Nella documentazione custodita nell’Archivio Centrale dello Stato (1), si rinviene - col titolo “Le libertà e la dittatura. La critica dello Stato totalitario russo dello scrittore antifascista Gaetano Salvemini. Il giorno in cui le libertà sono perdute non vengono riconquistate facilmente” – il discorso in francese del nostro concittadino, pubblicato il 17 luglio 1935 dal quotidiano parigino “L’Ordre” (2), pronunciato in occasione del “Congrès International des Ecrivains pour la Défense de la Culture”, tenutosi a Parigi dal 21 al 25 giugno 1935, sul tema La difesa della cultura. Nell’introduzione, il predetto giornale rappresenta che “tale Congresso era dominato da alcuni elementi di tendenza sovietica. Cionondimeno, un certo numero di scrittori che sono intervenuti durante i dibattiti hanno difeso con un certo calore il liberalismo.Tra di loro, Gaetano Salvemini, scrittore italiano antifascista. Il suo discorso, che meriterebbe di essere discusso, è di una attualità impressionante. Esso si rivolge non solo contro una dittatura ma contro tutte le dittature. Noi lo proponiamo al libero giudizio dei lettori di questo giornale”. Di seguito, la traduzione della prof.ssa Isabellangela de Marco: «È stata molto criticata durante questo Congresso la società borghese. Io condivido queste critiche. Tuttavia non posso fare a meno di osservare che ci sono due specie di società borghesi e non si dovrebbe confonderle a cuor leggero. C’era, tempo fa, una società borghese tedesca che consentiva a Heinrich Mann (1871- 1950, scrittore e oppositore del nazionalsocialismo, ndr) di vivere nel suo paese. E c’è ora una società borghese tedesca che obbliga Heinrich Mann a vivere in un’altra società borghese, quella francese. M. Forster (1879-1970, romanziere britannico, ndr) ha descritto le debolezze della libertà britannica. Ma la società borghese britannica gli permetterà di tornare domani a casa e non lo getterà in un carcere segreto, mentre un’altra società borghese, quella italiana, condannerebbe M. Forster a 24 anni di prigione per lo straordinario discorso con cui egli ha aperto le nostre riunioni. Insomma ci sono delle società borghesi che presentano dei buchi attraverso i quali un soffio di libertà può passare e dove è possibile, per esempio, tenere questo Congresso, e ci sono altre società borghesi in cui tutti i buchi sono chiusi e dove una sola cultura può afferufficiale. Senza dubbio, nelle società borghesi alla francese, all’inglese, all’americana la vita degli scrittori che non vogliono venir meno ai propri principi non è sempre facile. Tuttavia molti di loro riescono a vivere. Alcuni addirittura arrivano a trionfare. Ci sono alcuni che muoiono di fame. Ma, almeno, possono morire mantenendo intatta la loro ricchezza: la dignità del loro pensiero. Nessuno viene a strapparli dal loro angolino e costringerli a proclamare pubblicamente la loro adesione positiva alla menzogna ufficiale. Parecchi oratori, durante questa conferenza, hanno dimenticato questa distinzione. Consentitemi di affermare che c’è qui un errore intellettuale che può favorire conseguenze pratiche funeste. Se date il nome di fascismo a tutte le società borghesi; se vi limitate al fatto che il fascismo è la società borghese ma con qualche cosa in più, che è la società borghese che ha soppresso perfino la possibilità di una cultura libera; se applicate lo stesso trattamento a due diverse forme di società: voi rischiate di lasciar distruggere (demolire) senza resistenza in tali società borghesi non fasciste quei frammenti di libertà intellettuale che non sono sufficienti ma che, tuttavia, hanno un grande valore. Non apprezziamo l’aria e la luce finché le abbiamo. Per comprenderne il valore bisogna averle perdute. Ma il giorno in cui le liberà sono perdute non vengono riconquistate facilmente. Di fronte alle società borghesi di tipo fascista, noi Italiani, noi Tedeschi dobbiamo prendere una posizione di negazione totale. Nelle società borghesi non fasciste, il nichilismo radicale è una cosa pericolosa. C’è ancora un punto sul quale vi chiedo il permesso di esprimere tutto il mio pensiero. Dopo aver ascoltato il discorso di André Gide (1869.1951, premio Nobel per la letteratura, ndr), gli chiedo umilmente di ammettermi nella sua società individualista- comunista che garantisce la libertà intellettuale a tutti i suoi figli e non soltanto ad alcuni. Se egli mi accoglie, prometto di non chiedergli mai alcun posto: tanto meno quello di commissario del popolo o ambasciatore. Ma io mi domando se la società sovietica quale si presenta oggi è veramente quella società individualista-comunista nella quale mi auguro di essere ammesso non come funzionario ma come cittadino. Posso ammettere che la Russia sovietica non abbia ancora consolidato il regime della rivoluzione comunista, che essa