MOLFETTA - Una vittoria per Molfetta, sotto il vessillo di Legambiente. «La sentenza del Tribunale superiore delle Acque Pubbliche, che ha rigettato il ricorso del Comune di Molfetta contro l’Autorità di Bacino per la perimetrazione PAI, ha una valenza storica», secondo Cosimo Roberto Sallustio, presidente del Circolo di Legambiente Molfetta (nella foto con il prof. Copertino e l'avv. Gadaleta): a Molfetta numerose sono state le dichiarazioni irriverenti da parte dell’amministrazione Azzollini in riferimento alle perimetrazioni dell’Autorità di Bacino. «La sentenza, invece, conferma l’inattendibilità e l’inaffidabilità di questa amministrazione - ha continuato Sallustio nel suo intervento durante la conferenza stampa alla sede di Legambiente - per questo motivo le associazioni e la cittadinanza devono attivarsi per garantire un futuro a Molfetta».
La sentenza del TSAP può così avviare un nuovo processo di rinascita del territorio, perché «sancisce alcuni punti fermi da cui partire per un diverso e più rispettoso approccio all’uso del territorio naturale»: «la sentenza definisce errato l’atteggiamento di voler sempre attenuare il rischio idrogeologico e scrive la fine al saccheggio della città, dell’agro e della costa - ha spiegato Sallustio - ma allo stesso tempo impone una riflessione sulla valorizzazione del territorio per uno sviluppo sostenibile duraturo e non effimero, soprattutto in riferimento alla zona industriale e artigianale».
Perciò, è anche opportuno avviare uno studio di fattibilità sull’insediamento di nuove industrie, opifici e centri commerciali per capire se la loro realizzazione sia davvero necessaria per Molfetta, di fronte al fallimento economico-commerciali degli ultimi anni: insomma, «passare da una visione di sviluppo a spese del territorio ad un territorio che genera sviluppo ed economia, se dagli investimenti sulle attività culturali e ambientali si può creare occupazione, puntando sulla tutela e la valorizzazione del patrimonio paesaggistico locale».
La zona industriale e le lame. Dopo una breve cronistoria sulla vicenda, in cui Legambiente è entrata a pieno titolo per difendere le ragioni dell’AdB, Vito Copertino, docente di Ingegneria Idraulica all’Università della Basilicata e consulente volontario di Legambiente, ha spiegato alcuni aspetti tecnici del Piano di Assetto Idrogeologico, pubblicato nell’aprile del 2009 dopo le prime edizioni del 2005 e del 2006.
Importante la riflessione di Copertino sulla zona industriale, «progettata e realizzata in assenza di un piano di bacino»: «il primo piano di bacino è del 2005, mentre la zona industriale, realizzata molti decenni prima, ha disconosciuto l’esistenza delle lame - ha chiarito Copertino - infatti, la legge che ha introdotto nell’ordinamento italiano lo strumento del piano di bacino è la numero 183 del 1989».
Il Consorzio ASI, pur in assenza di un PAI, avrebbe dovuto manifestare maggiore sensibilità ambientale e paesaggistica, come invece ha dimostrato il Comune di Molfetta nella redazione del Prgc del 2001, la cui pianificazione urbanistica considerare l’esistenza delle lame. Pur in modo limitato. Anzi, quelle stesse lame sono state utilizzate come discariche e deposito di materiale edilizie di risultata, obliterandone l’asta principale.
Un giudizio molto teso. Non sono mancati accenti polemici molto forti: le aspettative dell’amministrazione erano molto alte. Il risultato non era affatto scontato per l’influenza politica del sindaco senatore Antonio Azzollini, sicuramente preso in contropiede dal rigetto del ricorso da parte del TSAP.
«Un percorso lungo e articolato», il commento dell’avv. Rosalba Gadaleta di Legambiente, che ha seguito l’iter legale. Si è passati dall’intenzione del Comune di cancellare la perimetrazione del 2009 a un tentativo di composizione tra le parti, perché i consulenti comunali hanno subito compreso l’insostenibilità delle posizioni del Comune, ridimensionandole anche dal punto di vista tecnico.
«Si è tentato di accordarsi su una perimetrazione che alleggerisse il rischio idrogeologico per liberare più aree possibili e riprendere l’attività edilizia residenziale e industriale - ha precisato l’avv. Gadaleta - ma la fermezza dell’AdB è stata premiata anche dal Consulente Tecnico di Ufficio, il prof. Giusti dell’Università Federico II di Napoli, perché la perimetrazione non era il frutto di un atteggiamento pretestuoso verso il Comune, ma il risultato di scelte tecniche molto precise».
Adesso l’amministrazione Azzollini e gli uffici tecnici comunali non avranno più giustificazioni: il rischio idrogeologico a Molfetta non rappresenta un vincolo negativo, bensì un patrimonio da valorizzare con una sana consapevolezza e una opportuna pianificazione. Perciò, è necessario, anzi obbligatorio, rivedere ogni tipo di progetto urbanistico-edilizio-insediativo in base alla perimetrazione dell’Autorità di Bacino: dal Putt/p (la Regione ha accolto le osservazioni di Legambiente) al Pip3, dal Pirp ai comparti dall’1 al 12, dal Progetto lavori di primo imboschimento in Lama Cupa al Prgc.
Per questo, Legambiente chiede una moratoria e il blocco delle attività insediative, perché «oggi l’amministrazione deve rivedere tutti gli strumenti programmazione urbanistica». È ora che i cittadini di Molfetta mostrino la loro indignazione nei confronti degli amministratori, secondo Sallustio, perché «hanno provato di tutto per affermare i propri obiettivi particolaristici, che nulla hanno però a che fare con la tutela dell’ambiente e del paesaggio comunale».
Sul prossimo numero di Quindici, in edicola il 15 marzo, un ampio primo piano sulla sentenza del TSAP.
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