Quello che si sta per concludere è un altro anno difficile per Molfetta, non solo per la crisi economica che si è aggravata e sta toccando punte drammatiche, ma anche per la crisi amministrativa, che ha portato ad un ulteriore degrado della nostra città. Non si tratta di una crisi politica, avendo il centrodestra ancora la maggioranza nel consiglio comunale, ma di una crisi che potremmo definire “gestionale” dovuta soprattutto al ruolo dominante del sindaco-senatore Antonio Azzollini. Certamente il suo doppio ruolo (o meglio triplo, se si considera anche il suo incarico di presidente della commissione Bilancio del Senato) non sappiamo quanto abbia giovato alla sua attività parlamentare, sicuramente non ha giovato a quella amministrativa. Fare il sindaco del week- end, al di là di qualche battuta o della pretesa di essere onnipresente, non può portare a risultati positivi, soprattutto quando gli assessori sono privi di delega, e devono aspettare il sabato quando il senatore torna da Roma, per sapere cosa fare e cosa firmare. Insomma, una città quasi paralizzata, commissariata dal feudatario berlusconiano Azzollini, che non fidandosi nemmeno dei suoi valvassori e valvassini, vuole controllare tutto e avere il diritto di veto su ogni provvedimento. Chi prova a contestare le decisioni del padrone, è fuori. E così come avviene a Roma dove Azzollini e i suoi colleghi votano in modo servile avvallando i desideri del padrone di Arcore, perfino ammettendo che Ruby fosse la nipote di Mubarak, così a Molfetta i servi del consiglio comunale votano le “meraviglie” del porto, la farsa locale dell’amaro tramonto del berlusconismo, che continua, però, ad ingannare i cittadini. Ci aspettavamo, dopo la sentenza sull’incompatibilità del doppio incarico, un gesto di responsabilità da parte del sindaco, che avrebbe colto quest’occasione per dimettersi, consapevole dell’impossibilità di continuare a governare una città dai mille problemi. Ma ha prevalso l’attaccamento alle poltrone, al punto da cercare risibili giustificazioni giuridiche alla sua arroganza e sete di potere. Quindici con le sue inchieste ha ampiamente dimostrato che la storia della draga e dei lavori al porto è tutto un bluff e continuerà ad esserlo per gli utili idioti per i quali è stato confezionato il manifesto “dedicato ai nostri figli”. Occorre un’improntitudine unica per affermare queste cose, offendendo l’intelligenza dei cittadini, che certamente non aspirano per i propri ragazzi ad un futuro da scaricatori di porto. Ma il sindaco tace, non si confronta con la città (anche perché non ne avrebbe il tempo) e fugge davanti alle responsabilità e alle domande dei giornalisti, perché non saprebbe cosa rispondere. Preferisce, perciò, utilizzare gli strumenti della propaganda, inviando comunicati trionfalistici ai giornali amici, contando sul servilismo che a Molfetta largheggia. Noi di “Quindici” che di domande ne abbiamo poste parecchie, non abbiamo mai ricevuto risposte, perché non si possono smentire i fatti che noi abbiamo documentato. E qual è il volto della città ora che questo 2011 ci lascia? Un degrado diffuso, una qualità della vita pessima, la sicurezza a rischio con rapine, incendi di auto, furti, situazione sulla quale solo noi da tempo lanciamo l’allarme. Poi ci sono la disoccupazione crescente, l’illegalità diffusa, gli scandali edilizi con relativi arresti, la sporcizia, il caos del traffico e strade ridotte a groviere, la tolleranza totale che finisce per favorire il libertinaggio di chi apre esercizi commerciali nel punto che più gli aggrada e dalla sera alla mattina si mette a vendere frutta e il sindaco, invece di sanzionarli, regala loro dei box da 70mila euro a spese dei cittadini. E mentre il commercio cittadino soffre per la presenza degli ipermercati Fashion District Outlet e Mongolfiera, che tolgono risorse al territorio per trasferirle nelle più ricche regioni del Nord, la disoccupazione giovanile cresce, in attesa dei… promessi posti da portuale. E’ vero, la crisi economica è internazionale, ma questo non deve essere un comodo alibi per i nostri governanti per nascondere le proprie responsabilità, dalla mancata gestione dell’euro ai favoritismo fiscali, che hanno affossato il nostro Paese. Dovevamo arrivare a toccare quasi il fondo per costringere Berlusconi a lasciare il potere, e dovremo arrivare a veder precipitare completamente la situazione locale, per liberarci di Azzollini? Ci dispiace ripeterci, ma la situazione di questa assenza della politica e della gestione amministrativa non cambia e resta sotto gli occhi di tutti, nè può essere mascherata dai comunicati e dai manifesti del sindaco. La pagliacciata romana è finita e oggi ci ritroviamo con un disastro finanziario. Finirà anche quella di Molfetta e ci ritroveremo nelle stesse condizioni con le macerie, ad interrogarci sui 10 anni perduti, con un paese da ricostruire, magari con i sacrifici dei soliti noti, perché i furbi la faranno franca. Ma, attenzione, la gente poi si stanca, non si può abusare troppo della sua pazienza. Purtroppo a favorire questa situazione contribuisce anche la debolezza dell’opposizione di centrosinistra, che non riesce ancora a proporre un’alternativa valida e offre uno spettacolo deludente di divisioni, che hanno come protagoniste le frange estreme, composte dai soliti 4 gatti, non in grado di governare, ma sicuramente capaci di fare danni, come accaduto a Molfetta dove hanno provocato la caduta del governo di Guglielmo Minervini e a Roma dove hanno causato quella del presidente Prodi. Rifondazione comunista sceglie, come sempre, alleanze sbagliate con personaggi improponibili e nefasti che già in passato non sono stati capaci di costruire nulla, ma solo di demolire, favorendo l’ascesa del centrodestra di Azzollini e con soggetti che, dopo aver girato tutti i partiti, si ritrovano oggi ad impugnare il simbolo di Di Pietro, che ha Molfetta ha scelto sempre le persone sbagliate o oggi sponsorizza solo chi ha dietro di sé solo “quattro amici al bar”. Non è uno scenario idilliaco quello che si chiude, ma speriamo che il 2012 ci aiuti a lasciarlo alle spalle, che vengano superate le divisioni, isolati gli estremisti e le loro battaglie personalistiche, e alla fine si rivelano veri e propri menagramo. Occorre ritrovare la speranza di un’armonia a sinistra, col superamento di vetusti steccati ideologici, ricordando la lezione di un uomo che proprio in questi giorni ci ha lasciato, Sandrino Fiore il quale, in nome degli interessi dei lavoratori e non di quelli di una casta elitaria di stalinisti, seppe trovare il coraggio, in tempi difficili, di dialogare anche con gli avversari per favorire la crescita dell’intera comunità. Ma uomini così non ne nascono più e bisogna accontentarsi di quello che offre il mercato. Un’insieme di debolezze, però, se si aggrega può diventare una forza. Ed è questo l’augurio che facciamo alla vigilia del nuovo anno, un auspicio di speranza per un mondo migliore con l’impegno di tutti a costruire una città diversa. Molfetta, memore del suo dignitoso passato, sicuramente lo merita. Auguri a tutti
Autore: Felice de Sanctis