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Le cinquecentine della Biblioteca nazionale di Bari Recensione
15 marzo 2001

La complessità e la vivacità culturale della lunga stagione rinascimentale si riflettono interamente nei prodotti affidati alle inaspettate potenzialità divulgative di un canale di trasmissione privilegiato quale fu la stampa, l'invenzione più strabiliante del secolo precedente. Non c'è da meravigliarsi quindi se nel corso del Cinquecento, dopo le inevitabili difficoltà iniziali, l'affermazione del nuovo mezzo di comunicazione fece registrare un graduale e inarrestabile successo, via via adattandosi alle esigenze di una società in frenetico movimento e in continuo mutamento, percorsa da incredibili annunci - la circumnavigazione dell'Africa e la conquista del Nuovo Mondo -, prima che all'incirca alla metà del secolo il ricostituito ordine feudale e il rinnovato primato ecclesiastico riorganizzassero su altri e più rigidi schemi il vivere civile. Fedele specchio di questo poliedrico e affascinante vissuto è la sezione delle cinquecentine, ricco di oltre 1700 esemplari, della Biblioteca nazionale "Sagarriga Visconti Volpi" di Bari, di cui la dottoressa Lidia Poli ha allestito il pregevole catalogo, stampato nello scorso mese di dicembre per i tipi della casa editrice Laterza, col patrocinio del ministero per i Beni e le attività culturali. All'accurato lavoro preliminare di ricostruzione delle varie fasi che hanno visto la costituzione del fondo, di cui si dà conto nella Prefazione, segue la puntuale e attenta catalogazione dei singoli testi, esemplarmente condotta dalla dottoressa Poli. Ma la passione e la competenza della curatrice, che hanno guidato l'intera operazione editoriale, traspaiono più nette lì dove, superando gli schemi usuali del lavoro di catalogazione, la dottoressa Poli ha voluto corredare le schede di una serie di dati complementari, registrando oltre i luoghi di provenienza e gli antichi possessori delle cinquecentine, i nomi degli autori delle lettere prefatorie e quelli dei committenti e dei dedicatari. Sono indicazioni assai preziose per lo storico della stampa come per lo studioso dei fenomeni socio-culturali, perché consentono di ricostituire quell'intrigante trama di rapporti che rese possibile la diffusione della esuberante sperimentazione letteraria cinquecentesca. Non meno utile si rivela, ai fini di un completo censimento delle opere, spesso pubblicate in volumi miscellanei, l'Indice degli autori secondari, compilato dalla Poli. Sono questi elementi, per nulla marginali, che rendono gradevolmente fruibile il cospicuo materiale informativo affidato al Catalogo anche dai non addetti ai lavori. La disomogenea provenienza delle edizioni del XVI secolo - "librerie conventuali di Bari e provincia", "raccolte di appassionati collezionisti come Raffaele Cotugno, Michele Squicciarini, Raffaele d'Addosio", "opere di recente acquisizione sul mercato antiquario" - non altera il quadro d'insieme che esse offrono, scoprendo lo spaccato storico, sociale e letterario di un intero secolo. Al di là dei testi di matrice giuridica, ecclesistica e civile, e delle opere attinenti le tematiche religiose, di contenuto filosofico e agiografico, spicca il corposo nucleo "laico" dei volgarizzamenti, che comprende non solo le traduzioni dei classici latini e greci con una decisa prevalenza, in sintonia con gli interessi dell'epoca, della storiografia seguita dalla corografia e dai moralia, ma anche delle opere di autori dell'età medievale e moderna, quali Biondo Flavio, Bodin, Montaigne, Giovanni Nanni, il Petrarca del De remediis utriusque fortunae e il Pontano storico del De bello Neapolitano. In controtendenza rispetto alla diffusione della scrittura volgare e a conferma della importanza del ciceronianismo nella cultura rinascimentale si pone la traduzione latina del Compendio di Pandolfo Collenuccio; singolare, ma assai significativa anche per la data di pubblicazione, il 1541, è la riduzione volgare, intitolata “La pazzia”, del notissimo e graffiante libello di Erasmo da Rotterdam, l'Encomium Moriae. Gli interessi storici degli antichi possessori dei volumi, prevalentemente orientati verso le regioni meridionali, sono ampiamente documentati dalle più autorevoli opere storiografiche sul Regno di Napoli: da Pontano, Albino, Beccadelli, Facio e Collenuccio a Costo, Di Costanzo e Vincenzo Massilla, autore dei commentari sulle consuetudini della città di Bari. La persistente centralità del sistema feudale nel Mezzogiorno, che privilegia un'economia di tipo rurale, spiega parallelamente al codificato canone de re rustica di Catone, Varrone e Columella e al lavoro esegetico di Giorgio Merula e di Filippo Beroaldo (p. 130 e 392), la presenza dei moderni manuali dell'Alamanni, del Crescenzi, del Vettori (p. 7, 180, 621), e se sollecita sul versante encomiastico la ricomposizione delle memorie familiari (Scipione Ammirato, p. 20) e il metaforico gioco della decodificazione delle imprese e dei motti (Alciati, p. 12, Capaccio, p. 118, Giovio, p. 271, Ruscelli, p. 506-7), induce, per la difesa del feudo, alla lettura dei trattati di arte militare del Cornazzano, del Della Valle, e di Polieno Macedonico (p. 159, 190, 471). La scrittura letteraria in volgare è anch'essa abbondantemente rappresentata: dai trecentisti - ma è assente Boccaccio, per il quale si rintraccia solo un volume di annotazioni censorie sul Decameron, stampato "con licenza e privilegio" a Firenze - ai più gettonati scrittori dell'Umanesimo e del Rinascimento (Castiglione, Bembo, Garzoni, Equicola, Giovio, Machiavelli, Ariosto, Tasso, etc.), passando per i "pugliesi" Nenna, Sforza e Sibilla (p. 409, 523-525, 525). E non mancano opere di cosmografia, geografia e corografia, indispensabili per aver piena coscienza dei nuovi territori oggetto di conquista e per conoscere più in dettaglio la storia e la collocazione geografica dei moderni centri urbani italiani e stranieri: dal testo fondamentale di Tolomeo, presente anche coi volgarizzamenti curati dal Ruscelli e dal Magini (p. 480-1) e corredato delle tavole sul Nuovo Mondo, all'affermato manuale del Sacrobosco (p. 510), fino alle più recenti indagini di Leandro Alberti, Ortelio, Piccolomini, Ramusio, Sansovino, Tarcagnota, Toscanella (p. 8, 419, 455-7, 488, 514-5, 552, 598), che si legano all'esperienza antiquaria di Biondo Flavio (p. 86), alle fantasiose ricerche sulle antichità greco-orientali di Giovanni Nanni viterbese (p. 403-4) e al monumentale lavoro del Goltzius (p. 276). Assenti invece i testi trasgressivi della cosiddetta letteratura anticlassicistica, quali le opere dell'Aretino, che difficilmente avrebbero potuto trovare legittima collocazione nelle biblioteche conventuali o tra i lasciti degli occhiuti bibliofili che hanno dato vita a questa prestigiosa sezione della Biblioteca nazionale di Bari. Domenico Defilippis
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