sia ancora in uno stato di lotta e, quando si lotta, se non si vuole essere abbattuti dal nemico, bisogna abbatterlo e non si deve pensare ad altro che alla vittoria. Io sono troppo vecchio per vedere in Italia l’alba della nuova giornata. Ma se mi trovassi in Italia impegnato in una rivoluzione antifascista, non lascerei ai fascisti alcuno spazio di libertà prima che essi siano completamente vinti. La guerra è la guerra e non la pace. Ma si fa la guerra con il desiderio di pervenire alla pace non appena la vittoria sia assicurata. E quando la vittoria è stata consolidata, il nemico vinto ha il diritto di vivere, pensare, esprimersi. Colui che, dopo la vittoria della libertà, nega la libertà ai vinti, dimostra che non ha fede nelle sue stesse idee o che non ha alcuna fiducia nelle capacità intellettuali o nella forza morale dei compagni di lotta e di vittoria. Ecco perché, lottando contro i fascisti del mio paese e rifiutando essi anche ogni forma di libertà, finché la lotta duri e la vittoria non sia assicurata, io non chiederò altro che giungere il più presto possibile al momento in cui si potrà accordare loro la pace. Ciascun intellettuale dovrebbe prendere come motto le parole di Volconvinto che il vostro libro sia pieno di sciocchezze, ma darei fino all’ultima goccia del mio sangue per assicurarvi il diritto di pubblicare le vostre sciocchezze’’. Ammetto che è un programma ideale molto difficile da mettere in pratica. Però è l’ideale che un intellettuale deve sempre avere davanti a sé, e bisogna avere l’onestà di riconoscere che, fintanto che non sia messo in pratica, la soluzione del problema non sarà stata ancora trovata. Oppure, quando intendo affermare che la libertà di creare ed esprimersi esiste già in Russia e che si passano sotto silenzio tutti i fatti che possano indebolire questa affermazione, devo concludere che il regime sovietico attuale non è considerato come uno strumento provvisorio di una lotta necessaria, anche se dolorosa, ma che esso è considerato già il regime ideale che i paesi borghesi, fascisti e non fascisti, dovrebbero adottare. Di fronte a tale atteggiamento, consentitemi di proclamare con una voce ben più possente le parole di Léon Tolstoi: “Non posso tacere”. Non mi sentirei in diritto di protestare contro la Gestapo (polizia segreta nazista, ndr) e contro l’Ovra (polizia politica di repressione dell’antifascismo, ndr) fascista se mi sforzassi di dimenticare che esiste una polizia politica sovietica. In Germania ci sono campi di concentramento, in Italia isole penitenziarie (colonie penali, ndr) e nella Russia sovietica c’è la Siberia. Ci sono proscritti tedeschi e italiani e ci sono proscritti russi. Siamo tutti d’accordo che la libertà è il diritto di essere eretici, non conformisti nei confronti della cultura ufficiale e che la cultura, proprio perché creazione, sconvolge la tradizione ufficiale. Tuttavia vorrei aggiungere che la cultura, creazione di oggi, sarà la tradizione ufficiale di domani. Il marxismo, che è la creazione anti-ufficiale nelle società borghesi, è divenuto tradizione ufficiale nella società sovietica. La libertà di creazione è compressa nelle società borghesi di tipo non fascista. Essa è stata totalmente soppressa nelle società borghesi di tipo fascista. E’ del pari soppressa nella Russia sovietica. La “Storia della rivoluzione russa” di Trotsky (1879-1940, politico e ideologo rivoluzionario russo, ndr) non può essere letta in Russia. È in Russia che Victor Serge (1890-1947, scrittore rivoluzionario, ndr) è prigioniero. Il fascismo è il nemico non solo in quanto capitalista ma in quanto totalitario. Dopo secoli di zarismo, si può comprendere la necessità dello stato totalitario russo oggi, a condizione che si auspichi la sua evoluzione verso forme più libere, ma bisogna dirlo e non si può elogiarlo come l’ideale della libertà umana. L’intellettuale deve lottare contro qualsiasi ingiustizia sociale a fianco delle classi sfruttate, che lottano per conquistare l’uguaglianza economica, ma non deve riconoscere ad alcuna dottrina il monopolio legale della verità. Mi spiace di aver “scioccato” (sconvolto, ndr) molte convinzioni. Forse bisogna aver vissuto l’esperienza di uno Stato totalitario, non tra i dominatori, ma tra coloro che sono stati schiacciati, bisogna conoscere il degrado morale a cui lo Stato totalitario riduce non solo le classi intellettuali ma anche le classi operaie, per rendersi conto dell’odio e del disprezzo che ogni Stato totalitario, ogni dittatura suscitano nel mio spirito. Auguro a voi, amici dei Paesi ancora relativamente liberi, di non patire mai siffatta esperienza».
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AcS, Casellario Politico Centrale, busta 4551. Pubblicato in italiano su “Giustizia e Libertà”, II, n. 26 - Parigi, 28 giugno 1935.