiello) di Franco Poli, una 'Natura morta' popolata di presenze vizze, in via di disfacimento, dai contorni non ben ravvisabili. Solitudine e abbandono traspaiono dal bellissimo “Senza titolo” di Massimiliano Palazzo; stavolta è la figura umana a reclinare il capo e il suo giallore sembra alludere a un corrosivo male (suppongo di natura spirituale), in un netto contrasto, per il bianco luminoso della camicia, con l'oscurità dello sfondo. Inquietanti le maschere di 'Theatrum' di Ignazio Mastropierro, che talora sembrano cedere il posto a volti dagli occhi privi di pupille tesi e urlanti a contemplare il vuoto: uomini, donne, forse anche bambini, dalle capigliature a volte pressoché gorgonee... Oggetto di ricerche e analisi diviene anche la percezione sensoriale: dall'ermetica e raffinata orgia di rosso di Anna Teresa Solimini alla vita che pare non alimentarsi che artificiosamente e 'nascere all'affanno' nello stimolante lavoro di Ennio Bufi. Incantevole e trasognata, forte dell'esperienza accumulata nel settore dell'illustrazione per l'infanzia, la variazione sul tema dell'amore di Vittoria Facchini. E tra abiti a stellucce, scorci da cartolina a contemplare il mare, il motivo del cuore, caro alla pittrice, riemerge con tutta la prepotenza del leit-motiv. Ancora un paesaggio solitario per Michele Paloscia, in cui il tema del bivio, proprio già della leggenda classica di Ercole, è trasposto on the road con luminosità sul fondo che sembrano ricondurre al τόπος del 'paesaggio dorato'. Poi un'altra luminosissima estrinsecazione dell'anima di Carmela Candido e la sapiente fusione di pubblicità e femminilità classicheggiante opera del pittore delle 'icone patinate', il sofisticato Giulio Giancaspro... E ancora il simbolismo antico e futuribile di Nico Cicolella, la solitudine di Valente tra geometria e senso del vuoto, la delicata fusione di tecniche e linguaggi di Chiara Ferrareis, i paesaggi sgranati di Domenico Lasorsa. Anche nell'ambito della fotografia la mostra presenta note di forte interesse, in un percorso capace di dar voce a contrastanti spinte creative: dalla desolata Young solitudo di Gianmassimo Corona alla presenza umana solo adombrata (nelle orme, nella cabina spalancata) in una solitudine balneare dominata da Mr. Frog di Sergio Leonardi, dalla finezza nel ritrarre la natura di Francesco Mezzina (apprezzato collaboratore di “Quindici” e autore di tante nostre copertine) all'ingegnosa decostruzione della Città Eterna e dei suoi simboli nell'ecumenismo di Michele Amato, passando per l'acutezza tecnica di Bernardo Celati e il viaggio solo immaginato di Nicola Amato. Permane quasi ovunque, nelle opere esposte, un senso di malinconia, di struggimento: quasi del tutto assente l'uomo, se si eccettuano le maschere deformate espressionisticamente di Mastropierro, la figura neonata di Bufi, quella, titanicamente ripiegata in sé, di Palazzo e le, pressoché fiabesche, o parti da affiche, creature della Facchini e di Giancaspro. Conscio o inconscio rifiuto della violenza, in sempre più pericoloso crescendo, dell'uomo sulla natura, rigetto dell'imperante legge dell'homo homini lupus o pura casualità? Agli artisti e al pubblico le risposte... Gianni Antonio Palumbo gianni.palumbo@quindici-molfetta.it
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