Le strane voglie dei nullafacenti del web
È un vizio tipico degli italiani quello di commentare tutto e di esprimere opinioni su progetti, leggi, azioni amministrative, anche senza competenza e soprattutto senza riflettere sulla realtà. Avviene dalla nazionale di calcio in su (o in giù). A questo ci ha abituato il berlusconismo deteriore degli ultimi 20 anni che trasforma ogni problema (anche serio) in una cagnara di piazza reale o virtuale (facebook e dintorni). E così sta accadendo anche per la vicenda del porto: oltre ai soliti colpevolisti e innocentisti, ci sono gli opinionisti allo sbaraglio che ti creano subito una pagina facebook e raccolgono adesioni, anche di sprovveduti che non si accorgono della trappola. E sì perché in molti casi di trappole si tratta: basta mettere il nome Molfetta e tra i pensanti, gli amanti, quelli con, quelli senza, quelli che siamo e così via si arruolano adepti alle cause del nulla dei nullafacenti sul web. In questo bailamme della rete e dei social network che come dice un saggio del livello di Bauman, uno dei più grandi filosofi e pensatori viventi, cambiano la nostra vita e le nostre relazioni rendendoci più fragili e lontani dai problemi reali dai quali fuggiamo, non potevano mancare i sostenitori del nuovo porto a tutti i costi (è il caso di dirlo!). Nasce così l’ultima campagna ispirata dai soliti noti per confondere le idee alla gente e carpirne la buona fede, a difesa in qualche caso anche dell’indifendibile. Si chiamo semplicemente e confusamente “io lo voglio”. Che cosa? Non si capisce dal titolo, ma l’immagine di copertina lo mostra fa capire di cosa si parla: il nuovo porto di Molfetta. A questi poi si aggiungono altri fan come “Molfetta discute”, “L’indipendente” (da che? da se stessi?) e qualche altro “opinionista” alla deriva. Non è un caso che questa voglia nasca all’indomani dello scandalo che ha portato al sequestro del porto, all’arresto di due persone, mentre altre 60 sono indagate compreso il deus ex machina di questo progetto oggi sotto accusa della magistratura: l’ex sindaco sen. Antonio Azzollini. Ci chiediamo, come si fa a volere qualcosa di cui non si capisce ancora la natura e soprattutto i contorni, dopo un pasticcio megagalattico messo su dal senatore azzurro e sul quale hanno puntato i riflettori i giudici. Cosa è più conveniente: portare a termine l’opera? E i costi? E soprattutto chi paga? Lasciarla incompiuta come monumento allo spreco di denaro pubblico che secondo i giudici era anche distratto per spese correnti del Comune, copertura di buchi di bilancio e perfino pranzi e cene nei ristoranti, nell’acquisto dei famosi chioschi di frutta e verdura? Quante risorse saranno necessarie? Dove reperirle? E se, una volta terminato il porto, non ci fossero traffici sufficienti a renderlo economicamente attivo? Dove trovare il denaro per completare lo sminamento del bacino portuale? Sono interrogativi da far tremare i polsi a chiunque sia provvisto di buonsenso, al contrario di personaggi che si sono buttati in questo progetto con molta improvvisazione, inseguendo sogni non supportati da analisi economiche, ma da generiche dediche al “futuro dei nostri figli”: li vogliamo tutti imbecilli, evidentemente.